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La Corte di Cassazione sembrerebbe che abbia - tramite la soprariferita sentenza - stilato un vademecum su quelle che debbono essere le regole per ottenere il risarcimento del danno in caso di mobbing in ufficio. Secondo la Corte, per evitare cause inutili, occorre considerare in primo luogo che per "per 'mobbing' si intende una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili, che finiscono per assumere forme di prevaricazione e di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l'emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità". Fatta questa precisazione la Corte (sentenza 3785/2009) spiega che per avere maggiori possibilità di successo in una causa per mobbing occorre innanzitutto che vi sia una "molteplicità dei comportamenti a carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio".
In secondo luogo occorre sapere che per poter parlare di mobbing occorre che una determinata azione sia stata lesiva "della salute o della personalità del dipendente". Ma non basta, la Suprema Corte sottolinea anche la necessità di accertare l'esistenza del "nesso eziologico tra la condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico e il pregiudizio all'integrità psico-fisica del lavoratore". Da ultimo occorre avere la prova dell'elemento soggettivo ossia dell'intento persecutorio. E' stato così respinto il ricorso di un postino che nel fare causa alle poste per un infortunio aveva anche sostenuto di essere stato vittima di vari episodi di mobbing. La Cassazione pur avendo accertato che vi erano stati dei contrasti tra la dirigente d'ufficio e il lavoratore, tali contrasti di per sé "non sono tali da provare la sussistenza di un intento vessatorio del dirigente dell'ufficio".
(Data: 03/09/2009 9.00.00 - Autore: Roberto Cataldi)
Sull'elemento soggettivo nella definizione del mobbing
[1] Sulla necessaria continuità delle azioni lesive a danno del lavoratore per configurare la condotta di mobbing, Cass. 9 settembre 2008 n. 22858, in questa rivista 2009, 269, con nota di C. Carnovale, Sulla nozione di mobbing; Trib. Milano 30 giugno 2006, in «Or. giur. lav.» 2006, 3, 57; Trib. Milano 6 maggio 2005, ibidem 2005,1, 327; Trib. Milano 29 ottobre 2004, ibidem 2004,1, 889; Trib. Milano 31 luglio 2003, in «Lav. giur.» 2004,402.
[2] Sulla definizione di mobbing quale strategia ovvero disegno complessivo di vessazione psicologica e non singola azione, Trib. Trapani 30 maggio 2008, in «Giur. merito» 2009, 396; Trib. Milano 29 febbraio 2008, in «Il merito» 2008, 9, 16; Trib. Milano 30 giugno 2006, in «Lav. giur.» 2007, 423; Cass. pen. 8 marzo 2006, n. 31413, ibidem 2007, 1, 39 con nota di Piovesana; Trib. Forlì 28 gennaio 2005, ibidem 2006, 370 con nota di Nunin; App. Torino 25 ottobre 2004, in «Riv. crit. dir. lav.» 2005, 181 con nota di SCORCELLI.
[3] Trib. Tivoli 23 gennaio 2007, in «Riv. crit. dir. lav.» 2007, 1136; Trib. Milano 12 agosto 2006, in «Or. giur. lav.» 2006, 638; Trib. Milano 15 maggio 2006, ibidem 2006, 374; Trib. Milano 18 febbraio 2006, ibidem 2006, 152; Trib. Milano 4 gennaio 2006 in «Riv. crit. dir. lav.» 2006, 486.
[4] Trib. Milano 3 luglio 2007, in «Or. giur. lav.» 2007. 523.
[5] App. Milano, 21 giugno 2006, in «Lav. giur.» 2007,423.
[6] A. Vallebona, Mobbing: qualificazione, oneri probatori e rimedi, in questa rivista 2006, 10 afferma che non possano essere considerate illecite condotte avvertite come lesive dal lavoratore solo nell'ambiente di lavoro oppure solo a causa della propria fragilità nei rapporti interpersonali.
[7] Trib. Milano 19 ottobre 2005, in «Or. giur. lav.» 2005, 766; Cass. 2 maggio 2000, n. 5491, in «Lav. giur.» 2000, 830 con nota di Nunin.
[8] Sull'applicazione dell'art. 2697 cc. con conseguente obbligo dell'interessato di provare tutti gli elementi costitutivi del mobbing, Tar Sardegna 12 gennaio 2009, 11, in «Red. amm. Tar» 2009, 1.
[9] Sulla riconduzione del mobbing alla violazione dei doveri del datore di lavoro con riferimento all'art. 2087 cc. Trib. Grosseto 22 febbraio 2007, in «Lav. giur.» 2007, 1151: Trib. Milano 20 luglio 2006, in «Or. giur. lav.» 2006, 577; Cass. 23 marzo 2005, n. 6326, in «Giust. civ. - Mass.» 2005, 4; Trib. Campobasso 16 gennaio 2004, in «Riv. crit dir. lav.» 2004, 107. Anche il giudice delle leggi si è espresso ribadendo che il fenomeno del mobbing è riconducibile alla fattispecie di cui all'art, 2087 cc. in Corte cost. 19 dicembre 2003, n. 359 in questa rivista 2004, 297 con nota di Lanotte.
[10] Trib. Milano 30 settembre 2006, n. 2949, in «Giustizia a Milano» 2006, 1066; Trib. La Spezia 13 maggio 2005, in «Giur. it.» 2006,726 con nota di Viziou; Trib. Forlì 10 marzo 2005, in «Dir. giust» 2005, 23, 46.
[11] In tal senso, R. Del Punta, Diritti della persona e contratto di lavoro, Relazione Convegno Aidlass 2006, 24. Sempre secondo Del Punta, l'art. 2087 ce ha il pregio di qualificare la condotta non in base al suo contenuto, ma in considerazione del bene protetto, op. cit.
[12] In dottrina, A. Vallebona, Allegazioni e prove nel processo del lavoro, 2006, 33: Tar Lazio, Roma, Sez. III, 11 giugno 2007, n. 5303, in «Foro amm. Tar» 2007, 6, 2079: Tar Lazio, Roma, Sez. III, 10 maggio 2007, n. 4251, ibidem 2007, 1671: Cass. 25 maggio 2006, n. 12445, in «Riv. it. dir. lav.» 2007. 68 con nota di L. Valente. Dimissioni per g.c. e risarcimento dei danni: i conseguenti oneri di allegazione e prova del lavoratore e di prova liberatoria del datore nell'azione risarcitorìa per violazione dell'obbligo di sicurezza; Trib. Milano 28 febbraio 2003, in «Riv. crit. dir. lav.» 2003, 655.
[13] Cass. 25 maggio 2006, n. 12445, cit.
[14] Sulla responsabilità del datore di lavoro anche con riguardo ai colleghi di lavoro del dipendente, Cass. 29 agosto 2007, n. 18262, in «Guida dir.» 2007, 38, 30; Cass. 20 luglio 2007, n. 16148, in «Foro it.» 2007, I, 2685; Trib. Forlì 10 marzo 2005, in «Dir. giust.» 2005 23,46.
[15] Sull'onere a carico del lavoratore di informare il datore di lavoro dei comportamenti vessatori subiti, onere funzionale a generare consapevolezza nel datore di lavoro circa gli effetti nocivi delle pratiche aziendali denunciate dal dipendente, Trib. Milano 19 ottobre 2005, in «Or. giur. lav.» 2005, 766.
[16] In tal senso, Trib. Forlì 15 marzo 2001, in «Riv. iL dir. lav.» 2001, II, 728 con nota di M. Vinceri.
[17] Cass. 6 marzo 2006, n. 4774, in «Riv. it. dir. lav.» 2006, II, 562 con nota di M. Parpaglioni, Mobbing: definizione, tipologie di danno, onere di allegazione e di prova del danno esistenziale.
[18] Cass. 20 maggio 2008, n. 12735 in «Dir. giust.» 2008. Contra sulla ritenuta sussistenza del dolo specifico del mobber, Trib. Trieste 10 dicembre 2003, in «Lav. giur.» 2004, 1183 con nota di Nunin; Trib. Como 22 febbraio 2003, in questa rivista 2003, 328 con nota di Beretta; Trib. Como 22 maggio 2001, in «Lav. giur.» 2002,73 con nota di Ege. Sulla assenza di mobbing nel caso in cui i comportamenti non possano essere considerati dolosi, Trib. Siena 19 aprile 2003, in «Lav. pubbl. amm.» 2003,575 con nota di Cundari; Trib. Milano 20 maggio 2000, in «Lav. giur.» 2001, 367 con nota di Nunin.
[19] Grava sul lavoratore l'onere di provare l'inadempimento del datore di lavoro all'obbligo di cui all'art. 2087 cc. mentre non occorre che dimostri anche la sussistenza della colpa del datore di lavoro inadempiente gravando su quest'ultimo il diverso onere di provare che l'evento lesivo sia dipeso da un fatto a lui non imputabile in Cass. 6 luglio 2002, n. 9856, in «Giust civ. - Mass.» 2002, 1181; Cass. 5 febbraio 2000, n. 1307, in questa rivista 2000, 1169 con nota di Santoro Passarelli.
[20] In dottrina, D. GAROFALO, Mobbing e tutela del lavoratore tra fondamento normativo e tecnica risarcitoria, in Scritti in memoria di Massimo D'Antona, Milano 2004.
[21] Pur mancando una precisa figura incriminatrice penale, la condotta di mobbing è stata assimilata a quella dei maltrattamenti commessi da persona dotata di autorità per l'esercizio di una professione e, quindi, è stato ritenuto applicabile l'art. 572 cp. che richiede quale elemento soggettivo il dolo generico in Cass. pen., 9 luglio 2007, n. 33624, in «Riv. it. dir. lav.» 2008,409 con nota di Giappichelli, Sull'atipicità dei mobbing e il suo possibile rilievo penale quale delitto di violenza privata ex art. 610 cp., Cass. pen. 8 marzo 2006, n. 31413 cit.
[22] Si veda G. Pera, Angherie e inurbanità negli ambienti di lavoro, in «Riv. it dir. lav.» 2001,1, 291.
[23] Se la tutela invocata attenga a diritti soggettivi derivanti direttamente dal rapporto di lavoro, la responsabilità va ricondotta alla violazione degli obblighi contrattuali, Cass., Sez. Un., 4 maggio 2004, n. 8438, in questa rivista 2004, 554 con nota di Mannacio.
[24] M. Meucci, Alcuni punti fermi in tema di oneri probatori del demansionamento e del mobbing, in «Riv. crit. dir. lav.» 2008, 639 afferma che la prova dell'intenzionalità persecutoria del mobber sarebbe diabolica.
[25] Così come avviene in caso di lamentata discriminazione o comportamento antisindacale, A. Vallebona, Mobbing senza veli, in «Dir. rel. ind.» 2005, 1051. Sulla sufficienza e idoneità delle azioni mobbizzanti ad arrecare pregiudizio, indipendentemente dall'indagine sulla volontà o intenzionalità dell'elemento psicologico del mobber v. R. Scognamiglio, in Mobbing. Profili civilistici e giuslavoristici, in questa rivista 2006, 5, nonché dello stesso Autore A proposito di mobbing, in «Riv. it. dir. lav.» 2004,1, 503, il quale sostiene che il profilo doloso possa costituire un elemento aggravante la responsabilità del mobber in termini risarcitori.
[26] Secondo Del Punta, op. cit. il riferimento all'effetto sembra mettere fuori gioco la possibilità di far penetrare nella fattispecie il dolo, tanto generico quanto, a maggior ragione, specifico.
[27] Del Punta op. cit.
[28] È l'opinione di P. Ichino, in Il contratto di lavoro, 2003, II, 86.
[29] Su questi aspetti, cfr. N. Recupero, Il mobbing in Italia. Terrorismo psicologico nei rapporti di lavoro, 2001.
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