Via libera alla pubblicazione di sentenze integrali sul web, se non c’è stata preventiva richiesta di omettere le generalità

 

Cass., Quinta sezione Penale, 29 gennaio 2009, n. 4239 – Pres. Ambrosini – Rel. Iacobellis

 

Via libera alla pubblicazione di sentenze integrali sul web, se non c’è stata preventiva richiesta alla magistratura emittente di omettere le generalità.

 

Svolgimento del processo e motivi della decisione

 

Il tribunale di Avezzano, il 26/10/2007, in riforma della sentenza del giudice di Pace di Avezzano del 29/12/2005, dichiarava (...) colpevole del reato di ingiuria in danno di (...). All’esito di uno scambio di e-mail tra lo (...) e l’O. relativamente alla pubblicazione di una sentenza di condanna emessa - nei suoi confronti - dalla Corte dei Conti, pubblicata sul sito web di informazione giuridica curato dall’(...), il (...) aveva inviato all’(...) una e-mail contenente l’espressione: “Lei sarà avvocato ma è ignorante; ....ignorante quindi ed imbroglione”.

Il tribunale, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di pace, escludeva l’esistenza dei presupposti di cui all’art. 599 c.p.. Quanto al “fatto ingiusto” il tribunale affermava che la pubblicazione della sentenza di condanna del (...) era avvenuta nel rispetto della normativa vigente e che “secondo il contenuto delle e-mail in atti”, la p.o. aveva manifestato sin dall’inizio la propria volontà di provvedere alla tempestiva rettifica, richiedendo al (...) gli estremi della sentenza di revocazione. Quanto all’”immediatezza”, riteneva che tra la censurata reazione e la detta pubblicazione al momento dei fatti era intercorso un arco temporale tale da non poter ragionevolmente ravvisare il preteso nesso eziologico tra il fatto ingiusto e lo stato d’ira.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso il (...) lamentando la violazione dell’art. 606 co. 1 lett. e) e b) c.p.p. con riferimento all’art. 599 c.p.. Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione alla ricorrenza dello stato d’ira determinato da fatto ingiusto altrui e subito dopo di esso. Mancanza e manifesta illogicità di motivazione sul punto. Il giudice avrebbe riportato in modo errato i fatti di causa e la cronologia degli stessi, ed avrebbe omesso parti fondamentali della e-mail inviata all’avv. (...) quest’ultimo, contrariamente alle affermazioni del giudicante, avrebbe evidenziato un atteggiamento ostile, saccente e provocatorio. Illogica sarebbe la motivazione nella parte in cui avrebbe escluso la esimente; erroneamente il giudice di merito avrebbe escluso l’ingiustizia del fatto, con riferimento all’art. 52 del d.lgs. 196/2003, senza rilevare che il sito della Corte dei Conti riportava la decisione con le sole iniziali degli imputati; il tribunale avrebbe fatto erronea applicazione dei presupposti richiesti dall’art. 599 c.p. per quanto attiene l’ingiustizia del fatto - tale dovrebbe considerarsi anche i fatti antisociali-, nonché dell’immediatezza- da interpretare con elasticità-. Il tribunale non avrebbe altresì considerato che la e-mail incriminata sarebbe stata inviata subito dopo la revoca delle sentenza, così operando un travisamento dei fatti. Le parole ignorante ed imbroglione sarebbero state pronunciate dopo che l’(...) era rifiutato di dare notizia della revoca della decisione.

Il ricorso va rigettato.

Il tribunale, con adeguata e coerente motivazione, ha ritenuto la liceità della pubblicazione integrale sul sito Eius della sentenza di condanna pronunciata dalla Corte dei Conti nei confronti di (...) sia in quanto avvenuta nel pieno rispetto della normativa di cui all’art. 52 D.lgs 30/6/2003, n. 196, sia perché reperibile attraverso la banca dati presente sul sito ufficiale della cennata Corte.

I limiti di accesso alla banca dati della corte dei Conti dedotti dal ricorrente non escludono la liceità della pubblicazione in quanto comunque conforme al disposto dell’art. 52 D.lgs. 196/2003 [1].

Essendo il controllo di questa Corte limitato alla struttura del discorso giustificativo del provvedimento impugnato va esclusa una diversa lettura del materiale probatorio, e, in particolare della valutazione del tribunale circa la ricostruzione degli eventi nonché la ritenuta volontà dell’(...) di provvedere alla tempestiva rettifica.

L’esclusione della sussistenza del fatto ingiusto comporta l’irrilevanza delle censure mosse alla decisione nella parte in cui si è escluso il presupposto dell’immediatezza.

Consegue da quanto sopra il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

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[1] Il testo dell’articolo è il seguente:

«Art. 52. Dati identificativi degli interessati

1. Fermo restando quanto previsto dalle disposizioni concernenti la redazione e il contenuto di sentenze e di altri provvedimenti giurisdizionali dell'autorità giudiziaria di ogni ordine e grado, l'interessato può chiedere per motivi legittimi, con richiesta depositata nella cancelleria o segreteria dell'ufficio che procede prima che sia definito il relativo grado di giudizio, che sia apposta a cura della medesima cancelleria o segreteria, sull'originale della sentenza o del provvedimento, un'annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della sentenza o provvedimento in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, l'indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del medesimo interessato riportati sulla sentenza o provvedimento.

2. Sulla richiesta di cui al comma 1 provvede in calce con decreto, senza ulteriori formalità, l'autorità che pronuncia la sentenza o adotta il provvedimento. La medesima autorità può disporre d'ufficio che sia apposta l'annotazione di cui al comma 1, a tutela dei diritti o della dignità degli interessati.

3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, all'atto del deposito della sentenza o provvedimento, la cancelleria o segreteria vi appone e sottoscrive anche con timbro la seguente annotazione, recante l'indicazione degli estremi del presente articolo: "In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi di ...".

4. In caso di diffusione anche da parte di terzi di sentenze o di altri provvedimenti recanti l'annotazione di cui al comma 2, o delle relative massime giuridiche, è omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi dell'interessato.

5. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 734-bis del codice penale relativamente alle persone offese da atti di violenza sessuale, chiunque diffonde sentenze o altri provvedimenti giurisdizionali dell'autorità giudiziaria di ogni ordine e grado è tenuto ad omettere in ogni caso, anche in mancanza dell'annotazione di cui al comma 2, le generalità, altri dati identificativi o altri dati anche relativi a terzi dai quali può desumersi anche indirettamente l'identità di minori, oppure delle parti nei procedimenti in materia di rapporti di famiglia e di stato delle persone.

6. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche in caso di deposito di lodo ai sensi dell'articolo 825 del codice di procedura civile. La parte può formulare agli arbitri la richiesta di cui al comma 1 prima della pronuncia del lodo e gli arbitri appongono sul lodo l'annotazione di cui al comma 3, anche ai sensi del comma 2. Il collegio arbitrale costituito presso la camera arbitrale per i lavori pubblici ai sensi dell'articolo 32 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, provvede in modo analogo in caso di richiesta di una parte.

7. Fuori dei casi indicati nel presente articolo è ammessa la diffusione in ogni forma del contenuto anche integrale di sentenze e di altri provvedimenti giurisdizionali».

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