Danno da demansionamento e onere probatorio

 

Cass. Sez. lav. — 27 giugno 2005, n. 13719 — Pres. Senese — Est. Roselli — P.M. Abbritti (concl. conf.) — Ca. Ca. Re. Ma. S.p.A. c. Am. ed altri.

 

Categorie e qualifiche - Danno da dequalificazione - Onere probatorio a carico del lavoratore - Nuove mansioni non richiedenti alcuna conoscenza tecnica, indispensabile in quelle precedenti, e implicanti il mantenimento della retribuzione o dei benefici di carriera - Valutazione del giudice di merito ex art. 115, comma 2, c.p.c. - Ammissibilità.

 

Il danno da violazione dell’art. 2013 c.c. consistente nella perdita o nel mancato incremento delle conoscenze e della consuetudine professionale è certamente ravvisabile secondo il principio dell’onere della prova sancito dall’art. 2697 c.c., non derivando necessariamente ed automaticamente dall’illecito atto di assegnazione a mansioni inferiori. Il giudice di merito può, però, ritenerlo sulla base di nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza (art. 115, secondo comma, c.p.c.) quando (come nella specie) constati che le nuove mansioni non richiedono alcuna conoscenza tecnica, indispensabile per contro in quelle precedenti. Né il danno può essere escluso dal mantenimento della retribuzione o dei benefici di carriera, giacché la perdita di professionalità può pregiudicare il conseguimento di un nuovo posto di lavoro in caso di necessità, atteso che la più rapida mobilità del lavoro richiede che capacità e conoscenze professionali del lavoratore non vengano diminuite, anche in vista del reperimento di una nuova occupazione, nell’eventualità di un licenziamento o comunque della cessazione del rapporto attuale.

 

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