Esigibilità nel Pubblico Impiego di mansioni – deteriori ma accessorie al profilo professionale -  insuscettibili di deprofessionalizzare quelle svolte in via prevalente.

 

Cass. sez. lav. n. 17774 dell’agosto 2006

 

Pubblico Impiego privatizzato - Mansioni accessorie a quelle principali e prevalenti – Esigibilità da parte del datore di lavoro – Non determinano demansionamento risarcibile.

 

Mentre l'attività prevalente ed assorbente svolta dal lavoratore deve rientrare fra quelle previste dalla categoria di appartenenza, per motivate esigenze aziendali egli può essere adibito anche a compiti inferiori, se marginali rispetto a quelli propri del suo livello, ove si tratti di richieste di natura occasionale, motivate da effettive esigenze dell'impresa, e sempre che i compiti richiesti, oltreché oggettivamente connessi con quelli propri della qualifica attribuita, siano comunque tali che il loro espletamento non determini pregiudizio per il dipendente, ferma in ogni caso la normalità dello svolgimento delle mansioni direttamente pertinenti alla qualifica stessa.

 

Svolgimento del processo

Il Dott. M.A., dipendente del Ministero dell'interno, già inquadrato nella 9^ qualifica funzionale, profilo professionale di direttore amministrativo contabile e successivamente, in Area C, posizione economica C 3, settore amministrativo contabile, a norma dell'articolo 13, comma 4, del contratto collettivo nazionale di lavoro 6 febbraio 1999 Comparto Ministeri, convenne il Ministero dell'Interno dinanzi al giudice del lavoro di Brescia, chiedendone la condanna a reintegrarlo nelle mansioni proprie della qualifica, ed a risarcirgli il danno professionale morale o biologico da dequalificazione, previo accertamento dell'avvenuta assegnazione a mansioni inferiori, per effetto degli ordini di servizio 10 dicembre 1999 e 15 giugno 2000, emessi in violazione del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56 e del contratto collettivo di settore. In via istruttoria il ricorrente chiese l'ammissione di una consulenza tecnica d'ufficio sulla natura delle mansioni affidategli e sulle proprie condizioni di salute.

Il Ministero si costituì resistendo. La domanda fu rigettata e la decisione di primo grado, su appello del M., contrastato dall'Amministrazione, è stata confermata dalla Corte di appello di Brescia. Il giudice del gravame riferisce che il M. fra il 1987 e il 20 ottobre 1999 oltre a quelli di ufficiale rogante aveva anche svolto, sulla base di un ordine di servizio del 12 febbraio 1998, compiti riguardanti le procedure contrattuali per l'acquisizione di beni, servizi e lavori per la prefettura e per le forze dell'ordine, l'accasermamento delle forze di polizia e dei vigili del fuoco, l'istruttoria delle pratiche di risarcimento danni causati da appartenenti alle forze dell'ordine; lo svincolo delle cauzioni prestate dagli esattori delle imposte dirette; il passaggio di gestione della contabilità. Egli era inoltre incaricalo di controfirmare gli atti contabili del comando provinciale dei vigili del fuoco e di effettuare le verifiche di cassa presso il medesimo comando.

La sentenza riferisce ancora che, con un successivo ordine di servizio del 10 dicembre 1999, erano stati assegnati al Dottor M. incarichi ulteriori consistenti nei trattamenti di previdenza in favore del personale appartenente alla Polizia di Stato, ricongiunzione, computo e riscatto di servizi ai fini pensionistici, gestione di alcuni capitoli di spesa relativi ai procedimenti elettorali (manutenzione, acquisto di materiale, competenze dovute ai componenti dei seggi elettorali) fermi i precedenti incarichi della controfirma degli atti contabili del comando provinciale dei vigili del fuoco e delle verifiche di cassa presso lo stesso ufficio nonché le funzioni di ufficiale rogante.

Sempre secondo quanto affermato nella sentenza, il successivo provvedimento del 15 giugno 2000 aveva attribuito al M. la gestione di ulteriori capitoli di spesa, già trattati da altro dipendente, collaboratore amministrativo contabile ex settimo livello funzionale, poi inquadrato in posizione economica C1.

Premesse tali circostanze come parifiche, la Corte d'appello, riferisce che il ricorrente, con riferimento ai menzionati ordini di servizio del 1999 e del 2000, aveva sostenuto che le mansioni ivi attribuitegli corrispondevano a quelle di qualifica inferiore alla sua. Il contratto collettivo, infatti, nel delineare la figura professionale del direttore amministrativo si riferisce ai "lavoratori che nell'ambito delle materie di propria competenza, sostituiscono in caso di assenza il dirigente e che coordinano o dirigono attività di più unità organiche di livello non dirigenziale ovvero partecipano per l'elevato livello di professionalità ad attività specialistiche. Svolgono attività ispettive o di valutazione di particolare rilevanza". Per contro la gestione dei capitoli di spesa e l'espletamento delle pratiche concernenti i trattamenti di previdenza in favore del personale appartenente alla polizia di Stato rientrano tra le mansioni del collaboratore amministrativo contabile o del ragioniere. La natura inferiore di tali mansioni sarebbe del resto provata tanto dalla circostanza che tali incarichi erano stati assegnati in precedenza agli impiegati di qualifiche inferiori, quanto dall'esplicito riconoscimento da parte del dirigente della necessità di attribuire al M. mansioni diverse da quelle proprie della qualifica di appartenenza, per l'inadeguatezza della dotazione organica.

L'assegnazione - sempre ad avviso dell'appellante - non sarebbe consentita dalle norme vigenti, visto che il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56, riformulando il precedente testo normativo, disciplina solo i casi di assegnazione a mansioni superiori, e, diversamente dalla precedente versione, nulla dice in ordine alla possibilità di attribuire anche occasionalmente mansioni inferiori: scelta, espressa, in sostanza, anche nell'articolo 13, comma 4, del contratto collettivo nazionale di lavoro Comparto ministeri, il quale dispone che il dipendente sia "tenuto a svolgere tutte le mansioni considerale equivalenti nel livello economico di appartenenza nonché le attività strumentali e complementari a quelle inerenti lo specifico profilo". Né il riferimento alle dette attività giustificherebbe l'assegnazione delle mansioni prime rivestite da impiegati di categoria inferiore, dato che, a parte il divieto desumibile all'articolo 56 e dal contratto collettivo, sarebbe mancata del tutto la prova del loro carattere strumentale e complementare rispetto a quelle attribuite dalla qualifica di appartenenza.

Così riassunte le censure dell'appellante la Corte di merito, per disattenderle, muove anzitutto dalla considerazione che, nel caso di specie, non erano state sottratte al M. le prestazioni tipiche della professionalità da lui acquisita, essendosene invece aggiunte di ulteriori.

Quindi la Corte richiama il principio secondo cui mentre l'attività prevalente ed assorbente svolta dal lavoratore deve rientrare fra quelle previste dalla categoria di appartenenza, per motivate esigenze aziendali egli può essere adibito anche a compiti inferiori, se marginali rispetto a quelli propri del suo livello, ove si tratti di richieste di natura occasionale, motivate da effettive esigenze dell'impresa, e sempre che i compiti richiesti, oltreché oggettivamente connessi con quelli propri della qualifica attribuita, siano comunque tali che il loro espletamento non determini pregiudizio per il dipendente, ferma in ogni caso la normalità dello svolgimento delle mansioni direttamente pertinenti alla qualifica stessa.

La Corte di merito fa in proposito riferimento esplicito alla nozione di mansione accessoria, osservando che ciascuna qualifica contiene in se anche i compiti non esplicitati immediatamente preparativi o inscindibilmente strumentali ad essa, andando a far parte del bagaglio professionale del dipendente, sicché la loro esecuzione non può riuscire di pregiudizio alla professionalità del lavoratore. La Corte aggiunge che, basandosi il rapporto di lavoro sull'equilibrio collaborativo fra le parti, occorre dare dell'articolo 2103 c.c. un'interpretazione che non esasperi la rigidità del concetto di mansioni a scapito totale delle esigenze di produttività, e che l'unico limite dell'esigibilità è costituito dalla pretestuosità del comportamento datoriale, fatto non allegato e comunque di difficile dimostrazione in concreto, dovendo anche tenersi conto dell'interesse dei terzi utenti dell'ufficio pubblico, sui quali non possono gravare, nei limiti del possibile, le carenze di organico.

Così ricostruito il significato dell'articolo 13 del contratto collettivo nazionale di comparto, la Corte di merito osserva che il M. non aveva neppure allegato né l'assoluta inconferenza delle mansioni accorpate alla sua qualifica rispetto a quelle dirigenziali spettantigli, né che tali mansioni, tipiche di profili professionali più bassi, precedentemente attribuite agli altri dipendenti, fossero talmente assorbenti da snaturare la sua vera qualifica. Secondo la Corte infatti, salvo il caso di accorpamento con mansioni di infimo livello, il solo fatto che quelle ulteriormente attribuite fossero appannaggio di qualifiche inferiori, non consentiva di affermare perciò solo che le mansioni del dipendente dovessero considerarsi inferiori. D'altra parte, l'onere di allegazione e prova gravante sulla parte non poteva essere assolto con una richiesta di consulenza tecnica, che avrebbe avuto un inammissibile carattere esplorativo.

M.A. chiede la cassazione di questa sentenza sulla base di un unico motivo di ricorso.

L'amministrazione non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Motivi della decisione

Con l'unico motivo di ricorso è denunziata violazione e falsa applicazione di norme di diritto ( articolo 2697 c.c., dell'articolo 115 c.p.c., dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56, del D.Lgs. n. 80 del 1990, art. 25, dell'articolo 2103 c.c.) nonché motivazione inadeguata e contraddittoria anche in ordine alla inammissibilità della consulenza tecnica d'ufficio.

Alla sentenza impugnata si addebita anzitutto l'errore di aver affermato che al dipendente pubblico sarebbe legittimo assegnare temporaneamente mansioni inferiori, mentre, per contro, questa possibilità, prevista nel testo originario del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56, è stata eliminata con la riformulazione di tale articolo dovuta al D.Lgs. n. 80 del 1990, art. 25, e mentre, inoltre, pienamente in linea con questa disposizione, l'articolo 13 del contratto collettivo nazionale di lavoro, rende esigibili tutte le mansioni considerate equivalenti nel livello economico di appartenenza nonché le attività strumentali e complementari a quelle inerenti lo specifico profilo attribuito.

Alla sentenza impugnata si addebita, poi, di aver ritenuto, in violazione dei principi in materia di onere della prova, e comunque contraddittoriamente, che il ricorrente non avesse assolto l'onere probatorio a suo carico, mentre invece dal confronto fra le declaratorie delle varie qualifiche funzionali nonché di quelle introdotte con il contratto collettivo di comparto, e i quattro ordini di servizio riguardanti il dipendente, emergeva con chiarezza che la gestione dei capitoli di bilancio attribuitegli rientrava nei compiti propri delle qualifiche inferiori. D'altra parte l'ordinanza 12 febbraio 1998 faceva esplicito riferimento alla necessità di attribuire al M. mansioni diverse da quelle della qualifica posseduta per ragioni correlate alla situazione dell'organico, e le stesse ragioni erano esplicitate nell'ordinanza 15 giugno 2000.

Conseguentemente non era in alcun modo giustificato il giudizio sul carattere esplorativo della consulenza richiesta.

Il ricorso è infondato.

Occorre muovere dalla circostanza, accertata dal giudice di merito, e non contestata, che nel caso di specie non si tratta di sottrazione ad un dipendente di mansioni qualificanti e tipiche della professionalità acquisita ma, ferme le precedenti attribuzioni, di assegnazione di altri compiti, i quali, sempre per quel che riferisce la Corte territoriale erano stati svolti, secondo affermazioni dello stesso appellante, da dipendenti appartenenti alla sua stessa area di inquadramento (area C, del contratto collettivo 16 febbraio 1999 Comparto Ministeri, non assumendo rilievo in senso contrario che in un caso, come affermato nel ricorso, ad essi attendessero insieme un dipendente di area B, posizione economica B3, e un dipendente di aree C, posizione economica C1, data l'ambiguità di tale circostanza interpretabile anche come una assegnazione al primo di mansioni superiori).

Occorre poi considerare che, sempre a giudizio, anche qui sostanzialmente non contestato, del giudice di merito le mansioni ulteriori non potevano esser considerate né assolutamente inconferenti rispetto a quelle della qualifica, né cosi assorbenti da snaturare quest'ultima.

Queste circostante di fatto devono essere valutate alla luce delle regole, di fonte legale e contrattuale, che nell'ambito dei rapporti di lavoro alle dipendenze con le p.a. di cui al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 2, commi 2, - fra i quali rientra pacificamente quello del ricorrente - disciplinano l'attribuzione delle mansioni.

Quanto alle fonti legislative, esse sono fondamentalmente costituite dall'art. 52 del cit. D.Lgs. n. 165 del 2001 - cui d'ora innanzi si farà riferimento - dato che il suo testo è eguale a quello del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56, (come sostituito dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 25 e successivamente modificato dal D.Lgs. n. 387 del 1998, art. 15) vigente all'epoca dei fatti.

La disposizione in commento, per quel che ora interessa, contiene una disciplina dettagliata delle mansioni esigibili, individuandole in quelle per le quali il prestatore è stato assunto o quelle considerate equivalenti nell'ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi o corrispondenti alla qualifica superiore formalmente conseguita. Lo stesso articolo regola poi minuziosamente la disciplina dell'attribuzione di mansioni superiori.

Il contratto collettivo nazionale di lavoro 16 febbraio 1999 Comparto ministeri, muovendosi, come esattamente rilevato nel ricorso, lungo la stessa linea, fa riferimento quali mansioni esigibili a tutte quelle considerate equivalenti nel livello economico di appartenenza nonché "alle attività strumentali e complementari a quelle inerenti lo specifico profilo attribuito".

Va ancora ricordato che il testo dell'articolo 56 citato, nella versione anteriore a quella introdotta dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 25, disponeva nel comma 1 che "il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni proprie della qualifica di appartenenza, nella quale rientra comunque lo svolgimento di compiti complementari strumentali al perseguimento degli obiettivi di lavoro" e, nel comma 2, che "il dipendente può essere adibito a svolgere compiti specifici non prevalenti della qualifica superiore, ovvero, occasionalmente e ove possibile con criteri di rotazione, compiti o mansioni immediatamente inferiori, se richiesto dal dirigente dell'unità organizzativa cui è addetto, senza che ciò comporti alcuna variazione del trattamento economico".

Risulta evidente che il contenuto del suddetto comma 1, espunto nella nuova versione dell'articolo, è stato in parte recuperato dalla previsione collettiva, benché in termini più precisi e restrittivi, visto che le attività strumentali e complementari esigibili sono, in base all'articolo 13, comma 4 del contratto collettivo nazionale citato, quelle inerenti lo specifico profilo attribuito, e non, più genericamente, i compiti strumentali al perseguimento degli obiettivi di lavoro.

Risulta poi soppresso nella norma di legge nonché in quella contrattuale ogni riferimento specifico alla disciplina delle mansioni inferiori.

Il ricorrente ne desume l'esistenza nell'ordinamento di un divieto assoluto di richiedere legittimamente al pubblico dipendente una qualsivoglia prestazione che non sia prevista fra quelle della posizione economica di inquadramento e dello specifico profilo attribuito, salva l'assegnazione delle sole attività strumentali e complementari rispetto a quest'ultimo.

La Corte osserva in proposito che, con la previsione secondo la quale il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto e con l'assenza di previsione circa la sua utilizzabilità in mansioni inferiori, il D.Lgs. n. 165 del 2001, citato articolo 52 preclude effettivamente, in termini generali, la possibilità di richiedere siffatte mansioni. Ma un divieto analogo, esplicitato dalla previsione di nullità di ogni patto contrario, è contenuto nell'articolo 2103 c.c., ancorché la portata di esso sia stata variamente attenuata dalla giurisprudenza, in direzioni che qui non vi è ragione di analizzare. L'elaborazione giurisprudenziale formatasi sul cit. art. 2103 c.c. circa l'esatta determinazione della nozione di mansione inferiore e di quella, correlata, del demansionamento, può quindi essere utilizzata anche a proposito del D.Lgs. n. 165 del 2001, articolo 52, senza che sia qui necessario prendere posizione sul più ampio problema della esaustività o meno della disciplina delle mansioni contenuta nella disposizione in ultimo citata e sulla possibilità di integrarla con il ricorso alla norma codicistica. Qui infatti non è in questione una simile integrazione, ma l'esatta determinazione del contenuto delle mansioni esigibili che, per la parte che ora interessa, è indicato in termini analoghi nei due enunziati normativi cui si è fatto riferimento.

Nella giurisprudenza di questa Corte è stato più volte affermato che l'attività prevalente ed assorbente svolta dal lavoratore deve rientrare tra quelle previste dalla categoria di appartenenza, e che tuttavia, per ragioni di efficienza e di economia del lavoro o di sicurezza, possono essere richieste al lavoratore, incidentalmente e marginalmente, attività corrispondenti a mansioni inferiori, ed il lavoratore è tenuto ad espletarle (Cass. 25 febbraio 1998, n. 2045, che nel rifiuto di eseguire tali mansioni ritiene configurabile anche un comportamento suscettibile di valutazione in sede disciplinare; Cass. 8 giugno 2001, n. 7821, che fa riferimento a motivate esigenze aziendali; Cass. 2 maggio 2003, n. 6714; Cass. 16 giugno 2004, n. 11045, che richiama esigenze di tutela, sicurezza e salubrità dell'ambiente di lavoro).

Nel caso di specie, come già chiarito, vi è stata attribuzione di mansioni proprie di dipendenti con qualifica inferiore, e non è contestato che, essendosi trattato di mansioni aggiuntive rispetto a quelle proprie del lavoratore, le mansioni ulteriormente richieste non abbiano assunto carattere prevalente rispetto a quelle proprie della qualifica. Neppure è contestata l'effettività delle esigenze organizzative messe in evidenza negli ordini di servizio che hanno assegnato tali mansioni. Quanto alla assenza di disomogeneità professionale rispetto al livello di inquadramento del lavoratore, il giudice del merito nel far carico al lavoratore di un onere di dimostrazione della sostanziale estraneità professionale delle mansioni richieste ha espresso un principio di diritto condivisibile.

Infatti il requisito negativo della loro completa estraneità alla professionalità del lavoratore non poteva derivare dalla mera inferiorità delle stesse, così come in sostanza l'appellante aveva prospettato producendo le declaratorie contrattuali e i profili professionali allegati al D.P.R. n. 340 del 1982 e al D.P.R. n. 1219 del 1984, propri del periodo anteriore alla privatizzazione.

Quindi, anche la censura formulata dal ricorrente in questa sede è totalmente priva di decisività, dal momento che, ancora una volta, sembra voler risolvere, tramite il rilievo circa la (pacifica) inferiorità delle mansioni, il diverso problema della deprofessionalizzazione connessa allo svolgimento di esse, premessa necessaria per poterne affermare l'inesigibilità.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Nulla per le spese in assenza di costituzione dell'intimato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; nulla per le spese.

(Torna alla Sezione Mobbing)