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Danno alla professionalità
risarcibile per presunzioni, quali lunga durata e netta differenziazione fra le mansioni
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Cass., sez. lav., 9
luglio 2008 n. 18813 – Pres. Senese – Rel. Stile – Carrus Salvatore (avv.
Muggia, Cova) c. Telecom Italia SpA (avv. Pessi, Rigi Luperti)
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Demansionamento –
Riscontro di sussistenza – Richiesta anche di danno alla professionalità –
Non automaticità – Necessità di prova del pregiudizio, riscontrabile anche
per presunzioni – Allegazione di una netta differenziazione fra mansioni
deteriori e quelle precedenti e di consistente durata - Sufficienza
- Conseguente
obbligo del giudice di loro presa in considerazione – Cassazione
della sentenza d’appello che ha trascurato tale valutazione, negando
aprioristicamente il risarcimento.
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La molteplicità degli indicati possibili pregiudizi, sulla cui
configurabilità e doveroso il riferimento alle note decisioni dei giudici
della legge (Corte Cost. 14 luglio 1986 n. 184; Corte Cost. 27 ottobre 1994
n. 372), spiega la necessità che il lavoratore indichi in maniera specifica
il tipo di danno che assume di avere subito e poi fornisca la prova dei
pregiudizi da tale tipo di danno in concreto scaturiti (cfr.
al
riguardo Cass. 4 giugno 2003 n. 8904 cit.); prova,che può essere fornita
anche ex art. 2729 c.c. attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti,
sicché a tal fine possono, ad esempio, essere valutate nel caso di dedotto
danno da demansionamento, quali elementi presuntivi, la qualità e quantità
dell'attività lavorativa svolta, il tipo e la natura della professionalità
coinvolta, la durata del demansionamento, la diversa e nuova collocazione
lavorativa dopo la lamentata dequalificazione. Corollario di quanto ora
affermato e che grava, come detto, sul lavoratore l'onere di fornire, in
primo luogo, l'indicazione del tipo di danno subito, restando in ogni caso
affidato al giudice di merito - le cui valutazioni, se sorrette da congrua
motivazione sono incensurabili in sede di legittimità - il compito di
verificare di volta in volta se, in concreto, il suddetto danno sussista,
dopo l'individuazione, appunto, della specie, e determinandone l'ammontare,
eventualmente con liquidazione equitativa (cfr. tra le altre: Cass. 8
novembre 2003 n. 16792 cit.).
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Il ricorrente si duole
che la Corte territoriale, nell'escludere il lamentato danno, non abbia
considerato la presenza nella vicenda in controversia di elementi probatori
presuntivi quali la durata del demansionamento (nella specie, protrattosi
sin dal luglio 1994) e la netta differenziazione delle mansioni
corrispondenti alle figure di "assistente ad attività specialistiche" e
"addetto ad attività specialistiche di tecniche numeriche" sia dal punto di
vista della professionalità che dell'autonomia, responsabilità e posizione
gerarchica all'interno dell'azienda .
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In ragione della
fondatezza del motivo di doglianza, la Corte cassa la sentenza d’appello sul
punto e rinvia ad altra Corte di merito per il riesame.
SVOLGIMENTO DEL
PROCESSO
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Con ricorso del 20 giugno 2001 Salvatore Carrus esponeva di essere
dipendente della Telecom Italia S.p.a. con mansioni di assistente ad
attività specialistiche, ricomprese nel 5° livello del C.C.N.L. S.I.P. del
30.6.1992, e che, prima del processo di privatizzazione, il suo
inquadramento era nel 7° livello con mansioni di revisore tecnico
coordinatore. Sosteneva che, nel periodo transitorio coevo all'attuazione
del processo di privatizzazione, era passato temporaneamente alle dipendente
della Iritel S.p.a. (società, poi, incorporata nell'attuale Telecom S.p.a.),
che gli aveva assegnato le mansioni di assistente ad attività specialistiche
tecniche con inquadramento nel 5° livello. In data 25 luglio 1994
inspiegabilmente era stato, tuttavia, retrocesso ed adibito a mansioni
appartenenti al livello inferiore a quello di sua appartenenza, ossia al
livello 6°, fermo restando il formale inquadramento nel 5° livello ed il
relativo trattamento retributivo.
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Concludeva, pertanto, che venisse dichiarato il proprio diritto ad essere
assegnato alle effettive mansioni superiori di "assistente ad attività
specialistica" corrispondente al 5° livello C.C.N.L. 28.6.2000, con
reintegrazione nelle mansioni corrispondenti o equivalenti presso la unità
di Oristano nella quale prestava attività da svariati anni. Chiedeva,
inoltre, la condanna della Telecom S.p.a al risarcimento del danno
derivatogli dalla perdita di professionalità e dalla menomazione morale in
misura corrispondente ad una quota della retribuzione mensile, da
determinarsi in via equitativa, commisurata alla durata della
dequalificazione.
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La convenuta contestava la domanda di cui chiedeva il rigetto, assumendo,
altresì, che le pretese retributive dovevano ritenersi prescritte.
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Premessa una ricostruzione storica e giuridica dei mutamenti strutturali del
Settore delle Telecomunicazioni, la convenuta sottolineava che, per effetto
degli accordi 15.3.1993 ed 8.4.1993, il ricorrente era passato dalla
categoria 7° (ricoperta presso 1'Azienda di Stato per i Servizi Telefonici - ASST-) al livello 5° C.C.N.L. SIP, inizialmente come "assistente ad
attività specialistiche" e, poi, come "lavoratore addetto ad attività
specialistiche di tecniche numeriche".
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Precisava che, nel caso di specie, non trovava applicazione l'art. 2103
c.c., con riferimento alla dequalificazione ed al demansionamento denunciati
dal ricorrente e che la declaratoria contrattuale del 5° livello C.C.N.L.
SIP, attribuita al Carrus, successivamente al transito in Iritel S.p.a.,
trovava esatta rispondenza in quella della 7° categoria da lui rivestita
presso l'ASST, ivi compresa la "responsabilità ed autonomia" per l'attività
svolta.
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Si opponeva, infine, a qualsiasi pretesa risarcitoria evidenziando che
l'esistenza del danno andava rigorosamente documentata e provata tanto nella
sua esistenza che nel suo ammontare, mentre, nella specie, il ricorrente non
aveva nemmeno indicato quali fossero i criteri generali di riferimento per
la verifica della sussistenza del danno.
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Istruita la causa con produzione di documenti e prova testimoniale, il
Tribunale di Oristano, in funzione di Giudice del Lavoro, con sentenza 4
luglio 2003, respinta preliminarmente l'eccezione di prescrizione,
accoglieva la domanda dichiarando il diritto del Carrus ad essere assegnato
alle effettive mansioni superiori di "assistente ad attività specialistiche"
corrispondenti al 5° livello del C.C.N.L. 28.6.2000, ordinando alla Telecom
S.p.a. di adibire il lavoratore a dette mansioni o a mansioni equivalenti
presso l'unita di Oristano, condannandola, altresì, al risarcimento del
danno subito dal Carrus valutato, equitativamente, in una somma pari ad un
terzo della retribuzione globale netta per tutto il periodo del
demansionamento (dall' 1. 7.1994 alla data di reintegra nelle mansioni
corrispondenti al suo livello).
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Avverso tale decisione appellava la Telecom Italia S.p.a. con ricorso 4
agosto 2003, cui resisteva il Carrus deducendone l'inammissibilità ed, in
subordine chiedendone il rigetto.
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Con sentenza del 13 ottobre-10 dicembre 2004, la Corte d'appello di
Cagliari, ritenuto che il lavoratore non aveva fornito la prova del danno
accoglieva per quanto di ragione il gravame ed in parziale riforma della
sentenza impugnata, che confermava nel resto, "assolveva" la società
appellante dalla domanda di risarcimento del danno da dequalificazione
professionale.
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Per la cassazione di tale pronuncia ricorre Salvatore Carrus con tre motivi.
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Resiste Telecom Italia S.p.A con controricorso, proponendo, a sua volta,
ricorso incidentale con un unico motivo, cui resiste il Carrus con
controricorso. Entrambe le parti hanno presentato memorie
ex
art. 378 c.p.c.
MOTIVI
DELLA DECISIONE
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Va preliminarmente disposta la riunione del ricorso principale e di quello
incidentale, trattandosi di impugnazioni avverso la medesima sentenza (art.
335 c.p.c.).
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Va, ancora, in via prioritaria rimarcato the l'impugnata
decisione ha ritenuto, con motivazione congrua e senza incorrere in
violazioni di legge, che le mansioni di 5° livello spettassero al Carrus
perché previste per contratto.
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A sostegno di tale assunto ha osservato che il contratto di assunzione, in
data 1.3.1994 presso la IRITEL (per passaggio diretto dall' Azienda di Stato
A.S.S.T.), aveva riconosciuto al Carrus le mansioni di "assistente ad
attività specialistiche" corrispondenti, appunto, all' inquadramento nel 5°
livello C.C.N.L. SIP del 30.6.1992.
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Ha, poi, aggiunto che numerosi dati documentali dimostravano l'inquadramento
del Carrus nel 5° livello del C.C.N.L. vigente all' epoca del passaggio
dalla IRITEL, per fusione ed incorporazione, alla TELECOM, evidenziando, in
particolare, che con nota del 25 luglio 1994, quest'ultima, adibì Carrus
(con effetto retroattivo dall' 1.7.1994) alle mansioni di "addetto ad
attività specialistiche di tecniche numeriche ... restando la sua
appartenenza al livello retributivo 5°".
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Ha, quindi, soggiunto che era da condividersi l'assunto del lavoratore
secondo cui con tale locuzione si intendeva mantenergli il livello
retributivo maturato nonostante l'adibizione a mansioni inferiori, e che la
valutazione comparativa, volta a provare la dequalificazione, non poteva che
consistere nell' individuazione del contenuto delle mansioni corrispondenti
alle figure di "assistente ad attività specialistiche di 5° livello"
e di "addetto ad attività specialistiche di tecniche numeriche di 4°
livello", valutazione correttamente effettuata dal primo Giudice. Questo,
oltretutto, aveva visto rafforzato il proprio convincimento dalle
deposizioni testimoniali dalle quali era risultato che i tecnici operavano
come supporto professionale degli assistenti e che il Carrus aveva finito
per svolgere mansioni inferiori di 4° livello essendo sottoposto,
gerarchicamente, alla figura contrattuale che egli stesso avrebbe dovuto
ricoprire, sicché ogni questione concernente l'assenza di demansionamento
doveva ritenersi infondata, mentre l'assunto della società, secondo cui il
demansionamento era giustificato dall'attuazione di un processo di
riorganizzazione aziendale, era da ritenersi inammissibile perché in
violazione dell'art. 345 c.p.c., non essendo stata tale prospettazione
neppure adombrata nel primo grado del giudizio.
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Tenuto conto di tale motivazione non riesce di agevole comprensione il primo
motivo di ricorso principale, avendo il Giudice d'appello adottato una
soluzione alla sollevata questione del demansionamento, favorevole al
ricorrente Carrus. Con tale motivo, infatti, quest'ultimo mostra del tutto
ingiustificatamente di considerare un
unicum
inscindibile la
domanda relativa alla sussistenza della dequalifcazione e la domanda di
risarcimento del danno e, per tale ragione, ne evince che la dichiarazione
di inammissibilità e/o di infondatezza della prima domanda vada a travolgere
la statuizione giudiziale sulla domanda di risarcimento del danno.
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In sintesi, la Corte di appello sarebbe caduta in contraddizione per aver
dichiarato il primo motivo inammissibile (e comunque infondato) e per aver
accolto il secondo motivo di ricorso, disponendo per il rigetto delle
pretese risarcitorie del Carrus.
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Tale impostazione non appare corretta.
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Occorre, infatti, precisare che le domande spiegate dal Carrus costituiscono
due autonome e distinte pretese volte ad ottenere da una parte,
l'accertamento del diritto alle mansioni superiori e relativa reintegra
nelle mansioni e dall'altra parte, il risarcimento del danno per perdita di
professionalità.
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Le stesse conclusioni riportate nel ricorso ex 414 c.p.c. e riprodotte
fedelmente dalla difesa della società nel proposto controricorso, confermano
quarto sopra, risolvendosi esse nella richiesta di accertamento
dell'avvenuto demansionamento con conseguente ordine di reintegra nelle
originarie mansioni (o in altre equivalenti) ed in quella ulteriore diretta
a far discendere dalla adibizione alle mansioni inferiori un danno
conseguente alla perdita di professionalità e alla menomazione morale, con
condannare la Telecom S.p.A. al risarcimento del danno.
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Con la prima domanda il bene della vita richiesto ha come scopo
l'accertamento del diritto e la reintegra nelle mansioni mentre con la
seconda viene chiesto il risarcimento del danno (domanda rigettata dalla
corte di secondo grado). Orbene, il Carrus -come osservato dalla difesa
della Telecom- mostra di non distinguere i profili risarcitori dalla domanda
di accertamento del diritto (demansionamento) che di per se non implica
conseguenze risarcitorie, fondandosi su presupposti operativi nettamente
distinti; sicché, stante l'autonomia del petitum richiesto, la
censura del Carrus, che vorrebbe l'assorbimento della domanda risarcitoria
nella statuizione sulle mansioni svolte, risulta palesemente inammissibile.
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E', invece, infondato il ricorso incidentale, con cui la società,
denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 345, 342, 112 c.p.c.,
2103 e 2697 c.c., nonché vizio di motivazione censura la sentenza per aver
ritenuto inammissibile e, comunque, infondato il motivo d'appello in punto
di accertamento della dequalificazione professionale del Carrus.
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Invero, come sopra chiarito, il Giudice a quo - e
prescindendo dalla pur ritenuta inammissibilità della linea difensiva della
società per violazione dell'art. 345 c.p.c.- ha, come sopra chiarito,
adeguatamente motivato le ragioni poste a fondamento della decisione
sull'argomento sulla base della acquisita documentazione e della espletata
istruttoria testimoniale.
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L'errore metodologico del ricorrente principale sopra evidenziato, che si
concretizza in un (indebita) commistione tra l'accertamento del diritto alle
mansioni ed i profili risarcitori, determina la palese infondatezza anche
del secondo motivo di censura.
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Pin in particolare, il ricorrente impugna la sentenza ritenendola
contraddittoria per aver ritenuto l'inammissibilità e, comunque,
l'infondatezza del motivo di appello in ordine alle contestazioni sulla
dequalificazione e per aver, tuttavia, rigettato (e riformato sul punto la
prima sentenza) la domanda di risarcimento del danno per carenza probatoria.
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Si ribadisce nuovamente che l'eventuale accertamento della dequalificazione
professionale, non attribuisce ex se l'automatico ristoro senza il
rispetto degli oneri allegatori e probatori prescritti dalla Legge per
l'attivazione della tutela risarcitoria, mentre nessuna rilevanza può
attribuirsi alla circostanza, richiamata. nel motivo in esame, dell'avvenuto
infortunio lavorativo subito dal Carrus durante l'espletamento delle
mansioni inferiori assegnategli, mancando ogni dimostrazione - cosi come
affermato dal Giudice d'appello- del nesso causale tra detto infortunio e la
lamentata perdita di professionalità e menomazione morale determinata dalla
dequalificazione, posta a base della richiesta risarcitoria.
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Fondato e invece il
terzo motivo con il quale il Carrus, denunciando violazione degli artt. 1,
2, 3, 35 e 41 Cost., in relazione all'art. 2103 c.c., lamenta che la Corte
d'appello abbia negato il proprio diritto al risarcimento del danno, sul
presupposto del mancato assolvimento, da parte sua, del relativo onere
probatorio, senza considerare che l' esistenza del danno professionale pub
essere accertata anche tramite la prova presuntiva dal giudice, che non può
sottrarsi a una sua determinazione anche in via equitativa.
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Il motivo, considerate nella sua sostanza, piuttosto che nei suoi termini
formali, appare fondato.
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Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha affermato che il
prestatore di lavoro che chieda la condanna del datore di lavoro al
risarcimento del danno subito a causa della lesione del proprio diritto di
eseguire la prestazione lavorativa in base alla qualifica professionale
rivestita - lesione idonea a determinare una dequalificazione del dipendente
stesso - deve fornire la prova dell'esistenza di tale danno e del nesso di
causalità con l'inadempimentro, prova che costituisce presupposto
indispensabile per procedere ad una valutazione equitativa (cfr. ex
plurimis: Cass. 8 novembre 2003 n. 16792; Cass. 4 giugno 2003 n. 8904;
Cass. 14 maggio 2002 n. 6992; Cass. 14 novembre 2001 n. 14199). A tale
riguardo e state evidenziato che il danno derivante da dequalificazione può
assumere diversa natura, potendosi tradurre in un impoverimento della
capacità lavorativa acquisita dal lavoratore e dal mancato raggiungimento di
una più elevata capacità, o nel pregiudizio derivante da perdita di chance
(cioè possibilità di maggiori guadagni), o ancora nella lesione della
propria integrità psico-fisica, o, più in generale, in una lesione alla
salute ovvero alla vita di relazione, cui è riconducibile la fattispecie del
danno esistenziale, derivante dalla lesione del diritto fondamentale alla
libera esplicazione della propria personalità nel luogo di lavoro (art. 1, 2
Cost.).
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Orbene, la molteplicità degli indicati possibili pregiudizi, sulla cui
configurabilità e doveroso il riferimento alle note decisioni dei giudici
della legge (Corte Cost. 14 luglio 1986 n. 184; Corte Cost. 27 ottobre 1994
n. 372), spiega la necessità che il lavoratore indichi in maniera specifica
il tipo di danno che assume di avere subito e poi fornisca la prova dei
pregiudizi da tale tipo di danno in concreto scaturiti (cfr.
al
riguardo Cass. 4 giugno 2003 n. 8904 cit.); prova,che può essere fornita
anche ex art. 2729 c.c. attraverso presunzioni gravi, precise e
concordanti, sicché a tal fine possono, ad esempio, essere valutate nel caso
di dedotto danno da demansionamento, quali elementi presuntivi, la qualità e
quantità dell'attività lavorativa svolta, il tipo e la natura della
professionalità coinvolta, la durata del demansionamento, la diversa e nuova
collocazione lavorativa dopo la lamentata dequalificazione. Corollario di
quanto ora affermato e che grava, come detto, sul lavoratore l'onere di
fornire, in primo luogo, l'indicazione del tipo di danno subito, restando in
ogni caso affidato al giudice di merito - le cui valutazioni, se sorrette da
congrua motivazione sono incensurabili in sede di legittimità - il compito
di verificare di volta in volta se, in concreto, il suddetto danno sussista,
dopo l'individuazione, appunto, della specie, e determinandone l'ammontare,
eventualmente con liquidazione equitativa (cfr. tra le altre: Cass. 8
novembre 2003 n. 16792 cit.).
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Alla luce di quanto sinora detto la sentenza impugnata merita la censura che
le e stata mossa.
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Il Carrus, infatti, con il motivo in esame, da collegare anche con talune
precisazioni contenute nei due precedenti, si duole che la Corte
territoriale, nell'escludere il lamentato danno, non abbia considerato la
presenza nella vicenda in controversia di elementi probatori presuntivi
quali la durata del demansionamento (nella specie, protrattosi sin dal
luglio 1994) e la netta differenziazione delle mansioni corrispondenti alle
figure di "assistente ad attività specialistiche" e "addetto ad attività
specialistiche di tecniche numeriche"sia dal punto di vista della
professionalità che dell'autonomia, responsabilità e posizione gerarchica
all'interno dell'azienda .
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E non vi é dubbio, alla luce dei principi elaborati da questa Corte in
materia, che l'indagine del Giudice di merito andava portata anche e
soprattutto su questo versante. Viceversa, la sentenza impugnata omette
qualsiasi giudizio sulla idoneità degli elementi di fatto acquisiti alla
causa ai fini di una valutazione per presunzione.
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Sotto questo profilo, pertanto, il ricorso merita accoglimento, con
conseguente annullamento delta sentenza impugnata e rinvio per il riesame ad
altro giudice d'appello, designato in dispositivo, che provvederà anche alla
regolamentazione delle spese di questo giudizio.
P.Q.M.
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La Corte riunisce i ricorsi; accoglie per quarto di ragione il ricorso
principale e rigetta l'incidentale. Cassa l'impugnata sentenza in relazione
alla censura accolta e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di
Cagliari, sez. distaccata di Sassari.
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Roma, 11
marzo 2008 (depositato 9 luglio 2008)
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