Mobilità orizzontale legittima fra mansioni della stessa area  per favorire la professionalità potenziale collettiva

 

Cass., sez. lav., 8 marzo 2007 n. 5285 –Pres. Ciciretti – Rel. De Matteis- PM. Sepe (conf.) – Poste Italiane S.p.A. (avv. Fiorillo,Ciaschi, Pessi) c. Farinacci Adele Maria Paola

 

Dipendenti postali - Meccanismi convenzionali di mobilità orizzontale – Violazione dell’art. 2103 cod. civ. – Esclusione.

 

Il contratto collettivo di lavoro dei dipendenti postali non viola l’art. 2103 cod. civ. nella parte in cui pone meccanismi convenzionali di mobilità orizzontale prevedendo, con apposita clausola, la fungibilità funzionale tra le mansioni per sopperire a contingenti esigenze aziendali ovvero per consentire la valorizzazione della professionalità potenziale di tutti i lavoratori inquadrati in quella qualifica, ivi compresi quelli assunti anteriormente alla stipula di detto contratto collettivo che ha espresso una nuova valutazione delle professionalità.

 

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 24 gennaio 1998, la sig.ra Farinacci Maria Adele Paola, dipendente delle Poste Italiane S.p.a. , già Ente Poste Italiane, ha convenuto la società datrice di lavoro davanti al Pretore di Parma, esponendo di essere inquadrata nella ex quarta categoria, ora Area Operativa, ma di avere svolto con continuità,fin dal 22 novembre 1993, e di svolgere ancora mansioni superiori di sesta categoria..

Assumendo di aver maturato il diritto alla promozione automatica ai sensi dell'art. 2103 c.c. per aver esercitato per il trimestre previsto dalla legge, successivamente al 1 gennaio 1994 (momento della trasformazione dell'Amministrazione postale in Ente Poste Italiane), mansioni superiori a quelle di effettivo inquadramento, chiedeva l'accertamento del suo diritto all'inquadramento nella ex sesta categoria (in subordine nella ex quinta)"ed al conseguente trattamento economico" dal 1 aprile 1994.

Si costituiva la società convenuta, chiedendo la reiezione della domanda.

Con sentenza in data 18 gennaio/22 febbraio 2000, il Tribunale di Parma ha dichiarato il diritto della ricorrente all'inquadramento "nell'Area Operativa 3a posizione retributiva" qualifica corrispondente alla ex sesta categoria, dal 26 febbraio 1995 ed ha condannato le Poste ad erogare alla dipendente le "indennità di funzioni superiori ex VI categoria" e le differenze retributive maturate dal 1° aprile 1994, oltre agli accessori di legge.

Con sentenza 5 febbraio 2001/13 febbraio 2003 n. 94/2001 la Corte d' Appello di Bologna ha rigettato l'appello della s.p.a. Poste Italiane

Il giudice d'appello ha osservato:

La società Poste Italiane non contesta che le mansioni svolte dall'appellata prima del termine di riferimento del 26 novembre 1994, e che ha continuato a svolgere dopo, appartenevano alla declaratoria dell'ex sesto livello, non a quelle dell'ex quarto livello in cui la Farinacci era inquadrata.

Ciò posto, ha ritenuto che l'inquadramento dei dipendenti già in forza alle dipendenze dell'Ente, e cioè il passaggio in concreto dal sistema dei livelli al nuovo sistema delle aree, non è regolato dal contratto collettivo del 26 novembre 1994, il quale ha introdotto il sistema di classificazione a regime dei dipendenti postali, divisi in quattro aree funzionali, ma dall'accordo integrativo del 23 maggio 1995, che prevede le equiparazioni, per quel che qui interessa, delle ex categorie VI, V e IV nell'Area Operativa.

In realtà il nuovo sistema sarebbe divenuto operativo per il personale già in servizio solo con l'accordo del 23 maggio 1995, con la conseguenza che fino ad allora sarebbe rimasto in vigore il vecchio ordinamento, che sarebbe coesistito per alcuni mesi con il primo contratto collettivo dì diritto privato del settore. Il giudice d'appello ha poi escluso il valore retroattivo dell'accordo del 23 maggio 1995 ed ha affermato che comunque una nuova regolamentazione con effetti retroattivi non potrebbe travolgere a posteriori diritti legittimamente acquisiti, nel frattempo, dai dipendenti.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la s.p.a. Poste Italiane, con unico motivo.

La intimata, ritualmente notificata nel domicilio eletto presso la cancelleria della sezione lavoro della Corte d' Appello dì Bologna, non si è costituita.

Motivi della decisione.

Con unico motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 2103 c.c., art. 6 L.71/94 e degli artt. 1362 e segg. cod. civ. correlati agli artt. 37, 40, 41, 47, 53 del CCNL ed all'accordo integrativo del 23.05.1995; omessa o comunque insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, la ricorrente sostiene il seguente quadro ricostruttivo:

    •  sino alla stipulazione del CCNL non si applica l'art. 2103 cod. civ. e quindi il lavoratore non ha titolo alcuno per rivendicare la superiore qualifica;

    • nella logica della privatizzazione del rapporto di lavoro, la contrattazione collettiva ha il potere originario di dettare nuove regole per la classificazione del personale, diverse dalle precedenti, ma con il rispetto dei diritti già maturati;

    • i diritti già maturati, sono quelli relativi al formale inquadramento e non già quello diverso (non acquisito) relativo allo svolgimento di fatto di superiori mansioni;

    • poiché la declaratoria del CCNL ha assorbito i precedenti (diversi) profili in un'unica area, il dipendente dovrà essere inquadrato con la stipulazione del CCNL nel profilo di cui alla declaratoria contrattuale.

Il motivo è fondato.

Questa Corte, decidendo a Sezioni Unite, ai sensi dell'art. 374, secondo comma, c.p.c., in quanto questione di massima di particolare importanza, ha affermato con la sentenza 24 novembre 2006 n. 25033, il seguente principio di diritto: “la contrattazione collettiva deve muoversi all'interno, e quindi nel rispetto, della prescrizione posta dal primo comma dell'articolo 2103 codice civile che fa divieto di una indiscriminata fungibilità di mansioni che esprìmano in concreto una diversa professionalità, pur confluendo nella medesima declaratoria contrattuale e quindi pur essendo riconducibili alla matrice comune che connota la qualifica secondo la declaratoria contrattuale; essa è però autorizzata a porre meccanismi convenzionali di mobilità orizzontale prevedendo, con apposita clausola, la fungibilità funzionale tra esse per sopperire a contingenti esigenze aziendali ovvero per consentire la valorizzazione della professionalità potenziale di tutti i lavoratori inquadrati in quella qualifica senza per questo incorrere nella sanzione di nullità del secondo comma della medesima disposizione".

Tale principio di diritto le Sezioni Unite hanno enunciato in una fattispecie riguardante una dipendente della s.p.a. Poste Italiane assunta con contratto di formazione lavoro in data 12 aprile 1996, e quindi successivamente all'entrata in vigore del contratto collettivo di diritto privato, con inquadramento nell'area operativa, la quale denunciava come violazione dell'articolo 2103 c.c. il fatto di essere stata spostata da mansioni di addetta allo sportello a mansioni di recapito. La Corte d'Appello di Brescia aveva rigettato il ricorso, ritenendo il comportamento delle Poste legittimo ai sensi del contratto collettivo e non violativo dell'articolo 2103 codice civile, con decisione confermata dalle sezioni unite, sulla base del principio di diritto sopra riportato. In sostanza la Sezioni Unite, pur con tutte le cautele della prima parte della motivazione, hanno statuito, rigettando il ricorso della lavoratrice, che non viola l'articolo 2103 il contratto collettivo nazionale di lavoro dei dipendenti delle Poste nella parte in cui classifica il personale per aree e consente la mobilità orizzontale al loro interno; che pertanto è legittimo adibire i lavoratori assunti dopo la stipula del contratto collettivo di lavoro e classificati in area operativa sia a mansioni di sportello, sia a quelle di recapito, con il solo limite di meccanismi di scambio o di avvicendamento o di rotazione. Occorre esaminare se lo stesso principio possa essere applicato nella presente fattispecie, riguardante lavoratrice assunta sotto il precedente regime pubblicistico.

Il Collegio ritiene di dover dare al quesito risposta affermativa, in forza della nozione evolutiva di professionalità posta a base della decisione delle sezioni unite e poteri di inquadramento della contrattazione collettiva.

L'art. 2103 cod. civ. pone al primo comma la regola della tutela della professionalità del lavoratore, e al secondo comma la sanzione di nullità di qualsiasi patto contrario, e su tale schema si svolge la motivazione delle sezioni unite.

Anche l'art. 2103 codice civile è stato oggetto, come ogni disposizione di legge, ad interpretazione nel tempo.

        1.    L’ interesse del lavoratore nella prima interpretazione dell'articolo 2103 c. c.

Sul piano giurisprudenziale la rigidità della disciplina complessiva dell'articolo 2103 è stata messa in crisi dalla drammatica scelta tra perdita del posto di lavoro e conservazione dello stesso a condizioni deteriori. La primitiva risposta della giurisprudenza fu fedele al dato testuale, con la motivazione che il legislatore, con l'articolo 13 Legge 20 maggio 1970, n. 300, che detta il nuovo testo 2103 codice civile, ha adottato uno strumento di tutela rigido che opera in tutte le direzioni e può, in condizioni particolari, comportare anche un sacrificio per il prestatore dì lavoro (Cass. 13 febbraio 1980 n. 1026, Cass. 1 giugno 1983 n. 3753, Cass. 17 giugno 1983 n. 4189, Cass. 28 ottobre 1983 n. 6406). Successivamente il chiaro interesse del lavoratore alla conservazione del posto di lavoro è stato privilegiato prima dalla giurisprudenza di merito, e poi dalla stessa giurisprudenza di legittimità, che si può ormai considerare consolidata, nonostante le severe critiche della dottrina sulla infedeltà testuale, nel senso che la nullità, sancita nell'art. 13 della legge n. 300 del 1970, di ogni patto contrario alla disciplina dettata dalle precedenti disposizioni dello stesso articolo, non è riferibile anche all'ipotesi in cui la modifica in peius delle mansioni sia stata concordata nell'interesse del lavoratore e al fine di evitare il licenziamento del medesimo; infatti, in detta ipotesi, il patto concernente la diversa utilizzazione del lavoratore non è in contrasto con le esigenze di dignità e libertà della persona e configura, per il lavoratore, una soluzione più favorevole di quella ispirata ad un'esigenza di mero rispetto formale della norma - rappresentata dal licenziamento con successiva riassunzione  (Cass. 12 gennaio 1984 n. 266; Cass. 7 marzo 1986 n. 1536, Cass. 4 maggio 1987 n. 4142;, Cass. 29 novembre 1988 n. 6441, la quale ultima estende la legittimità del patto anche al fine di evitare la messa in cassa integrazione). Tale principio, cd. della ammissibilità del patto di dequalificazione al fine di evitare il licenziamento, è stato successivamente ampliato al fine di ritenere legittima anche l'assegnazione datoriale unilaterale a mansioni inferiori allo stesso fine (Sezioni Unite 7 agosto 1998 n. 7755), ed applicata negli stessi termini alla società ricorrente (Cass. 9 marzo 2004 n. 4790, che ha ritenuto legittima l'assegnazione a mansioni di portalettere a seguito della soppressione della mansione di pittore precedentemente svolta). Dette operazioni ermeneutiche sono assolutamente legittime, perché compete alla giurisprudenza riempire di contenuto normativo le nozioni aperte, non definite dalla disposizione stessa (quale quella di mansioni equivalenti o di professionalità), che rinviano ai valori socio­culturali esterni, storicamente accettati, e mutevoli nei tempi di vigenza della disposizione.

Ancora sul piano giurisprudenziale si può ricordare la ritenuta legittimità della adibizione a mansioni inferiori in misura non prevalente (Cass. 3 febbraio 2004 n. 1987), o l'espansione della nozione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, con corrispondente limitazione del diritto alla acquisizione della qualifica corrispondente alla mansione superiore svolta (includendovi le ferie del sostituto, prima escluse: Cass. 23 febbraio 2004 n. 3581, Cass. 6 maggio 1999 n. 4550, Cass. 8 ottobre 4997 n. 7541; i permessi retribuiti: Cass. 17 settembre 1991 n. 9677; la cassa integrazione guadagni: Cass. 5 dicembre 1990 n. 11663), o sullo svolgimento di mansioni vicaria dì diverso livello, senza diritto al corrispondente inquadramento (Cass. 13 maggio 2004 n. 91413, Cass. 30 dicembre 1999 n. 14738).

        2.    L'evoluzione sul piano legislativo; la delega alla contrattazione collettiva.

Sul piano legislativo si può ricordare l'articolo 6 legge 13 maggio 1985 n. 190 (come sostituito dall'articolo 2 legge 2 aprile 1986 n. 106), che ha attribuito alla contrattazione collettiva il potere di determinare, per i quadri, il periodo di maturazione del diritto alle mansioni superiori in misura difforme e superiore, senza alcun limite di tempo, a quella civilistica del trimestre; l'articolo 4, comma 11, legge 23 luglio 1991 n. 223, che ha attribuito egualmente alla contrattazione collettiva il potere di derogare al principio della equivalenza delle mansioni in caso di riassorbimento di lavoratori eccedentari; l'articolo 8, comma secondo, decreto legge 15 agosto 1991 n. 277, secondo cui il lavoratore che sia allontanato per motivi sanitari dalla lavorazione cui è addetto può essere temporaneamente adibito a mansioni i deteriori a parità di retribuzione.

        3.    La delega alla contrattazione collettiva per la riorganizzazione delle aziende pubbliche.

Lo stesso metodo della delega alla contrattazione collettiva, anziché dell'approccio frontale all'articolo 2103, è stato adottato dal legislatore per la riorganizzazione delle aziende pubbliche, e poi del pubblico impiego (art. 21 legge 17 maggio 1985 n. 210 per il personale ferroviario, D.L. 1 dicembre 1993 n. 487, convertito, con modificazioni, nella legge 29 gennaio 1994 n. 71 per i dipendenti postali, etc; emblematico del nuovo corso l'art. 22, comma 3, d.lgs.29 giugno 1996, n. 367, secondo cui l'articolo 2103 del codice civile si applica al personale artistico degli enti lirici nei modi disciplinati dalla contrattazione collettiva). E' pertanto nel passaggio alla disciplina privatistica del rapporto di lavoro dei dipendenti prima delle Ferrovie dello Stato, e poi in generale dei pubblici dipendenti, che si è avuta la maggiore tensione sulla interpretazione dell'articolo 2103.

Per primo il contratto collettivo dei dipendenti delle ferrovie dello Stato ha introdotto il sistema delle aree funzionali, poi adottato dall'ente poste, cui è succeduta la società ricorrente, e poi dai contratti del pubblico impiego privatizzato.

In tutte queste fonti normative il sistema di classificazione del personale per aree, che ha comportato in tutti i casi l'accorpamento delle precedenti mansioni frazionistiche, è giustificato con l'esigenza di superare le attuali rigidità per consentire i processi di cambiamento in corso nell'ambito degli enti, l'evoluzione dei modelli organizzativi, contribuire al miglioramento dei livelli di efficienza e di efficacia dell'azione amministrativa e di qualità dei servizi (vedi ad esempio in questi esatti termini l'art. 13 contratto collettivo nazionale di lavoro del personale del comparto degli enti pubblici non economici 1998-2001).

        4.    Il nuovo concetto di professionalità della sentenza delle sezioni unite.

A tale processo le Sezioni Unite Civili hanno dato fondamento dogmatico con la nozione di professionalità potenziale, che va dunque assunta da ora nella interpretazione dell'articolo 2103.

Tale nozione, che trova fondamento costituzionale nell'art. 35 Cost., appare più rispettosa della dignità umana, da sempre ritenuto il fondamento dell'articolo 2103 (Cass. 266/1984 ed altre citate supra), e della sua enorme potenzialità di sviluppo. Non si può negare che l'innalzamento del livello di preparazione di base e di acculturazione generale da una parte facilita il cambiamento, dall'altra ne riduce la penosità, e che la versatilità del lavoratore sia un bene che arricchisce la sua professionalità, anche nella prospettiva di nuovi affacci sul mercato del lavoro. Si deve pertanto ritenere superata la precedente angusta nozione che confinava la professionalità nella capacità di ripetizione dei medesimi atti.

Si deve notare che le sezioni unite consentono la mobilità orizzontale, nella specie tra mansioni di sportellista e di recapito, per due distinte causali tra loro indipendenti -per sopperire a contingenti esigenze aziendali, ovvero per consentire la valorizzazione della professionalità potenziale di tutti i lavoratori inquadrati nella medesima qualifica. E non si può non condividere la basilare considerazione delle Sezioni Unite secondo cui non si può avere arricchimento di professionalità nell'ambito dell'area senza mobilità al suo interno.

Mentre la giurisprudenza degli anni 80 sì è assunta la responsabilità di superare la rigidità del secondo comma dell'articolo 2103 in una dimensione individuale, conforme alla economia protetta del tempo, le sezioni unite del 2006 risolvono il problema della tutela professionale in una dimensione collettiva, nella quale lo sviluppo individuale è reso possibile attraverso una organizzazione aziendale più flessibile, consona all'economia globale di quattro decenni dopo lo statuto dei lavoratori (le cui esigenze si riflettono anche nella richiesta dì un servizio postale dì efficienza pari a quello dei Paesi concorrenti). E' pacifico poi che i vincoli e le aperture dell'articolo 2103 sono gli stessi per gli individui e per gli agenti contrattuali collettivi (Cass. 3 settembre 2002 n. 12821, Cass. 9 agosto 2003 n. 12043).

La precedente giurisprudenza di questa Corte, che riteneva sufficiente la diversità di retribuzione per identificare una diversità di professionalità (Cass. 18 aprile 2003 n. 6338, Cass. 16 aprile 2003 n, 6030), si deve pertanto ritenere superata dalla più ampia nozione di professionalità adottata dalle sezioni unite. Da sempre questa Corte ha ritenuto che l'attribuzione delle qualifiche è riservata all'autonomia contrattuale, la quale ha il potere di incentivare, per ragioni socio-economiche, mediante la classificazione del personale, mansioni fondamentali per i fini aziendali, o particolarmente gravose, o poco ambite o comunque rilevanti per altre ragioni apprezzate dall'autonomia collettiva (Cass. 30 luglio 1979 n. 4507; Cass. 18 febbraio 1982 n. 1035; Cass. 18 aprile 2003 n. 6338, Cass. 9 agosto 2003 n. 12043, Cass. 4 ottobre 2004 n. 19836). La nuova classificazione del personale, ed i relativi criteri di legittimità, non può non avere efficacia nei confronti di tutti gli addetti e nei confronti di tutti i comportamenti successivi al nuovo inquadramento.

Quanto poi alla individuazione della fonte collettiva e alla data dalla quale il nuovo inquadramento ha avuto vigore, che la sentenza impugnata colloca nell'accordo integrativo del 23 maggio 1995, questa Corte ha già avuto modo di precisare in identica fattispecie, proveniente dallo stesso ufficio giudiziario, che non è suffragata da alcuna valida argomentazione l'affermazione della sentenza impugnata secondo cui vi sarebbe stata, dopo l'entrata in vigore del contratto collettivo stipulato il 26 novembre, una prorogatio del sistema pubblicistico delle qualifiche funzionali e delle categorie, sicché il nuovo sistema di classificazione del personale sarebbe diventato operativo solo con la stipulazione del contratto integrativo 23 maggio 1995 (Cass. 7 giugno 2003 n. 9170) .

La novità delle Sezioni Unite sta nella nozione di professionalità potenziale e nei necessari meccanismi di mobilità per consentirne l'estrinsecazione.

Poiché la lavoratrice ricorrente ha formulato la domanda in termini di diritto all' inquadramento, il ricorso della s.p.a. Poste Italiane va accolto, la sentenza impugnata cassata, e gli atti trasmessi alla Corte d'appello di Firenze, la quale deciderà la causa attenendosi al seguente principio di diritto: il contratto collettivo nazionale di lavoro dipendenti della s.p.a. Poste Italiane non viola l'art. 2103 cod.civ. nella parte in cui pone meccanismi convenzionali di mobilità orizzontale prevedendo, con apposita clausola, la fungibilità funzionale tra esse per sopperire a contingenti esigenze aziendali ovvero per consentire la valorizzazione della professionalità potenziale di tutti i lavoratori inquadrati in quella qualifica, ivi compresi quelli assunti anteriormente alla stipula di detto contratto collettivo. Essa provvedere altresì alle spese del presente giudizio.

p.q.m.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Firenze.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro, il 9 novembre 2006 (depositato l’8 marzo 2007).

 

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