Inquadramento per aree e insussistenza di dequalificazione nel pubblico impiego privatizzato
 
Cass.,  sez. lav., 2 settembre 2008, n. 22055
 
Dequalificazione per inquadramento in una delle mansioni dell'area contrattuale nel P.I. contrattualizzato - Insussistenza.
 
In tema di inquadramento dei dipendenti pubblici, la riforma comunemente denominata di "privatizzazione", con le norme ora raccolte nel D.Lgs. n. 165 del 2001, ha, da una parte, introdotto direttamente la nozione di area, quale insieme di posizioni professionali associato a plurime qualifiche, anche di diverso livello, ma connotate da elementi di omogeneità (art. 40, comma 2; art. 17 bis); dall'altra, ha affidato, per il resto, allo speciale sistema di contrattazione collettiva nel settore pubblico (vedi Corte cost. n. 199 del 2003) la materia degli inquadramenti. Ed è stato precisato che la disciplina legale della classificazione dei lavoratori pubblici "contrattualizzati" ha carattere speciale rispetto a quella dettata dal codice civile e il sistema di inquadramento per aree sostituisce quello per categorie, di cui all'art. 2095 cod. civ., che parimente può accorpare più qualifiche: vedi Cass. 5 luglio 2005, n. 14193).
La "delega" legislativa è stata esercitata con il CCNL relativo al comparto Enti pubblici non economici - area personale dei livelli - stipulato in data 16.2.1999 per il quadriennio 1998/2001, che ha introdotto il nuovo sistema di classificazione per aree funzionali, accorpando, per quanto interessa, nell'area C le qualifiche funzionali 7^, 8^ e 9^ (art. 13), con la previsione (art. 13, comma 5) di inquadramento del personale di 8^ q.f. nel terzo livello retributivo dell'area C (posizione C 3). Pertanto, l'inquadramento del ricorrente è avvenuto in puntuale applicazione del nuovo sistema di classificazione previsto dal contratto collettivo, della cui legittimità, per quanto detto sopra non è consentito dubitare, e dal quale il contratto individuale non era abilitato a derogare (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 3), non ponendosi neppure, nel caso di specie, il problema del mutamento in peius delle mansioni esercitate in precedenza, atteso che il D. G. non aveva mai svolto i compiti già propri della qualifica funzionale 8^, né, di conseguenza, quello del rispetto di diritti già acquisiti al patrimonio.
 
Svolgimento del processo
1. La sentenza di cui si chiede la cassazione accoglie l'appello dell'Inps contro la decisione n. 83 del 15.2.2002 del Tribunale di Forlì e rigetta la domanda proposta da D.G.F. per ottenere dall'Istituto datore di lavoro il risarcimento del danno da dequalificazione.
2. I giudici dell'appello premettono che il dipendente, vincitore di concorso bandito per la qualifica funzionale 8^, era stato correttamente inquadrato in area C/3, secondo la tabella di corrispondenza prevista dal CCNL di comparto 1998-2001; ritengono, quindi, che legittimamente gli erano state attribuite le mansioni previste dal contratto collettivo per la categoria C/3, non risultando configurabile un diritto a svolgere quelle già proprie della qualifica funzionale VIII, e, di conseguenza, escludono la dedotta dequalificazione sotto il profilo del difetto di compiti di coordinamento di altri dipendenti e dello svolgimento anche di attività prima riservate a qualifiche inferiori.
3. Il ricorso di D.G.F. si articola in due motivi; l'Inps deposita procura speciale ai difensori ed ha partecipato alla discussione della causa.
 
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso è denunciata violazione e falsa applicazione dell'art. 2103 c.c., in relazione all'art. 1418 c.p.c., deducendo altresì vizio della motivazione. Si sostiene che, risultato il ricorrente vincitore di un concorso bandito il 29.1.1999 per il conferimento della qualifica funzionale 8^, doveva reputarsi inadempimento alle obbligazioni assunte con il bando la determinazione n. 1383 del 22.12.1999 che gli attribuiva l'inquadramento nell'area contrattuale C, posizione economica C/3 con decorrenza 30.12.1999, inquadramento recante la previsione di profili professionali inferiori rispetto a quelli ascritti alla 8^ q.f. dal D.P.R. n. 285 del 1988; che aveva, quindi, diritto al conferimento della posizione economica C/4 ed i compiti svolti dovevano reputarsi non rispondenti alla qualifica acquisita, né il contratto collettivo, sia nazionale che integrativo, avrebbe potuto incidere sui diritti già entrati nel patrimonio del lavoratore, dovendosi ritenere affetti da nullità nella parte in cui contemplavano la corrispondenza tra 8^ q.f. e posizione C/3.
2. Con il secondo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione delle norme ora riprodotte nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, in relazione all'art. 1418 c.c., nonché vizio della motivazione, perché l'applicazione dell'art. 2103 c.c., al lavoro pubblico comporta l'obbligo dell'amministrazione di adibire il dipendente a mansioni inerenti alla qualifica, mentre era stato incaricato di compiti non corrispondenti neppure a quelle proprie della categoria C/3.
3. La connessione tra i motivi di censura contenuti nei due motivi di ricorso ne comporta l'esame congiunto, al cui esito la Corte esprime il giudizio di non fondatezza del ricorso.
4. Preliminarmente, va rilevata l'inammissibilità della denuncia relativa all'adibizione a mansioni inferiori rispetto a quelle proprie della categoria C/3, come previste dalla contrattazione collettiva. Il tema risulta estraneo alla motivazione della sentenza impugnata e manca una valida denuncia di violazione dell'art. 112 c.p.c., ovvero di vizi della motivazione.
4.1. Trova applicazione, infatti, il principio di diritto secondo cui, se è vero che la Corte di cassazione, allorquando sia denunciato un error in procedendo è anche giudice del fatto e ha il potere-dovere di esaminare direttamente gli atti di causa, tuttavia, per il sorgere di tale dovere -potere è necessario, non essendo il predetto vizio rilevabile d'ufficio, che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il fatto processuale di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale (vedi, per tutte, Cass. 18 giugno 2007, n. 14133). Più in particolare, affinché possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia, è necessario, da un lato, che al giudice di merito fossero state rivolte una domanda o un'eccezione autonomamente apprezzabili, e, dall'altro, che tali domande o eccezioni siano state riportate puntualmente, nei loro esatti termini, nel ricorso per cassazione, per il principio dell'autosufficienza, con l'indicazione specifica, altresì, dell'atto difensivo o del verbale di udienza nei quali le une o le altre erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primo luogo, la ritualità e la tempestività, e, in secondo luogo, la decisività (Cass. S.u. 28 luglio 2005, n. 15781).
4.2. Sotto il profilo dei vizi di motivazione, difetta la specificità delle censure in ordine alla valutazione, operata dal giudice del merito, del complesso delle mansioni svolte, limitandosi il ricorrente a dolersi di compiti meramente accessori e privi di rilievo ai fini della corrispondenza tra mansioni e qualifica.
5. Le altre critiche alla decisione impugnata sono prive di fondamento giuridico. Il ricorrente, alle dipendenze dell'Inps dall'1.9.1998 e inquadrato in 7^ qualifica funzionale, risultò vincitore del concorso bandito il 29.1.1999 per il conferimento della qualifica funzionale 8^, venendo poi inquadrato in area professionale C/3 con provvedimento 28.12.1999 e decorrenza 30.12.1999.
5.1. Va rilevata, innanzi tutto, l'erroneità della prospettazione secondo cui il bando avrebbe negozialmente obbligato l'amministrazione a conferirgli le mansioni proprie della qualifica 8^. La giurisprudenza della Corte ha precisato che, nel sistema delle qualifiche funzionali di cui alla L. n. 312 del 1980, ciascuna delle quali individuava, per il personale non dirigenziale, un complesso di profili professionali ed un preciso livello di inquadramento del lavoratore, la progressione verticale dall'una all'altra integrava quella novazione del rapporto di lavoro che valeva ad inserire la procedura di selezione nell'ambito di quelle rette da moduli pubblicistici, secondo la previsione di cui all'art. 7 della legge (Cass. S.u. 7 febbraio 2007, n. 2693). Pertanto, nel quadro normativo vigente all'epoca della sua emanazione, il bando di concorso aveva natura di provvedimento amministrativo generale (partecipante della natura di atto inerente a procedura concorsuale di assunzione, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4), rispetto al quale non sono configurabili rapporti caratterizzati dalla coppia diritto - obbligo.
5.2. In tema di inquadramento dei dipendenti pubblici, la riforma comunemente denominata di "privatizzazione", con le norme ora raccolte nel D.Lgs. n. 165 del 2001, ha, da una parte, introdotto direttamente la nozione di area, quale insieme di posizioni professionali associato a plurime qualifiche, anche di diverso livello, ma connotate da elementi di omogeneità (art. 40, comma 2; art. 17 bis); dall'altra, ha affidato, per il resto, allo speciale sistema di contrattazione collettiva nel settore pubblico (vedi Corte cost. n. 199 del 2003) la materia degli inquadramenti. Ed è stato precisato che la disciplina legale della classificazione dei lavoratori pubblici "contrattualizzati" ha carattere speciale rispetto a quella dettata dal codice civile e il sistema di inquadramento per aree sostituisce quello per categorie, di cui all'art. 2095 cod. civ., che parimente può accorpare più qualifiche: vedi Cass. 5 luglio 2005, n. 14193).
5.3. La "delega" legislativa è stata esercitata con il CCNL relativo al comparto Enti pubblici non economici - area personale dei livelli - stipulato in data 16.2.1999 per il quadriennio 1998/2001, che ha introdotto il nuovo sistema di classificazione per aree funzionali, accorpando, per quanto interessa, nell'area C le qualifiche funzionali 7^, 8^ e 9^ (art. 13), con la previsione (art. 13, comma 5) di inquadramento del personale di 8^ q.f. nel terzo livello retributivo dell'area C (posizione C 3). Pertanto, l'inquadramento del ricorrente è avvenuto in puntuale applicazione del nuovo sistema di classificazione previsto dal contratto collettivo, della cui legittimità, per quanto detto sopra non è consentito dubitare, e dal quale il contratto individuale non era abilitato a derogare (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 3), non ponendosi neppure, nel caso di specie, il problema del mutamento in peius delle mansioni esercitate in precedenza, atteso che il D. G. non aveva mai svolto i compiti già propri della qualifica funzionale 8^, né, di conseguenza, quello del rispetto di diritti già acquisiti al patrimonio.
6. Sussistono giusti motivi, ravvisati nella natura della questione trattate e nel diverso esito dei giudizi di merito, per compensare per l'intero le spese del giudizio di cassazione.
 
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa per l'intero le spese e gli onorari del giudizio di cassazione. Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2008
 
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