-
Ricorso a professionisti legali esterni
quale potenziale causa di dequalificazione di un legale aziendale:
insussistenza
-
-
Cass., sez. lav., 9 agosto 2004, n. 15346 –
Pres. Ciciretti - Rel. Foglia - Lauretti c. Enel SpA.
-
-
Mancata
piena utilizzazione del lavoratore addetto al servizio legale nell'esercizio
di attività defensionale in luogo degli avvocati esterni - Dequalificazione
- Esclusione - Diritto dell'impresa di organizzare la difesa in giudizio
nell'esercizio della libertà di iniziativa economica.
-
-
In tema di
mansioni del lavoratore con riguardo all'applicabilità dell'art 2103 cod.
civ. all'attività degli addetti ad un ufficio legale interno, non possono
ravvisarsi profili di demansionamento nella condotta del datore di lavoro
che, nell'esercizio della libertà di iniziativa economica,
costituzionalmente garantita, organizzi la difesa in giudizio con le
modalità ritenute più opportune ed efficaci, scegliendo di ricorrere ad
avvocati esterni o interni a seconda della peculiarità del contenzioso,
delle risorse disponibili all'interno anche in relazione ad altre attività
necessarie, della specificità e difficoltà dell'attività defensionale
richiesta, implicando, per altro, il conferimento dell'incarico di difesa in
giudizio un rapporto di fiducia tra l'officiante ed il procuratore in cui
non può interferire alcun provvedimento del giudice; la scelta di impiegare
legali interni o esterni, nonché la misura di tali utilizzazioni rientra
pertanto nell'ambito della libertà di organizzazione dell'imprenditore per
l'esercizio della propria attività economica.
Svolgimento del processo
-
Con
ricorso del 18.5.1995 al Pretore di Roma, Carlo Lauretti, addetto al
servizio legale della s.p.a. ENEL, con la qualifica di "quadro 16%" sin dal
1986, conveniva in giudizio detta società, nonché Giovambattista Murdaca,
Filomena Passeggio, Maria Costina Pennini e Pasquale Scarpini, esponendo:
-
che, in
base ai criteri di scelta dei dirigenti, la sua posizione era poziore
rispetto agli indicati colleghi, già nominati dirigenti negli anni
1988/1989;
-
- che
aveva sempre cercato di svolgere attività forense, più qualificante
nell'ambito del servizio legale;
-
- che, dal
1991, per circa otto mesi si era occupato dell'informatizzazione
dell'attività legale, svolgendo mansioni proprie del livello dirigenziale
"A" o di "quadro 23%";
-
- che
aveva ricevuto mandati per una trentina dì procedimenti giudiziali;
-
- che dal
luglio 1994 era stato posto alle dipendenze dell'avv. Fiaschetti, dirigente
di livello "A" anziché direttamente del capo del servizio, venendo inoltre
privato del suo collaboratore;
-
- che dal
febbraio 1995 non aveva ricevuto più alcun incarico professionale, sicché la
sua attività si riduceva a consulenze sporadiche, nonché a rapporti
burocratici con i professionisti esterni;
-
- che tale
dr.ssa Colacino, semplice laureata in giurisprudenza, era stata promossa al
livello di "quadro 32%" mentre lui veniva pretermesso nelle promozioni
rispetto a colleghi di anzianità e titoli inferiori, in violazione
dell'Accordo aziendale dell'11.12,1977, oltre che dei principi di
correttezza e buona fede.
-
Ciò
premesso, il ricorrente chiedeva (per quanto interessa in questa sede):
-
- che
fosse accertato il suo diritto ad esercitare, preferibilmente, rispetto agli
avvocati esterni, l'attività professionale a favore dell'ENEL;
-
- che
l'ENEL fosse condannato, quale responsabile civile,al risarcimento dei
danni, anche biologici, derivanti dai reati ravvisabili nel comportamento
tenuto nei suoi confronti dai vertici aziendali.
-
Si
costituiva in giudizio la società convenuta la quale rilevava che la nomina
dei dirigenti avveniva secondo una procedura nella quale si teneva conto
delle esperienze maturate in azienda,della capacità,della preparazione
professionale e delle mansioni da affidare.
-
Aggiungeva
che l'accordo sindacale invocato dalla controparte non prevedeva alcuna
selezione pubblica, richiamando solo i criteri di vantazione costantemente
seguiti; che il Lauretti non era mai stato proposto dal funzionario
competente per la nomina a dirigente; che, più dell'anzianità o dei titoli
rilevavano l'attitudine all'incarico da ricoprire; che lo svolgimento
dell'attività forense non rappresentava la parte più significativa
dell'attività svolta dal ricorrente e che, comunque non era determinante ai
fini delle specifiche attitudini richieste per la mansioni dirigenziali; che
le attività svolte per l'informatizzazione dell'attività legale non
corrispondevano a mansioni superiori.
-
Con
sentenza del 23.8.1999 il pretore adito respingeva la domanda del Lauretti il
quale proponeva appello,notificato anche alla soc.ENEL
Distribuzione, cessionaria del ramo di azienda. Quest'ultima, a sua volta
costituitasi, eccepiva l'inammissibilità, o comunque, l'infondatezza
dell'appello.
-
Il
Tribunale di Roma, con sentenza dell'8.4.2002, respingeva l'appello
osservando:
-
- che, a
seguito della stipula dell'Accordo sindacale del 22.12.1977, era stato
comunicato alla r.s.a. che, quanto ai criteri di scelta dei nuovi dirigenti,
si sarebbero valutati i curricula di studio e professionale di
ciascun candidato, le rispettive esperienze maturate nell'ENEL, nonché le
attitudini a coprire determinate funzioni;
-
- che, dal
tenore testuale di tale comunicazione risulta che l'ENEL non aveva assunto
alcun obbligo a procedere alla scelta dei nuovi dirigenti tramite procedure
concorsuali, essendosi piuttosto obbligato soltanto a valutare determinati
elementi relativi al dipendente che, a propria discrezione, avesse ritenuto
di sottoporre a vantazione al fine della promozione a dirigente;
-
Aggiungeva
il Tribunale di Roma che, ove la proposta avesse riguardato più candidati,
avrebbe dovuto procedersi ad una vantazione comparativa, secondo i criteri
indicati nell'Accordo aziendale e secondo i criteri di correttezza e buona
fede, mentre invece, in assenza di pubblica offerta non era neanche
possibile individuare le persone potenzialmente interessate al concorso. Di
conseguenza, non essendovi alcuna procedura concorsuale dalla quale il
lavoratore fosse stato escluso, o alla quale avesse partecipato senza essere
stato correttamente valutato, era del tutto inutile acquisire la
documentazione che dimostrasse l'allegato comportamento illegittimo
dell'Ente.
-
Ne
derivava che il Lauretti non poteva vantare alcun diritto al risarcimento
del danno per la sua mancata promozione.
-
Nemmeno
poteva essere condivisa - secondo ti Giudice di appello - la pretesa del
ricorrente ad esercitare preferenzialmente l'attività defensionale per
l'ENEL, appartenendo alla discrezionalità dell'imprenditore la scelta di
utilizzare nel modo più utile le proprie risorse. In particolare non v'era
alcun obbligo dell'Ente di affidare incarichi ai legali interni piuttosto
che a quelli esterni.
-
Il
Tribunale escludeva, infine, che il Lauretti avesse proposto anche la
domanda di accertamento del demansionamento, atteso che, con il punto 2
dell'appello egli aveva invocato soltanto il diritto ad esercitare
preferenzialmente l'attività defensionale per l'ENEL.
-
Avverso
detta sentenza, il Lauretti ha proposto ricorso per Cassazione affidato a
tre motivi. Resiste l'Enel distribuzione s.p.a. con controricorso.
-
Il
ricorrente ha depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c.
Motivi
della decisione
-
Col primo
motivo - deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e
1362 e ss., 2729 e 2697 del codice civile,art. 116 c.p.c, nonché omessa
insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della
controversia - lamenta il ricorrente che, contrariamente a quanto ritenuto
dal Giudice di appello, la mancata previsione di una procedura concorsuale,
per la nomina di nuovi dirigenti non esclude l'istituzione di una procedura
di scelta i cui criteri sono individuati nell'Accordo sindacale del
22.12.1977, e ai quali restava vincolato l'ENEL. Il Giudice di appello ha
riconosciuto all'ENEL un potere di scelta assolutamente svincolato da ogni
criterio minimale (esigenza di trasparenza e pubblicità sui posti
dirigenziali da assegnare, fissazione dei requisiti e dei titoli di studio o
professionali, ecc.) ritenendo sufficiente la prassi della ed."preselezione"
la quale lascia senza alcun controllo la scelta datoriale. Del tutto
indimostrata è poi l'assenza di contestazioni sindacali che costituirebbe -
secondo la sentenza impugnata (p. 10 ult. cpv.) — una presunzione di
rispetto dell'Accordo sindacale).
-
Il primo
motivo è infondato.
-
Una volta
abbandonata la linea difensiva - riassunta nelle conclusioni dell'atto di
appello - tendente a far valere l'illegittimità delle "plurime
pretermissioni inferte al ricorrente nelle nomine e nelle carriere dei
controinteressati, avv.ti Murdaca, Pennini, Scarpitti e Passaggio, ed
accertare la poziorietà del proprio diritto", nel ricorso davanti a questa
Corte si contesta la legittimità in sé della singola scelta (negativa)
riguardante il ricorrente: senonchè, nell'impostore in tal modo la domanda,
non si specifica quali fossero in particolare i criteri di scelta - tra
quelli indicati dall'Accordo sindacale - ad essere stati disattesi dalla
società resistente.
-
È vero che
nel paragrafo 2 di tale Accordo, intestato appunto alle "nomine dei nuovi
dirigenti e sviluppo delle carriere" si fa riferimento a taluni criteri di
scelta, ma nel ricorso si indicano soltanto alcuni degli elementi di cui
l'ENEL doveva tener conto (curriculum di studio, esperienze all'interno
dell'ente, e l'attitudine a ricoprire determinate funzioni") senza tuttavia
precisare in quali termini, e in quale misura, detti criteri sarebbero stati
violati dall'Enel - diversamente da quanto operato con riferimento ad altre
posizioni lavorative — in danno del Lauretti.
-
In
proposito la lettera inviata dall'ENEL in occasione dell'Accordo sindacale
del 1977 e stata interpretata correttamente dal giudice di appello nel senso
che l'ENEL con essa si impegnava soltanto — secondo una prassi interna — a
valutare determinati elementi, relativi al dipendente che, a propria
discrezione, avesse ritenuto di sottoporre a valutazione al fine di
promuoverlo dirigente, senza che ciò comportasse alcun obbligo, per il
medesimo Ente a scegliere i dirigenti tramite procedura concorsuale.
-
Col
secondo motivo — deducendo la violazione e falsa applicazione degli arti 4 e
41 Cosi, e delle altre norme di legge indicate nel precedente motivo, oltre
al medesimo vizio motivazionale - il ricorrente censura una estrapolazione
delle deposizioni testimoniali, laddove da alcune di queste emergeva
chiaramente che non esistevano procedure di scelta o concorsi interni, ma
solo una prassi secondo cui il direttore generale faceva le sue vantazioni
sulla base di una proposta dei direttori centrali o di compartimento,
prescindendo completamente dai criteri indicati nell'Accordo sindacale del
1977 il quale non aveva avuto applicazione nell'area legale (teste L.
Franco).
-
In ogni
caso - si avverte - costituisce regola di correttezza e buona fede l'obbligo
del datore di lavoro di motivare la scelta operata al termine della
procedura selettiva (cita Cass., 18.9.1991, n. 9701 ; Cass., 28.8.2000, n.
11291).
-
Da ultimo,
osserva il ricorrente che nessun rilievo è stato dato dalla sentenza alla
documentazione acquisita in sede di accesso amministrativo.
-
Il motivo
è per un verso inammissibile e per altro verso infondato.
-
Inammissibile perchè esso introduce una censura che coinvolge apprezzamenti
e vantazioni delle risultanze testimoniali non più scrutinatali in questa
sede di legittimità. Il motivo è altresì infondato poiché, una volta escluso
il ricorso alla procedura concorsuale quale unica via per la scelta dei
dirigenti, viene meno anche la necessità di rinvenire criteri di valutazione
basati sulla comparazione di più posizioni lavorative potenzialmente idonee
a tradursi in un formale riconoscimento della specifica categoria
professionale rientrante nella previsione dell'art. 2095 c.c.
-
Esclusa la
procedura concorsuale dalla quale il lavoratore sia stato escluso o alla
quale abbia partecipato senza essere correttamente valutato, non avevano
alcuna rilevanza le richieste istruttorie volte all'acquisizione di
documenti - su cui pure di appuntano le critiche del ricorrente - per
dimostrare l'allegato comportamento illegittimo dell'Ente.
-
Col terzo
motivo — deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 4, 41, 97
Cost. 1362 e segg. c.c., 2103, 2697, 2730 c.c., 323 e 328 cp.; 75 c.p.p., 116,
210, e 421 c.p.c, oltre ad omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione - osserva il ricorrente che la situazione strutturale ed
organizzativa del Compartimento di Roma dell'ente, in mancanza di degli
incarichi professionali, elargiti ad esterni, comportava l'automatica
dequalificazione degli avvocati interni.
-
Anche
quest'ultimo motivo non merita di essere accolto.
-
Già il
Pretore aveva disatteso la domanda del Lauretti volta all'accertamento di un
suo demansionamento o di una sua dequalificazione, su cui fondare una
pretesa risarcitoria, avendo egli chiesto soltanto di poter esercitare
preferenzialmente, rispetto agli avvocati esterni, l'attività defensionale.
-
In quella
sede il Giudice di prime cure osservava come l'accoglimento di quest'ultima
domanda avrebbe implicato una ingerenza nell'attività gestionale
dell'impresa la cui libertà di iniziativa economica è costituzionalmente
garantita: l'ente resistente ha il diritto di organizzare la propria difesa
in giudizio secondo le modalità ritenute più opportune ed efficaci,
scegliendo di ricorrere ad avvocati esterni o interni a seconda del tipo del
contenzioso, delle risorse disponibili all'interno anche il relazione ad
altre attività necessarie, della specificità e difficoltà dell'attività
defensionale richiesta ecc. Del resto il conferimento dell'incarico di
difesa in giudizio implica un rapporto di fiducia tra l'officiarne ed il
procuratore in cui non può interferire alcun provvedimento del giudice. La
scelta se impiegare legali interni o esterni, nonché la misura di tali
utilizzazioni rientra nell'ambito della libertà di organizzazione
dell'imprenditore per l'esercizio della propria attività economica.
-
L'insussistenza di un diritto del ricorrente a svolgere attività di difesa
esterna, e la conseguente infondatezza di una pretesa risarcitoria per il
mancato guadagno derivante dalla ridotta attività defensionale
consentitagli, è stata ribadita anche dalla sentenza di appello la quale ha
aggiunto che possa essere configurato alcun profilo criminoso nel
comportamento dell'ente dal quale poter trarre ulteriori pretese risarcitone
a titolo dì danni non patrimoniali e biologici.
-
E appena
il caso di precisare — per rispondere alle argomentazioni difensive esposte
dal ricorrente nella memoria illustrativa - che tale conclusione non può
ritenersi smentita da quanto emerge dalla sopravvenuta sentenza di questa
Corte del 2.4.2003, n. 5087 riguardante le medesime parti qui in lite, nella
quale è stato annullato un provvedimento di trasferimento del Lauretti
dall'area legale del Compartimento di Roma alla corrispondente area del
Compartimento di Napoli, sul presupposto che quel trasferimento fosse lesivo
della immagine professionale dello stesso ricorrente o comunque
ingiustificato. Il fatto - considerato dal ricorrente come incontrovertibile
- che il Lauretti abbia subito un demansionamento o ritorsioni e che per
tale motivo il suo trasferimento sia stato censurato in sede giudiziaria
definitiva, non vale di per sé a sostenere l'ulteriore domanda fondata in
questa sede sui medesimi presupposti. Come già più sopra sottolineato dalla
impugnata sentenza, con le domande formulate ai punti 2 e 3 del ricorso di
merito, introduttivo del presente processo, il Lauretti aveva chiesto
soltanto l'accertamento del diritto ad esercitare preferenzialmente -
rispetto agli avvocati esterni - l'attività defensionale per l'Enel, il che
non costituisce né l'automatica, né l'unica, logica risposta al lamentato
demansionamento.
-
Quanto poi
alla domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali e biologici
derivanti dal comportamento dei vertici del Banco che lo aveva privato degli
incarichi, sono mancate concrete allegazioni di fatti specifici e di
elementi costitutivi di ipotesi criminose a carico della controparte
datoriale.
-
Per le
ragioni esposte, il ricorso non può essere accolto, mentre si ravvisano
giusti motivi per compensare interamente le spese del presente giudizio tra
le parti.
P.Q.M
-
La Corte
rigetta il ricorso. Spese compensate. Così deciso in Roma, il 23 marzo 2004.
-
Depositato
in Cancelleria il 9 agosto 2004.