La Cassazione rimedia agli errori dei Sindacati del settore delle Poste

 

Cass., sez. lav., 10 dicembre 2009 n. 25897

 

Riclassificazione contrattuale con fungibilità tra le aree - Non preclude la ricerca dell'equivalenza legale tra le mansioni di fatto disimpegnate in precedenza e successivamente - Prevalenza dell'art. 2103 c.c. sulle pattuizioni contrattuali di fungibilità.

 

L’inderogabilità della disciplina legale si atteggia anche a limite per la contrattazione collettiva, sicché l’eventuale accorpamento, da parte della contrattazione collettiva, in un’unica categoria (qualifica o area) di plurime mansioni, anche di diversa professionalità e livello, rende sì applicabile alle stesse la medesima disciplina collettiva che a tale categoria faccia riferimento, ma non è di ostacolo alla operatività della disciplina legale di carattere inderogabile dell’art. 2103, primo comma c.c., che preclude la previsione di una indiscriminata fungibilità delle mansioni, per il sol fatto di tale accorpamento convenzionale.

Anche tra mansioni appartenenti alla medesima qualifica prevista dalla contrattazione collettiva opera la garanzia dell’art. 2103 c.c. e, pertanto, il lavoratore addetto a determinate mansioni non può essere assegnato a mansioni nuove e diverse che compromettano la professionalità raggiunta, ancorché rientranti nella medesima qualifica contrattuale.

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza in data 14.4/6.9.2005 la Corte di appello di Bologna, in riforma della sentenza resa dal Tribunale della stessa sede l’1.9.2003, rigettava la domanda proposta da Brigida L., dipendente delle Poste Italiane spa, ai fini dell’assegnazione a mansioni equivalenti a quelle precedentemente svolte, come V livello, nonché al risarcimento del danno sofferto sino all’effettiva reintegrazione nelle mansioni suddette.

Osservava in sintesi la corte territoriale che, nella nuova classificazione del personale introdotta dal CCNL del 26.11.1994, non poteva ritenersi ancora operante la distinzione in categorie prevista dal vecchio ordinamento pubblicistico, né attribuirsi a quest’ultima una perdurante efficacia ai fini dell’individuazione e della graduazione delle varie professionalità nell’ambito delle nuove aree, venendo in rilievo, in particolare, all’interno delle aree di base ed operativa, una piena equivalenza di mansioni. Con la conseguenza che nessuna influenza poteva, fra l’altro, dispiegare la circostanza che la dipendente, che, all’atto dell’assunzione, si era impegnata a svolgere tutte le mansioni comprese nell’area di inquadramento, avesse frequentato un corso di formazione prima dell’adibizione a parte delle stesse, o che la società datrice di lavoro, nel ricollocare i dipendenti addetti a mansioni di terminalisti, avesse fatto riferimento alla categoria (V) cui erano in precedenza inseriti, trattandosi di circostanza posta a salvaguardia delle professionalità già acquisite, ma irrilevante con riferimento alle nuove classificazioni del personale.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso Brigida L. con due motivi.

Resistono con controricorso le Poste Italiane spa.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cpc in relazione all’art. 2103 cc, che la corte territoriale ha erroneamente ritenuto che la previsione contrattuale di un’unica area (c.d. operativa), nella quale sono confluite le categorie IV, V, e VI, e l’intercambiabilità del personale tra i vari settori operativi, fosse di per sé idonea a garantire l’equivalenza delle mansioni, omettendo di accertare se le nuove mansioni fossero in concreto aderenti alla specifica competenza del dipendente, salvaguardandone il livello professionale acquisito, per come necessario anche in caso di riclassamento del personale, allorché la contrattazione collettiva provveda alla ridefinizione delle categorie e dei profili professionali, accorpando mansioni qualitativamente diverse.

Con il secondo motivo, svolto in relazione agli stessi parametri, ma deducendo anche vizio di motivazione, la ricorrente ribadisce che la corte bolognese ha provveduto a comparare le nuove mansioni con quelle in precedenza svolte solo sotto il profilo dell’inquadramento astratto nel livello di categoria, omettendo alcun concreto accertamento comparativo delle stesse rispetto al livello professionale acquisito nella precedente fase del rapporto.

Il ricorso, i cui motivi ben possono esaminarsi congiuntamente, in quanto connessi, è meritevole di accoglimento.

Deve, al riguardo, preliminarmente rammentarsi come, con riferimento alla compatibilità rispetto al precetto cogente dell’art. 2103 cc della clausola di fungibilità prevista nell’art. 46 del CCNL 26.11.1994 per i dipendenti postali, le Sezioni Unite di questa Corte (SU n. 25033/2006) abbiano convincentemente confermato l’indirizzo che, se ben può la disciplina collettiva prevedere il reinquadramento in una nuova unica qualifica di lavoratori in precedenza inquadrati in qualifiche distinte, con conseguente parificazione del trattamento economico e normativo riferibile alla nuova qualifica, ciò non implica necessariamente che insorga anche un rapporto di equivalenza tra tutte le mansioni rientranti nella qualifica.

L’inderogabilità della disciplina legale si atteggia, infatti, anche a limite per la contrattazione collettiva, sicché l’eventuale accorpamento, da parte della contrattazione collettiva, in un’unica categoria (qualifica o area) di plurime mansioni, anche di diversa professionalità e livello, rende sì applicabile alle stesse la medesima disciplina collettiva che a tale categoria faccia riferimento, ma non è di ostacolo alla operatività della disciplina legale di carattere inderogabile dell’art. 2103, primo comma cc, che preclude la previsione di una indiscriminata fungibilità delle mansioni, per il sol fatto di tale accorpamento convenzionale.

Anche tra mansioni appartenenti alla medesima qualifica prevista dalla contrattazione collettiva opera la garanzia dell’art. 2103 cc e, pertanto, il lavoratore addetto a determinate mansioni non può essere assegnato a mansioni nuove e diverse che compromettano la professionalità raggiunta, ancorché rientranti nella medesima qualifica contrattuale. E ferma restando la possibilità per la contrattazione collettiva di individuare meccanismi convenzionali di mobilità orizzontale, prevedendo, con apposita clausola, la fungibilità funzionale fra le mansioni per sopperire a contingenti esigenze aziendali ovvero per consentire la valorizzazione della professionalità potenziale di tutti i lavoratori inquadrati nella qualifica.

Di tale indirizzo interpretativo la sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione.

Ha ritenuto, infatti, la corte territoriale che il principio di tutela della professionalità acquisita, che, per come si è detto, resta impregiudicato pur in presenza di un accorpamento convenzionale delle mansioni, è utilmente (anche se “problematicamente”) predicabile con riferimento ai lavoratori assunti sotto il vigore del precedente ordinamento professionale (per i quali, con riferimento a specifici percorsi di accrescimento professionale, “può forse sussistere l’esigenza di una loro concreta valutazione ai fini della formulazione del giudizio di equivalenza inerente le varie mansioni comprese nell’area di inquadramento”), ma non anche “per la nuova classificazione del personale” (dal momento che i dipendenti assunti nel vigore della nuova disciplina contrattuale “si sono impegnati a svolgere tutte le mansioni comprese nell’area di inquadramento…”).

Ma, in realtà, il principio dell’equivalenza professionale, in quanto riflesso di valori fondamentali di tutela del lavoro, si impone, per come hanno confermato le SU, anche rispetto alla nuova classificazione del personale, senza che sia possibile distinguere fra vecchi e nuovi assunti, trattandosi di precetto destinato ad operare anche rispetto alla nuova disciplina collettiva e alla regolamentazione del reinquadramento del personale dalla stessa realizzato.

L’erronea prospettiva giuridica adottata dalla corte territoriale ha finito, peraltro, col riverberarsi (per come lamenta la ricorrente) sul piano dell’idoneità della motivazione, in quanto si è, in definitiva, omesso di accertare se, anche con riferimento alla posizione della stessa, sussistessero esigenze di salvaguardia della professionalità acquisita alla luce dei percorsi formativi evidenziati, ed, in particolare, di individuare, alla luce della sua “storia professionale”, quali fossero le mansioni di riferimento per verificare l’osservanza dell’art. 2103 cc, indipendentemente dall’obbligo dalla stessa assunto, al momento dell’avviamento al lavoro, di svolgere tutte le mansioni inerenti alla qualifica di inquadramento.

E tanto più se si considera che la ricorrente aveva evidenziato che, dopo aver inizialmente svolto sia mansioni di recapito, che di sportello, era stata successivamente stabilmente inserita, dopo aver frequentato apposito corso, presso la Postel di Bologna, con compiti di programmatore sui terminali e che, successivamente alla soppressione di tale reparto, tutto il personale era stato convenzionalmente suddiviso in livelli, con riutilizzazione in attività di sportello dei dipendenti già adibiti a mansioni sui terminali, in attività di recapito dei dipendenti già addetti all’apertura e chiusura dei sacchi, fatta eccezione per quelli assunti con contratto di formazione e lavoro, che erano stati utilizzati, nonostante la pregressa adibizione ai terminali, per il recapito.

La sentenza impugnata va, pertanto, cassata e la causa rimessa per nuovo esame ad altro giudice di pari grado, che, provvedendo anche in ordine alle spese, si atterrà al seguente principio di diritto:

“Il principio di tutela della professionalità acquisita - che resta impregiudicato pur in presenza di un accorpamento convenzionale delle mansioni, per precludere la disciplina legale di carattere inderogabile dell’art. 2103, primo comma cc la previsione di una indiscriminata fungibilità delle mansioni per il sol fatto di tale convenzionale accorpamento - impone al giudice di merito di accertare, alla stregua di tutte le circostanze ritualmente allegate ed acquisite al processo, le esigenze di salvaguardia della professionalità acquisita prospettate dal lavoratore, sulla base dei percorsi di accrescimento professionale dallo stesso evidenziati, ed, in particolare, di individuare, alla luce della sua “storia professionale”, quali fossero le mansioni di riferimento per verificare l’osservanza dell’art. 2103 cc, indipendentemente dall’obbligo dallo stesso assunto, al momento dell’avviamento al lavoro, di svolgere tutte le mansioni inerenti alla qualifica di inquadramento”.

 

P.Q.M.

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolamentazione delle spese, alla Corte di appello di Firenze.

 

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Nota dell'Avv. Daniele Iarussi a Cassazione 10 dicembre 2009, n. 25897

Sulla non coincidenza concettuale tra l’equivalenza di mansioni e la medesima qualifica contrattuale ai fini del demansionamento dei lavoratori

In tema di demansionamento professionale, ed in particolare sulla non coincidenza tra il concetto di “equivalenza di mansioni” e “medesima qualifica contrattuale”, 25897.09 rammenta come, con riferimento alla compatibilità rispetto al precetto cogente dell'art. 2103 c.c. della clausola di fungibilità prevista nell'art. 46 del CCNL 26.11.1994 per i dipendenti postali, le Sezioni Unite della Suprema Corte (SU n. 25033/2006) abbiano convincentemente confermato l'indirizzo che, se ben può la disciplina collettiva prevedere il reinquadramento in una nuova unica qualifica di lavoratori in precedenza inquadrati in qualifiche distinte, con conseguente parificazione del trattamento economico e normativo riferibile alla nuova qualifica, ciò non implica necessariamente che insorga anche un rapporto di equivalenza tra tutte le mansioni rientranti nella qualifica. L'inderogabilità della disciplina legale si atteggia, infatti, anche a limite per la contrattazione collettiva, sicché l'eventuale accorpamento, da parte della contrattazione collettiva, in un'unica categoria (qualifica o area) di plurime mansioni, anche di diversa professionalità e livello, rende sì applicabile alle stesse la medesima disciplina collettiva che a tale categoria faccia riferimento, ma non è di ostacolo alla operatività della disciplina legale di carattere inderogabile dell'art. 2103, primo comma c.c., che preclude la previsione di una indiscriminata fungibilità delle mansioni per il sol fatto di tale accorpamento convenzionale. Anche tra mansioni appartenenti alla medesima qualifica prevista dalla contrattazione collettiva opera la garanzia dell'art. 2103 c.c. e, pertanto, il lavoratore addetto a determinate mansioni non può essere assegnato a mansioni nuove e diverse che compromettano la professionalità raggiunta, ancorché rientranti nella medesima qualifica contrattuale. E ferma restando la possibilità per la contrattazione collettiva di individuare meccanismi convenzionali di mobilità orizzontale, prevedendo, con apposita clausola, la fungibilità funzionale fra le mansioni per sopperire a contingenti esigenze aziendali ovvero per consentire la valorizzazione della professionalità potenziale di tutti i lavoratori inquadrati nella qualifica. 

Daniele Iarussi

(fonte:LaPrevidenza.it, 08/02/2010)

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