Affermazione apodittica di superamento della tradizionale  nozione di equivalenza definita «rigida  ed un pò statica…»

 

 

Cass. civ., sez. lav., 8 luglio 2007, n. 15053.

 

Adibizione a mansioni diverse, nell’ambito del medesimo livello di inquadramento – Inesistenza di dequalificazione.

 

L’assegnazione a mansioni diverse, quando riconducibili allo stesso livello di inquadramento retributivo e di qualifica, non equivale ad adibizione a mansioni inferiori, stante la nozione di professionalità dinamica e potenziale derivante dalla interpretazione evolutiva dell'art. 2103 cod. civ. (Cass. Sezioni Unite 24 novembre 2006 n. 25033, Cass. Sez. lav. 8 marzo 2007 n. 5285), che comporta un allargamento della tradizionale, ed un pò statica, concezione della equivalenza.

 

Svolgimento del processo

 

Con ricorso depositato il 4 febbraio 2002 il sig. B.G. ha convenuto avanti al Tribunale di Torino la s.p.a. Ericsson Telecomunicazioni proponendo due domande:

1. accertare il proprio diritto all'inquadramento nella qualifica dirigenziale e condannare la Società a corrispondergli, a titolo di differenze retributive legate all'espletamento di mansioni superiori, la complessiva somma di L. 215.096.000 o superiore accertanda in corso di causa; 2. accertare l'intervenuto illegittimo demansionamento e condannare la Società al risarcimento dei danni nella misura di L. 168.206.000 o somma diversa risultata di giustizia.

Esponeva dettagliatamente le vicende mansionistiche sulle quali basava la domanda.

La Società convenuta, ritualmente costituita, contestava variamente le allegazioni avversarie.

Con sentenza 13 gennaio 2003 il Tribunale di Torino ha respinto la domanda, e tale decisione è stata confermata dalla Corte d' Appello di Torino, con sentenza 20 ottobre/14 novembre 2003 n. 1070.

La motivazione della sentenza d'appello si svolge attraverso questi passaggi:

a) si può ritenere provato che il B. abbia "sostituito" il dirigente C. per un periodo superiore a tre mesi (con ciò riformando la diversa valutazione del primo giudice);

b) tuttavia in detto periodo di transizione tra la dirigenza C. e la dirigenza V., tra il (omissis) e l'(omissis), il B. ha continuato a svolgere le mansioni caratteristiche della sua qualifica, che svolgeva precedentemente, ed, in più, ha svolto alcune delle mansioni in precedenza svolte dal C.; non ha tuttavia svolto con continuità e con pienezza di poteri mansioni dirigenziali tali da attribuirgli il diritto alla qualifica richiesta: l'appellante aveva comunque sempre un punto di riferimento superiore, pur in assenza del dirigente C., dovendo riferirsi non solo al dirigente A. (come già faceva il C.) per le questioni veramente importanti, ma dovendosi altresì rapportare, anche per le questioni di ordinaria amministrazione, al dipendente di sesto livello che era pertanto a lui sovraordinato (nella specie il R.). Tali conclusioni il giudice di appello ha raggiunto sulla base della prova testimoniale.

Per quanto riguarda la prova documentale, ha distinto: le lettere già prodotte in primo grado sottoscritte dal B. a partire dal dicembre 1991 non sono di contenuto e portata tale da indicare l'esplicitazione di poteri dirigenziali; mentre i documenti prodotti in grado di appello (segnatamente la lettera 22 novembre 1991 e la lettera 4 dicembre 1991) non possono essere presi in considerazione perché tardivamente prodotti, né il B. ha fornito prova alcuna della impossibilità di produrre tali documenti in tempo processualmente utile.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il B., con quattro motivi.

La società intimata si è costituita con controricorso, resistendo;

ha proposto ricorso incidentale condizionato; ha depositato memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c..

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 437, 434, 436, 414, 416 c.p.c., censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato inammissibili i documenti indicati nel ricorso introduttivo del grado di appello e prodotti contestualmente a questo.

Il motivo è infondato.

La sentenza impugnata ha interpretato l'art. 416 c.p.c., comma 3, nel senso che la decadenza ivi comminata per i mezzi di prova nel processo del lavoro e previdenziale, da proporsi con la comparsa di costituzione del convenuto, riguarda anche la prova documentale, e tale principio di diritto, dopo una elaborazione trentennale, è stato confermato dalle Sezioni Unite Civili di questa Corte con sentenza 20 aprile 2005 n. 8202.

Ne consegue la infondatezza del secondo motivo, con cui il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere omesso di motivare sul contenuto probatorio dei documenti di cui al primo motivo.

Con il terzo motivo, deducendo violazione dell'art. 112 c.p.c. ed error in precedendo, lamenta che il giudice d'appello abbia omesso di delibare la domanda, implicitamente contenuta in quella esplicitamente proposta di qualifica dirigenziale, di qualifica anche non dirigenziale, comunque superiore a quella attribuita dal datore di lavoro.

Il motivo è infondato.

E' ben vero che la domanda del lavoratore intesa ad ottenere una maggiore qualifica in relazione alle mansioni esplicate include implicitamente la richiesta ulteriore e graduata di una qualifica diversa e inferiore rispetto a quella pretesa, ma pur sempre superiore a quella riconosciuta dal datore di lavoro, e che pertanto il giudice può, in accoglimento parziale della domanda del lavoratore, inquadrare le mansioni da questo svolte nella qualifica di spettanza, anche se inferiore a quella rivendicata (Cass. 1 settembre 2004 n. 17561).

Tale principio questa Corte ha affermato sotto il profilo della violazione dell'art. 112 c.p.c. sulla corrispondenza tra chiesto e pronunciato, negando che vi sia violazione; ma non ha affermato l'obbligo del giudice di provvedere in ogni caso, perché, diversamente che dall'ipotesi di accoglimento parziale di una domanda di condanna pecuniaria, il riconoscimento di una qualifica inferiore a quella richiesta richiede pur sempre la prospettazione degli elementi di fatto ed in particolare della declaratoria contrattuale che sorregga la qualifica intermedia tra quella posseduta e quella domandata (Cass. 19 febbraio 1988 n. 1747).

Con il quarto motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 2103 c.c., censura la valutazione operata dal giudice di appello della equivalenza delle nuove mansioni espletate, sotto diversi profili.

Il B., dopo aver sempre lavorato fin dall'assunzione nel reparto progettazione, fu inviato a svolgere mansioni di assistente presso i cantieri esterni, che non aveva mai svolto prima. Il giudice di appello, dopo aver constatato lo svolgimento di mansioni diverse che richiedevano nuove cognizioni e perizie, non ravvisava alcune demansionamento, ritenendo che non fosse addotta prova alcuna dell'asserito demansionamento, in quanto mansioni diverse non significa mansioni inferiori.

Il B. propone le seguenti censure:

1. l'affermazione della sentenza impugnata che mansioni diverse non significa mansioni inferiori e quindi dequalificanti contrasta con la giurisprudenza di legittimità secondo cui sussiste violazione dell'art. 2103 c.c. nel caso in cui il lavoratore sia radicalmente distolto dalle sue mansioni ed assegnato a mansioni del tutto diverse rispetto a quelle per cui fu assunto;

2. censura la motivazione della sentenza impugnata laddove per escludere il demansionamento afferma che le nuove mansioni attribuite al lavoratore erano svolte abitualmente da dipendenti di quarto e quinto livello e il B. aveva per l'appunto la qualifica di quarto livello, per contrasto con il principio di diritto affermato dalla Corte Suprema secondo cui nell'indagine circa l'equivalenza delle mansioni non è sufficiente il riferimento in astratto al livello di categoria, ma è necessario accertare che le nuove mansioni siano aderenti alla specifica competenza tecnico professionale del dipendente.

3. contesta inoltre l'affermazione del giudice di appello secondo cui la pericolosità non è in sé elemento atto ad una valutazione di mansione dequalificata. Ricorda l'incidente avvenuto nel cantiere quando un autocarro a causa del peso della bobina si ribaltò rischiando di schiacciare l'operaio che azionava alla gru; ciò sarebbe successo per la inesperienza del B..

4. contesta infine che non vi sia stata dequalificazione nel fatto che il B., dopo aver svolto mansioni superiori qualificate dal primo giudice di quinta categoria, all'arrivo del dirigente G. fu rispedito a svolgere le mansioni sue proprie di quarta categoria.

Tutte le censure si scontrano contro le valutazioni di fatto della sentenza impugnata, che appaiono corrette alla luce della nozione di professionalità dinamica e potenziale derivante dalla interpretazione evolutiva dell'art. 2103 cod. civ. (Cass. Sezioni Unite 24 novembre 2006 n. 25033, Cass. Sez. lav. 8 marzo 2007 n. 5285), che comporta un allargamento della tradizionale, ed un pò statica, concezione della equivalenza. Né una censura alla sentenza impugnata può essere basata sulle valutazioni del primo giudice, che pure aveva respinto la domanda del B.. Il rigetto del ricorso principale comporta l'assorbimento, per difetto di interesse, del ricorso incidentale condizionato con il quale la società, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 2948 c.c., n. 4 e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), si duole che il giudice di appello abbia dichiarato la prescrizione dei crediti solo per il periodo antecedente il 21 maggio 1996, attribuendo valore interruttivo al tentativo di conciliazione espletato il 21 maggio 2001.

Il ricorso va pertanto respinto.

Le spese processuali seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso principale, assorbito l'incidentale. Condanna il ricorrente principale a pagare le spese del presente giudizio liquidate in Euro 55,00 oltre Euro duemila per onorari di avvocato, oltre spese generali, Iva e CPA.

 

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