La frustrazione per la mancata assegnazione di un incarico più prestigioso, non concreta danno alla professionalità stante la fisiologica discrezionalità aziendale nella valutazione dei dipendenti

 

Cass., sez. lav., 25 febbraio 2008, n. 4777

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza del 15 gennaio 2003 il Tribunale di Firenze rigettava la domanda con la quale P.G. aveva chiesto, nei confronti dell'Azienda Sanitaria n. (OMISSIS) di Firenze: a) accertarsi la illegittimità della Delib. 21 marzo 2000, n. 470 del direttore generale, con la quale gli era stato attribuito l'incarico di responsabile dei "Servizi ispettivi del personale"; b) accertarsi il suo diritto all'assegnazione di un incarico di direzione di una struttura operativa complessa; c) condannarsi la datrice di lavoro al pagamento della somma di L. 28.003.769 per indennità di posizione connessa all'incarico non attribuitogli e di ulteriori L. 24.857.454;

d) condannarsi la convenuta al pagamento delle differenze relative all'indennità di risultato nonché al risarcimento dei danni morali per la illegittima dequalificazione sofferta.

L'appello del Dottor P., cui resisteva l'Azienda Sanitaria, veniva rigettato dalla Corte di Appello di Firenze con sentenza del 28 gennaio/4 febbraio 2005.

Esaminati gli incarichi conferiti all'appellante dal 1997 in poi, i giudici di secondo grado ritenevano che l'Azienda si era attenuta ai criteri legali e contrattuali, fornendo adeguata motivazione; che le valutazioni relative rientravano in un ambito di fisiologica discrezionalità amministrativa, connaturata alle funzioni ed alla temporaneità delle stesse; che l'incarico conferito al P. con la Delib. 21 marzo 2000, n. 470 (responsabile dei Servizi ispettivi personale) era rispettoso della pregressa esperienza acquisita nel settore ispettivo; che il mancato conferimento di un incarico più prestigioso (responsabile di una struttura complessa), in assenza di qualsiasi elemento seriamente scrutinabile (anche con riferimento ad una valutazione comparativa con altri dirigenti) non derivava da una condotta illegittima dell'Azienda; che non sussistevano violazioni dei criteri di correttezza e buona fede e nemmeno, di conseguenza, danno alla professionalità del lavoratore.

Per la cassazione di tale decisione ricorre, formulando due motivi di censura, P.G.. L'Azienda Sanitaria USL (OMISSIS) di Firenze resiste con controricorso, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

 

1. Con il primo motivo, denunciando violazione del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, dell'art. 97 Cost. e dell'art. 54 del contratto collettivo dei dirigenti della Sanità, la difesa del ricorrente deduce che i giudici del merito avrebbero dovuto analizzare l'operato dell'Azienda alla luce dei principi dettati dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19 e dei criteri da essa stessa stabiliti in esecuzione delle norme di legge e contrattuali, al fine di verificare la legittimità della delibera attributiva degli incarichi, fra gli altri, anche al P.; e, accertata la illegittimità della delibera (in quanto l'Azienda non aveva compiuto alcuna valutazione delle capacità, curricula e degli obiettivi raggiunti, ma si era limitata a confermare, quando possibile, gli incarichi precedentemente ricoperti, con violazione anche del criterio della rotazione), provvedere al suo annullamento e/o disapplicazione, evidenziando i vizi del procedimento valutativo ed indicando gli esatti criteri da applicare nella assegnazione degli incarichi. Aggiunge che l'Azienda aveva privato il Dottor P. del rilevante incarico di Ufficiale rogante, lo aveva relegato in un Servizio facente parte della Direzione del Personale, e, solo dopo la proposizione del ricorso, aveva parzialmente ampliato le sue mansioni riconducendo il punteggio a quello degli incarichi precedenti.

2. Con il secondo motivo, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione, la difesa del ricorrente deduce che i giudici di appello non hanno considerato che l'incarico (affidato nel 1997) di ricognizione dei beni appartenuti a degenti dell'ex ospedale psichiatrico, poi deceduti, si affiancava a quello di coordinatore del Nucleo Ispettivo aziendale ed a quello di Ufficiale Rogante, mentre la revoca della funzione di responsabile del dipartimento di prevenzione si inseriva nella rotazione degli incarichi. Rileva che il P. che non si era doluto di tali decisioni perchè aspettava la nuova "sistematizzazione" della dirigenza; e che la sentenza è errata anche nella parte in cui rileva che non era stata dedotta una errata valutazione comparativa con gli altri dirigenti. Sostiene che la richiesta degli atti del procedimento e le istanze istruttorie erano mirate "essenzialmente ad evidenziare da un lato come l'azienda si fosse limitata esclusivamente a confermare gli incarichi dirigenziali senza attuare alcun principio di rotazione; sia a dimostrare come dirigenti con qualifica di appartenenza ed esperienza sicuramente minore fossero stati destinati a incarichi di maggior prestigio e responsabilità, o come altri incarichi di importanza e punteggio superiori a quello affidatogli non fossero nemmeno stati assegnati e fossero del tutto vacanti." 3. Il ricorso non è fondato.

I giudici di appello hanno tenuto conto tanto della disciplina legislativa sul conferimento degli incarichi dirigenziali (del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 19, come modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 13) che delle fonti di natura contrattuale (artt. 51 e 54 del c.c.n.l. per l'Area della dirigenza sanitaria, professionale, tecnica e amministrativa del 26.11.1996), osservando che non esiste il diritto del dirigente al conferimento di un determinato incarico dirigenziale.

Contrariamente a quanto si sostiene dai ricorrente, hanno poi esaminato, alla luce della disciplina legale e contrattuale, gli incarichi conferiti via via all'appellante a decorrere dal 1997: a) ricognizione dei beni custoditi presso il presidio di San Salvi ed appartenenti a degenti dell'ex ospedale psichiatrico da tempo deceduti (Delib. 14 febbraio 1997, n. 499), con contestuale revoca, nell'ambito di una rotazione degli incarichi, di quello di responsabile dell'Ufficio amministrativo del Dipartimento di Prevenzione; b) coordinatore delle attività del nucleo ispettivo preposto alla verifica delle attività incompatibili con il rapporto di lavoro dei dipendenti ASL (Delib. 19 dicembre 1997, n. 4581); c) responsabilità dei "Servizi ispettivi personale" (Delib. 21 marzo 2000, n. 470); d) responsabile del servizio ispettivo, istituito nell'ambito dello Staff del direttore generale (Delib. 27 luglio 2001, n. 816).

Hanno quindi rilevato che l'Azienda si era attenuta, nella graduazione degli incarichi, ai criteri valutativi legali e contrattuali; che gli incarichi risultavano tutti adeguatamente motivati; che le valutazioni in ordine alla capacità dei dirigenti rientravano in un ambito di fisiologica discrezionalità amministrativa; che l'incarico conferito al P. con la Delib. n. 470 del 2000 era rispettoso della sua pregressa esperienza acquisita; che la lamentata sottovalutazione del suo curriculum ed il mancato conferimento di un incarico "più prestigioso" - di responsabile di una struttura complessa -appariva più il frutto di una delusione soggettiva che non la conseguenza di una condotta illegittima da parte dell'Azienda Sanitaria; che il venir meno della funzione di Ufficiale rogante era diretta conseguenza della nuova normativa regionale (L.R. n. 22 del 2000, artt. 126 e 127), che attribuiva la relativa funzione ai responsabili dei procedimenti; che il livello di inquadramento posseduto prima della unificazione della qualifica dirigenziale era soltanto uno degli indici in base ai quali le amministrazioni procedono al conferimento degli incarichi, per cui era da escludersi una concreta violazione della disposizione di cui al terzo comma dell'art. 54 del CCNL; che i richiami ai criteri di correttezza e buona fede risultavano impalpabili; che era quindi insussistente il preteso danno morale, sub specie di lesione alla professionalità.

Le censure mosse dal ricorrente non intaccano la lineare motivazione dei giudici fiorentini, rispettosa del disposto del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 19 e succ. modificazioni, nonché della L.R. Toscana n. 22 del 2000.

Viene in sostanza riproposta, anche in questa sede, una generica doglianza di inadeguatezza degli incarichi conferiti, senza che emerga una concreta violazione di norme di legge o contrattuali.

Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del soccombente al rimborso delle spese nei confronti della resistente.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della resistente, delle spese di giudizio, in Euro 28,00 per spese ed in Euro 2.000,00 per onorario di avvocato, oltre spese generali, IVA e contributo previdenziale. Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2008

 

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