Dequalificazione da mancata assegnazione di mansioni superiori acquisite per vincita concorso

 

Cass., sez. lav., 1 aprile 2008, n. 8439 – Pres. e rel. Sciarelli - Pm Sepe (conf.) – Ricorrente A.M.T. Azienda Municipale Trasporti di Catania
 
Non assegnazione di mansioni superiori acquisite per vincita di concorso – Costituisce dequalificazione – Risarcibilità del danno desunto in via presuntiva.
 
Il permanere - da parte del vincitore di concorso per mansioni superiori non assegnate - nelle vecchie mansioni, costituisce dequalificazione rispetto alle mansioni raggiunte.
Il danno consiste nella mancata acquisizione di una maggior capacità: danno molto evidente e grave nell'esercizio di alcune particolari professioni (si ricorda che l'istante aveva vinto il concorso per programmatore) soggette a una continua evoluzione e richiedenti quindi, continui aggiornamenti, come si verifica in materia di tecnologia informatica, trattandosi di un settore in costante sviluppo, che presuppone un assiduo aggiornamento tecnico, nonché un'attività pratica di impiego dei diversi programmi applicativi. In conseguenza della mancata assegnazione, sussiste altresì danno d'immagine.

Svolgimento del processo

L'attuale intimato, con ricorso al Pretore del 24.7.98, esponeva di essere dipendente dell'Azienda Municipale Trasporti (Amt) di Catania e di avere partecipato, con successo, ad un concorso riservato al personale interno, per la promozione a programmatore (livello 3^), presso il Centro elaborazione dati, conseguendo la promozione alla suddetta qualifica con decorrenza dall'1.5.97; che l'azienda si era rifiutata di adibirlo nelle mansioni della qualifica acquisita, adibendolo, invece, a mansioni proprie del 4^ livello.
Chiedeva dichiararsi il suo diritto a ricoprire mansioni corrispondenti al livello conseguito e il risarcimento del danno.
Il Tribunale accoglieva in pieno la domanda. La Corte di Appello di Catania, con sentenza del 31 3 05, rigettava l'appello.
L'azienda ha proposto ricorso per cassazione. L'intimato non si è costituito.
Motivi della decisione 
Col ricorso, nel quale non si indicano le norme di diritto che sarebbero state violatele si specifica quali capi dell'art. 360 c.p.c. si invocano, si deduce che si possa lamentare una dequalificazione solo quando, in precedenza, vi sia stata una qualificazione, assente nella fattispecie, perché, all'attore, non sono mai state attribuite mansioni diverse da quelle sempre espletate. Che, inoltre, non vi può essere danno in re ipsa e che, comunque, il danno sarebbe stato valutato in modo eccessivo.
Il ricorso è infondato.
Appare evidente che la dequalificazione lamentata va rapportata alle mansioni conseguite a mezzo concorso e mai assegnate.
Non è contestato che l'attore abbia superato un concorso.
Non è contestato il livello delle mansioni del posto conseguito a mezzo concorso.
Ne consegue che l'istante avrebbe dovuto ricoprire le mansioni meritate a mezzo concorso e che il permanere, invece, nelle vecchie mansioni, costituisce dequalificazione rispetto alle mansioni raggiunte.
Per quanto attiene il danno conseguente, la Corte di Appello non lo ha ritenuto in re ipsa, ma ha adeguatamente e diffusamente motivato in proposito, riconoscendo il danno nella mancata acquisizione di una maggior capacità: danno molto evidente e grave nell'esercizio di alcune particolari professioni (si ricorda che l'istante aveva vinto il concorso per programmatore) soggette a una continua evoluzione e richiedenti quindi, continui aggiornamenti, come si verifica in materia di tecnologia informatica, trattandosi di un settore in costante sviluppo, che presuppone un assiduo aggiornamento tecnico, nonché un'attività pratica di impiego dei diversi programmi applicativi. La Corte di appello ha fatto riferimento, altresì, al danno all'immagine derivante dalla mancata assegnazione alle mansioni meritate col concorso vinto.
Ne consegue che è stata data ampia esplicazione e dimostrazione del danno subito. Per quanto attiene alla valutazione del danno, essa costituisce un accertamento di fatto spettante al giudice del merito, che ha fatto logica quantificazione del danno, rapportandolo al 25% della retribuzione per i primi 12 mesi di inadempimento e al 40%, in considerazione "dell'aggravamento progressivo della dequalificazione professionale subita" per il periodo successivo, per il pervicace protrarsi dell'inadempimento dell'azienda datrice di lavoro.
Ne consegue il rigetto del ricorso. Nulla va disposto sulle spese del presente giudizio di cassazione, perché l'intimato non si costituito.

 

P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

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