Non manifesta incostituzionalità di legge di interpretazione autentica con efficacia retroattiva

 

Cass., sez. lav., (ordinanza) 12 ottobre 2007 n.21439 – Pres. Senese – Rel. Di Nubila

 

Questione di manifesta incostituzionalità - Previdenza - Diritto alla perequazione automatica delle pensioni

 

Non  è manifestamente infondata – per presunta irragionevolezza del carattere retroattivo di una norma di interpretazione autentica finalizzata ad estinguere un contenzioso giudiziario - la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 55, della legge n. 243 del 2004 per violazione degli artt. 3, 102 e 111 della Costituzione, laddove ha disposto che “al fine di estinguere il contenzioso giudiziario relativo ai trattamenti corrisposti a talune categorie di pensionati già iscritti a regimi previdenziali sostitutivi … l’art. 3 comma 1 lett. “p” della legge 23.10.1992, n. 421 e l’art. 9 comma 2 del d.lgs. 30.12.1992, n. 503 devono intendersi nel senso che la perequazione automatica delle pensioni prevista dall’art. 11 del d.lgs. 30.12.1992, n. 503 si applica al complessivo trattamento percepito dai pensionati di cui all’art. 3 del d.lgs. 20.11.1990 n. 357….”

 

La Corte

rileva quanto segue:

1. Con ricorso depositato in data 27.7.1995, gli attori, tutti pensionati del Banco di Napoli, collocati a riposo anteriormente al 31.12.1990, chiedevano di sentir dichiarare il loro diritto alla perequazione automatica delle rispettive pensioni secondo la disciplina dettata dal Decreto Legislativo n. 357.1990. Il Pretore accoglieva parzialmente la domanda e dichiarava il diritto degli attori alla conservazione della perequazione automatica della pensione con decorrenza dal 1.1.1994.

2. Proponeva appello il Banco di Napoli, sostenendo che il sistema di aggancio delle pensioni alla dinamica salariale dei lavoratori in servizio era stato <ridisegnato> dal Decreto Legislativo n. n. 357.1990 e dalla Legge n. 421.1992; indi era stato abolito con Decreto Legge n. 497.1996 convertito con modificazioni nella Legge n. 588.1996. A sensi della Legge n. 449.1997, dal 1.1.1998 era applicabile il regime generale di perequazione delle pensioni.

3. Aderendo all'interpretazione fatta propria dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite . con le sentenze nn. 9023.2001 e 9024.2001, il Tribunale accoglieva la domanda attrice limitatamente al periodo 1.1.1994 - 26.7.1996.

4.Tale sentenza è stata impugnata mediante ricorso per Cassazione dalla spa San Paolo Imi, deducendo tre motivi, il primo dei quali invoca l'applicazione, quale <ius superveniens> dell'art. 1 comma 55 della Legge n. 243.2004. Resistono con controricorso gli attori, i quali hanno sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 comma 55 della Legge n. 243.2004, che ha risolto in via di interpretazione autentica la questione, disponendo che le norme sopra ricordate <devono intendersi nel senso > sostenuto dalla società ricorrente. La questione viene prospettata con riferimento agli artt. 2,3,4,24,25,36,38,39,40,41,47,53,101,102, 103,104,108,111 della Costituzione. Le parti hanno presentato memorie.

5. Il carattere assorbente della censura sviluppata con il primo motivo impone alla Corte di esaminare preliminarmente i dubbi di legittimità costituzionale avanzati dai controricorrenti con riferimento alla norma di interpretazione autentica, della quale la spa San Paolo chiede l'applicazione nella presente causa. Ove infatti quei dubbi dovessero rivelarsi manifestamente infondati, la Corte dovrebbe fare applicazione alla presente lite del ricordato <ius superveniens> con conseguente accoglimento del ricorso, in conformità di quanto già ritenuto in precedenti pronunce ('<infra>' sub 7) rimanendo assorbiti i profili di censura sviluppati nel secondo e terzo motivo. Di qui la rilevanza della questione di costituzionalità

6. E' noto che questa Corte a Sezioni Unite ha ritenuto (sentt. n. 9023 e 9024.2001) che il sistema di perequazione delle pensioni vigente per i lavoratori già pensionati al 31.12.1990 sopravvivesse alla Legge n. 421.1992 ed al Decreto Legislativo n. 503.1992, dato che le norme sopravvenute dovevano applicarsi ai lavoratori in servizio. La giurisprudenza si è uniformata al <dictum> delle Sezioni Unite e può considerarsi costante. In tale contesto è intervenuto il legislatore il quale con l'art. 4 comma 55 della Legge n. 243.2004 ha disposto che <al fine di estinguere il contenzioso giudiziario relativo ai trattamenti corrisposti a talune categorie di pensionati già iscritti a regimi previdenziali sostitutivi, attraverso il pieno riconoscimento di un equo e omogeneo trattamento a tutti i pensionati iscritti ai vigenti regimi integrativi, l'art. 3 comma 1 lett. `p' della Legge 23.10.1992 n. 421 e l'art. 9 comma 2 del Decreto Legislativo 30.12.1992 n. 503 devono intendersi nel senso che la perequazione automatica delle pensioni prevista dall'art. 11 del Decreto Legislativo 30.12.1992 . 503 si applica al complessivo trattamento percepito dai pensionati di cui all'art. 3 del Decreto Legislativo 20.11.1990 n. 357. All'assicurazione generale obbligatoria fa esclusivamente carico la perequazione sul trattamento pensionistico di propria pertinenza.

7. Ritenuta la natura interpretativa e quindi retroattiva della norma citata, la giurisprudenza successiva di questa Corte ha fatto applicazione dello <ius superveniens> alle liti aventi ad oggetto la pretesa dei pensionati dal Banco di Napoli di conservare anche dopo il 1.1.1994 il diritto alla perequazione automatica ex Decreto Legislativo n. 357.1990: vedi tra le altre le sentenze 13.2.2007 n. 3098, 23.10.2006 n. 22700, ed ancora le sentt. n. 22701.06, 22829.06, 23716.06.

8. La questione di legittimità costituzionale della citata disposizione di cui all'art. 1 comma 55 della Legge n. 243.2004 sollevata dai controricorrenti non può dirsi <manifestamente> infondata. Essa, per vero, è stata superata nelle sentenze più recenti di questa Corte, peraltro con riferimento soltanto a una parte dei profili prospettati.

Nella sentenza n. 22701.06 si affronta il problema della ammissibilità dell'interpretazione autentica anche quando sussista una giurisprudenza univoca, per inferirne che essa è ammissibile purché la lettura accolta rientri tra quelle possibili e sostenibili. Nello stesso senso la sentenza n. 3098.2007.

Questo Collegio non ritiene di discostarsi da tale valutazione, dando atto che nella giurisprudenza costituzionale è pacifica l'ammissibilità di una interpretazione autentica, anche quando l'interpretazione accolta dal legislatore ordinario si discosta dalla giurisprudenza univoca o maggioritaria, qualora essa sia una delle interpretazioni ragionevolmente sostenibili. Vedasi Corte Costituzionale nn. 274.2006, 29.2006, 135.2006, 291.2003, 374.2002.

9. Non dubita parimenti il collegio della natura interpretativa della norma in questione, posto che la stessa usa una espressione (< devono intendersi>) equivalente all'espressione <devono interpretarsi. In questo senso si è pronunciata questa Corte con granitica giurisprudenza (v. le sentenze citate supra sub 7) e tale indirizzo va qui ribadito, oltre che per la persuasività degli argomenti che lo sorreggono, anche in ossequio al ruolo nomofilattico di questa Corte, sì che si deve escludere la possibilità di una diversa lettura della norma dianzi citata (che ne escluda il carattere interpretativo) sia pure in ossequio ad un'interpretazione `costituzionalmente orientata'. Ciò fa sì che, in presenza dei dubbi di cui <infra> (v. n. 10) la Corte non può esimersi dall'investirne il Giudice delle Leggi.

10. Il dubbio di costituzionalità qui sollevato riguarda la ragionevolezza del carattere retroattivo, discendente dalla natura interpretativa della disposizione, dell'art. 1 comma 55 della Legge n. 243.2004.

Invero, posto che il divieto di retroattività della legge costituisce fondamentale valore di civiltà giuridica e principio generale dell'ordinamento (pur se non elevato a dignità costituzionale, salva per la materia penale la previsione dell'art. 25 della Costituzione), la retroattività di una legge deve comunque trovare adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non deve contrastare con altri valori o interessi costituzionalmente protetti (così pressoché testualmente Corte Costituzionale n. 274.2006 cit.). Al riguardo è stato ritenuto che <la norma che deriva dalla legge d'interpretazione autentica non può ritenersi irragionevole ove si limiti ad assegnare alla disposizione interpretata un significato già in essa contenuto> (Corte Costituzionale n. 274.2006 cit. e precedenti ivi richiamati). Circostanza, quest'ultima, certamente ricorrente nella specie (v. ampiamente sul punto Cass. n. 22700.06 cit.) E tuttavia v'è da chiedersi se una siffatta circostanza valga sempre ed in ogni caso a sottrarre al sospetto d'irragionevolezza la legge interpretativa, anche quanto la concreta vicenda legislativa s'inserisca in un contesto connotato da peculiarità che relegano in secondo piano la circostanza di cui sopra, caratterizzandola non già come ratio o magari occasio legis ma piuttosto come mero supporto oggettivo di una finalità puramente asserita e in realtà evanescente se non propriamente inesistente.

V'è da chiedersi, insomma, se la fissazione con legge interpretativa di "una delle possibili letture del testo originario" escluda l'irragionevolezza della legge interpretativa sempre e in ogni caso oppure, non in sé e per sé ma piuttosto, solo in quanto normalmente si accompagna ad una <situazione d'incertezza del dato normativo che renda, essa, non ‘irragionevole’ il ricorso alla ‘interpretazione autentica’ (come appunto sembrerebbe desumersi dalla ricordata pronuncia n. 274.2006 della Corte Costituzionale).

Ad avviso di questa Corte, le più accreditate elaborazioni a proposito della categoria dell'<irragionevolezza> della legge, riassumibili nella proposizione autorevolmente formulata secondo cui l'irragionevolezza ricorre le quante volte sussista un'<evidente sproporzione tra i mezzi approntati ed il fine asseritamene perseguito>, inducono a propendere per il secondo corno dell'alternativa sopra delineata. Ciò implica l'insufficienza, ai fini dell'esclusione del dubbio di ragionevolezza, del mero riscontro che il significato attribuito dalla legge interpretativa corrisponda ad una delle possibili letture del testi originario (riscontro al quale si sono arrestate la citata sentenza n. 22700.06 di questa Corte e le altre che ad essa si sono conformate) e, per converso, sollecita un esame di tutte le peculiarità connotanti la vicenda legislativa in esame. Per la verità, la citata Cass. n. 22700.06 sembra indirettamente sorreggere la ritenuta esclusione del dubbio di costituzionalità - formalmente affidata al semplice riscontro sopra ricordato - anche con l'affermazione che il legislatore del 2004 avrebbe comunque sopperito ad una <aporia del sistemate discendente dall'interpretazione offerta dalle Sezioni Unite di questa Corte nn. 9023 e 9024.2001. Ma siffatta pretesa <aporia>, implicitamente esclusa dalle ora ricordate pronunce delle Sezioni Unite, non sembra essere stata la finalità del legislatore del 2004, almeno stando ai lavori preparatori ed alla testuale formulazione delle disposizione, che espressamente si assegna la finalità di <estinguere il contenzioso giudiziario relativo ai trattamenti corrisposti ad alcune categorie di pensionati ...> e tale finalità assume di perseguire <attraverso il pieno riconoscimento di un equo e omogeneo trattamento a tutti i pensionati iscritti ai vigenti regimi integrativi. E' dunque con riferimento alla suindicata finalità che deve essere scrutinata la concreta vicenda legislativa in esame.

Va al riguardo ricordato come il congiunto normativo, sul quale è intervenuta la legge di interpretazione autentica, dati dal 1992 e come l'intervento legislativo che ad esso autoritativamente attribuisce un dato significato sia intervenuto dopo circa dodici anni. Inoltre, che la norma originaria riguarda i soggetti collocati in pensione entro il 31.12.1990 e dunque una categoria fatalmente destinata a ridursi col trascorrere del tempo e, presumibilmente, assai meno numerosa nel 2004 di quanto non fosse nel 1990. Infine - ciò che maggiormente rileva - che la pluralità di sensi desumibili dal congiunto normativo del 1992 ha dato ben presto luogo ad un nutrito contenzioso giudiziario pervenuto, sin dalla seconda metà degli anni novanta, all'esame di questa Corte che su di esso si è pronunciata con pronunce contrastanti, fonte oggettiva di `incertezza' del diritto e di conseguente nuovo contenzioso. In questa situazione è intervenuta la ricordata pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte del 3 luglio 2001 che, nell'adempimento del compito proprio demandato alle SSUU., ha composto i contrasti interpretativi esistenti assolvendo al ruolo di nomofilachia dalla Costituzione e dalle leggi assegnata alla Corte di Cassazione. Alla pronuncia delle Sezioni Unite si sono prontamente conformate le successive pronunce di questa Corte (cfr. Cass. nn. 734.2002. 1498.2003, 6130.2004, 9432.2004, 11338.2004) e, a giudicare dal contenzioso pervenuto a questa Corte, le giurisdizioni di merito.

In questa concreta situazione, l'intervento legislativo di oltre tre anni successivo alla pronuncia delle Sezioni Unite ed al conseguente assestamento in senso passabilmente univoco della giurisprudenza, rischia non già di `estinguere il contenzioso giudiziario' ma di alimentarlo. Più precisamente, posto che a tre lustri circa e più di distanza dal pensionamento, deve ragionevolmente presumersi del tutto insignificante, se pur esistente, il numero dei pensionati che non abbiano ancora intrapreso azione giudiziaria, il contenzioso sul quale può incidere la legge interpretativa è quello ancora pendente nei vari gradi di giudizio, specie di merito, rispetto al quale la certezza giuridica raggiunta grazie alla pronuncia delle Sezioni Unite aveva offerto un parametro di assestamento e che, per effetto del mutamento del quadro giuridico, riceve nuovo impulso ed incentivo. Il costoso mezzo della legge interpretativa appare in tale luce non solo <sproporzionato> ai fini asseritamente perseguiti, ma addirittura controproducente rispetto ad essi. Ancor più: esso rischia di far dipendere l'assetto definitivo d'interessi tra le parti in conflitto da un fattore - la irragionevole durata della lite - di per sé contraria alla Costituzione (art. 111 comma 2 Cost): la particolare vicenda processuale sulla quale questa Corte è chiamata a pronunciarsi ne costituisce emblematica illustrazione, posto che trattasi di lite iniziata il 23.11.1995. Ancora: l'intervento legislativo in questione introduce - senza ragione attesa l'inesistenza di un'incertezza del dato normativo - una disparità di trattamento tra quanti hanno ottenuto, nei tre anni che separano l'intervento legislativo dalla pronuncia delle Sezioni Unite, una sentenza definitiva e quanti hanno ancora una lite pendente. Infine, lo stesso ruolo nomofilattico della Corte ed il suo coinvolgimento della difficile costruzione della ‘certezza del diritto’ sono sacrificati in assenza di plausibili ragioni, fornendo esca alle spinte, inevitabili in una società pluralistica e frammentata, a premere sul legislatore per piegarne la funzione, non all'imposizione di regole generali e astratte, ma ad un ruolo di giudice di quarta istanza, con ulteriore alimento ad un contenzioso giudiziario alimentato solo nella speranza di un intervento ‘ad hoc'.

11. Altrettanti profili d'irragionevolezza della disposizione in esame, il dubbio sulla cui sussistenza non può dichiararsi manifestamente infondato e che impongono a questa Corte di rimettere alla Corte Costituzionale la questione della rispondenza degli interessi tutelati dalla legge qui impugnata ai valori ricavabili dalla tavola costituzionale (segnatamente dagli artt. 3 in connessione con gli artt. 102 e 111) e\o ad un razionale bilanciamento di essi.

PQM

La CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

 

dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 comma 55 della Legge n. 243.2004 per violazione degli artt. 3,102 e 111 della Costituzione. Sospende il processo in corso. Ordina la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.

Dispone che a cura della Cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti costituite, al Presidente del Consiglio dei Ministri ed ai Presidenti dei due Rami del Parlamento. Così deciso in

 

Roma, in camera di consiglio, addi 19 aprile 2007 (depositato 12 ottobre 2007).

 

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