L’autunno dei diritti del lavoro

 

Dopo l'approvazione definitiva in Consiglio dei Ministri, il 31 luglio scorso, si è concluso l'iter per l'emanazione dello schema di decreto attuativo della legge 30/03.

Si realizza così quel self-service della precarietà che punta a rendere il lavoratore sempre più solo e debole nel mercato del lavoro. Ma soprattutto si dà sostanza a quell'operazione - prima di tutto sociale - delineata nel Libro Bianco di Maroni che trova conferma non solo nella riduzione delle tutele per trovare e per vivere serenamente il lavoro, ma nella più ampia strategia di attacco alla dimensione dei diritti e della cittadinanza.

Vi sono una sistematicità e una coerenza di fondo che legano il decreto attuativo della legge 30, la Bossi-Fini, la riforma Moratti, la proposta di riforma fiscale e previdenziale, l'attacco al welfare nazionale e locale. È l'egoismo sociale, è un'idea di competizione povera e al contempo selvaggia, è il principio del superamento di ogni corpo democratico intermedio.

Ma vediamo di inquadrare le norme prodotte dal Governo all'interno della sua più generale strategia economica e sociale.

Al di là delle forme e dei comportamenti tenuti dal Governo nel gestire questo specifico provvedimento - irrispettosi dei sindacati e delle organizzazioni datoriali (lo schema di decreto fu portato direttamente al Consiglio dei Ministri, senza che le organizzazioni sociali avessero potuto anche solo leggerlo e, in seguito, a tutto si è assistito tranne che a un vero e proprio confronto tra le parti e il Ministero) - le norme contenute nel provvedimento puntano a una totale frantumazione del mercato del lavoro, ad una disarticolazione delle forme della rappresentanza, alla individualizzazione del rapporto di lavoro, allo snaturamento, attraverso gli enti bilaterali, della stessa funzione del sindacato inteso come organizzazione libera e portatrice di interessi specifici.

La conclusione dell'iter formale della cosiddetta "riforma del lavoro", per i suoi contenuti in larga parte inaccettabili e immotivati, e per la strumentalità politica e ideologica con cui è stata agita (fino a titolarla con il nome del professor Marco Biagi, manifestazione di un cinismo eticamente ripugnante) ci consegna innanzitutto un compito impegnativo sul piano dell'azione sindacale.

La Cgil ha già indetto e svolgerà a settembre due ore di sciopero in tutti i luoghi di lavoro per discutere con i lavoratori, renderli consapevoli delle conseguenze e predisporre la azioni di contrasto utili e necessarie da mettere in campo a livello generale e attraverso l'iniziativa contrattuale articolata.

Per quanto ci riguarda ci dedicheremo a ciò con il massimo impegno e convinti che si possa costruire, partendo dalle condizioni reali delle persone, un ampio fronte di opposizione a questa insensata liberalizzazione.

Ma questo non basta: è necessario riproporre con vigore al mondo del lavoro, ai giovani, a tutta la società italiana, la grande tematica dei diritti delle persone, nel lavoro e nella cittadinanza.

Le straordinarie mobilitazioni realizzate negli ultimi due anni testimoniano di come, intorno a questo tema, sia possibile aggregare e riportare all'impegno civile tante diverse soggettività; oggi ancora di più di fronte ad una legge che esaspera precarietà e individualismo, emerge l'esigenza di una strategia che estenda le tutele, dentro e fuori il lavoro, a chi subisce oggi vecchie e nuove privazioni (materiali, ma anche culturali e relazionali). La Cgil, in questa prospettiva, dovrà rimettere in valore la sua ricca elaborazione propositiva sulle politiche per il lavoro (le proposte legislative su cui abbiamo raccolto oltre 5 milioni di firme) e per un welfare universalistico moderno ed efficace; ma anche la sinistra politica, e i Ds innanzitutto, sono chiamati in causa. Il tempo è ora, l'autunno che ci attende deve essere segnato da una forte ripresa del movimento per i diritti nel lavoro e nella cittadinanza; un movimento che coinvolga di, nuovo tutta la società italiana, nelle sue forme e nei suoi contenuti. A questo devono predisporsi le forze politiche di sinistra, ad imprimere, una forte accelerazione alla loro elaborazione programmatica per saper comunicare una strategia di governo credibile che sappia interloquire positivamente con le nuove insicurezze, con quel senso di solitudine e di esclusione che l'agire di questo governo diffonde sempre più. 

 

Giuseppe Casadio

(pubblicato su l’Unità del 27 agosto 2003, p. 28)

 

 

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