La lunga durata del demansionamento costituisce prova presuntiva del danno professionale

 

Cass., sez. lav.,  20 ottobre 2006 n. 22551 – Pres. Est. Lupi  Rel. Balletti – P.M. Sepe (conf.) –  Cutaia A., Romito D. (avv. Cipriani, Crugnola, Imberti) c. Telecom Italia SpA (avv. Maresca, Tosi).

 

Demansionamento di durata pressoché triennale – La lunga durata costituisce prova presuntiva di danno alla professionalità (attitudine al disimpegno di mansioni più qualificate, perdita di valore sul mercato del lavoro) - In conformità all’orientamento di Cass. SU n. 6572/2006.

 

La Corte d’Appello ha accertato per le ricorrenti che la dequalificazione protratta per circa tre anni implicava una perdita di professionalità che si risolveva in un danno patrimoniale derivante dalla conseguente perdita di valore sul mercato del lavoro.

La logicità di questo accertamento di fatto – conforme alle statuizioni di Cass. sez. un. n. 6752 che conferisce ai fini della prova del danno da demansionamento precipuo rilievo alle presunzioni -  fondato evidentemente sulla presunzione che lo svolgimento di un attività meno qualificata faccia venir meno o comunque diminuisca l'attitudine a mansioni più qualificate e che il valore di mercato di un lavoratore si fonda sul suo curriculum professionale, non è stato specificamente contestato dalla società ricorrente che si è limitata a citare giurisprudenza sulla necessità della prova del danno, quando questo era stato specificamente accertato alla stregua di presunzioni.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

Con sentenza del 6.12.20021a Corte di Appello di Milano, decidendo sugli appelli riuniti proposti da Telecom Italia nei confronti di Taddei Anna, da Agata Cutaia, Dina Romito e Alessio Zuccola nei confronti di Telecom Italia avverso sentenze del Tribunale di Milano, rigettava la domanda dello Zuccola, confermando le sentenze di primo grado per le altre lavoratrici.

Osservava in motivazione che era stato accertato che dal luglio 1997 le dipendenti,che in precedenza erano state addette a servizi del 187 e del 12 in modo promiscuo, erano state adibite unicamente al servizio del 12 con depauperamento professionale in quanto i servizi del 187 erano più qualificanti risolvendosi in interventi diversificati dell'addetto al contatto con il pubblico, riteneva quindi che la dequalificazione in atto da oltre tre anni avesse determinato una perdita di professionalità con conseguente danno patrimoniale consistente in una perdita di valore sul mercato del lavoro, danno correttamente contenuto in percentuali minori rispetto alla Taddei per le ricorrenti Romito e Cutaia.

Propongono ricorso per cassazione affidato ad un motivo Agata Cutaia e Dina Romito; La Telecom resiste con controricorso e propone ricorso incidentale affidato ad un complesso motivo nei confronti di Taddei Anna, nonché di Cutaia Agata e Romito Dina. Resiste con controricorso al ricorso incidentale la Taddei. La Telecom ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi avverso la medesima sentenza vanno riuniti ex art.335 c.p.c..

Il ricorso incidentale della Telecom avverso Taddei Anna va dichiarato inammissibile perché tardivo. Infatti le cause delle dipendenti nei confronti della Telecom sono state riunite in appello per connessione impropria ex art.274 cp.c. per identità delle questioni che ponevano, ma restano cause autonome e pertanto scindibili.

Consegue che il termine annuale per l'impugnazione decorre per ciascuna di esse e non è ammissibile l'impugnazione incidentale tardiva.

L'impugnazione incidentale tardiva contro parte diversa dall’impugnante principale è ammissibile solo ove si tratti di cause inscindibile o dipendenti ai sensi dell'art. 331 c.p.c., mentre è preclusa se proposta contro soffietti ceri l'impugnazione sta stata notificata in cause scindibili ex art. 332 c. p. c.. Cass. n.6521 del 2003.

Nella specie la sentenza impugnata è stata depositata il 6.12. 2002 e il ricorso incidentale, notificato il 14.1.2004 oltre il termine annuale di cui all'art.327 c.p.c., va dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo.

Passando all'esame dei contrapposti ricorsi di Agata liutaia e Dina Romito e della Telecom la questione della prova del danno conseguente alla dequalificazione proposta dalla ricorrente incidentale precede logicamente quella della sua valutazione proposta dalle lavoratrici.

Con l'unico motivo, oltre la questione ormai superata della diversa e maggiore misura della danno liquidato alla Taddei, si propone per tutte le lavoratrici la questione della mancata prova del danno, richiamando giurisprudenza di questa Corte che assume necessaria la prova del danno da dequalificazione escludendo che esso consegua automaticamente e necessariamente alla dequalificazione, cioè sia in re ipsa.

Sulla questione sono recentemente intervenute le Sezioni Unite della Corte con sentenza n.6572 del 2006 affermando i seguenti principi:

"In tema di demansionamento e di dequalificazione il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, che asseritamente ne deriva - non ricorrendo in tutti i casi di inadempimento datoriale - non può prescindere da una specifica allegazione nel ricorso introduttivo del giudizio sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio medesimo; mentre il risarcimento del dorino biologico è subordinato alla esistenza di una lesione della integrità psicofisica medicalmente accertabile, il danno esistenziale - da intendere ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva  ed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare areddituale del soggetto, va dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall'ordinamento, assumendo peraltro precipuo rilievo la prova per presunzioni".

Nella specie le lavoratrici con i ricorsi introduttivi avevano adempiuto all'onere di allegazione, precisato nella motivazione della predetta sentenza deducendo il danno professionale, per perdita di valore sul mercato del lavoro, per perdita di possibilità di carriera ed il danno alla personalità o esistenziale. Passato in giudicato l'accertamento della dequalificazione professionale per il passaggio da una attività, che secondo la Corte territoriale consisteva nel fornire informazioni anche di natura contrattuale al pubblico, promozione e vendita di servizi, ad una di mera ricerca di numeri telefonici ed indirizzi su elenchi , la Corte medesima ha accertato per la Cutaia e Romito che la dequalificazione protratta per circa tre anni implicava una perdita di professionalità che si risolveva in un danno patrimoniale derivante dalla conseguente perdita di valore sul mercato del lavoro.

La logicità di questo accertamento di fatto, fondato evidentemente sulla presunzione che lo svolgimento di un attività meno qualificata faccia venir meno o comunque diminuisca l'attitudine a mansioni più qualificate e che il valore di mercato di un lavoratore si fonda sul suo curriculum professionale, non è stato specificamente contestato dalla società ricorrente che si è limitata a citare giurisprudenza sulla necessità della prova del danno, quando questo era stato specificamente accertato alla stregua di presunzioni.

Il ricorso incidentale va pertanto rigettato.

Passando all'esame del ricorso della Cutaia e della Romito, con l'unico motivo di ricorso, deducendo violazione degli artt.2103, 1226 e 1227 c.c., 2087 e 2043 c.c., le ricorrenti lamentano la contraddittorietà della sentenza che per esse ha ritenuto il concorso di colpa nel determinazione del danno, sia per il ritardo nella proposizione dell'azione giudiziaria sia per non avere mai lamentato in precedenza la dequalificazione, mentre per la Taddei era stato escluso ed in altre sentenze della medesima Corte su vicende analoghe detto concorso di colpa era stato escluso. Richiamano poi alcune sentenze di questa Corte che hanno escluso che il ritardo nella proposizione dell'azione giudiziaria costituisca fatto colposo.

Le censure sono infondate.

Va innanzi tutto escluso che il contrasto di una sentenza con altra del medesimo giudice su controversia analoga costituisca vizio di contraddittorietà, dovendosi questo riferire unicamente al contenuto della decisione impugnata.

In questa l'esclusione del concorso di colpa della Taddei è fondato sul solo ritardo nella proposizione della domanda giudiziale. Per le ricorrenti invece diversi sono i presupposti di fatto dell'accertamento del concorso di colpa del debitore nel cagionare il fatto che si fonda sul rilievo congiunto del ritardo della proposizione dell'azione giudiziaria, che la Corte afferma che da solo è insufficiente, e sulla mancanza di un invito all'azienda per eliminare la situazione illegittima.

La diversa valutazione delle due situazioni non appare illogica essendo ben diversa la condizione del debitore avvisato da quello che non è stato messo a conoscenza della pretesa del creditore. Va ancora aggiunto che più volte questa Corte ha ritenuto che il ritardo nella proposizione dell'azione giudiziaria può essere ritenuto comportamento colposo, cfr. Cass. 15838 del 2002, 6867 del 1998, n. 320 del 1992, e che quelle di segno diverso citate dal ricorrente non evidenziano un errore giuridico della sentenza impugnata che ha escluso il comportamento colposo per il solo ritardo.

Al rigetto dei contrapposti ricorsi segue la compensazione delle spese del giudizio di cassazione.

PTM

La Corte, riunisce i ricorsi, dichiara inammissibile il ricorso incidentale nei confronti di Taddei Anna. Rigetta il ricorso di Cutaia Agata e Romito Dina e quello della Telecom. Condanna la Telecom alle spese del giudizio di legittimità nei confronti di Taddei Anna che liquida in € 18,00  oltre € 2000 di onorario, spese generali IVA e CAP, compensa le spese tra la Cutaia e la Romito e la Telecom.

 

Così deciso il 17 ottobre 2006 (depositato il 20.10.2006)

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