Assegnazione (a lavoratore con mansioni professionali) di mansioni di pulizia o confinamento in inattività

 

Cass., sez. lav., 4 aprile 2007 n. 8475 – Pres. Sciarelli – Rel. Roselli – P.M. Sgroi (conf.) – Ricorrente: IVECO SpA (avv. De Luca Tamajo, Bonamico, Dirutigliano)- Controricorrente: Pintus Antonello (avv. Vacirca, Bonetto)

 

Confinamento, da mansioni richiedenti una certa professionalità, in mansioni di pulizia o in inattività  – Dequalificazione rispetto al precedente livello contrattuale e professionale –  Assenza di prova del danno non patrimoniale – Irrilevanza, in quanto danno certo – Conseguente risarcibilità.

 

Va rigettato per manifesta infondatezza il ricorso della Società. La manifesta infondatezza della censura rivolta alla decisione della Corte d’Appello di Torino discende dall'essere stato il lavoratore allontanato da mansioni che per contratto richiedevano, come qui s'è detto nella parte narrativa, una determinata esperienza di lavoro ossia l'effettiva esecuzione di certe prestazioni, con la conseguenza che la sottrazione di quelle mansioni comportò certamente un danno da perdita di esperienza professionale, incidente sul patrimonio seppure non esattamente determinabile nell'ammontare.

 

SENTENZA

 

Ritenuto che con sentenza del 25 novembre 2003 la Corte d'appello di Torino, in parziale riforma della decisione emessa dal Tribunale, accoglieva la domanda proposta da Antonello Pintus contro la datrice di lavoro s.p.a. Iveco ed intesa alla condanna al risarcimento del danno da assegnazione a mansioni inferiori a quelle spettanti;

che ad avviso della Corte d'appello le mansioni spettanti al Pintus rientravano nel terzo livello contrattuale, richiedente preparazione da diploma di istituto professionale o corrispondente esperienza lavorativa oppure particolare preparazione o pratica di ufficio o corrispondente esperienza di lavoro, mentre egli fin dal gennaio 1998 era stato addetto alle pulizie o tenuto inattivo, come risultava dalla prova testimoniale e sostanzialmente dalle ammissioni dì controparte;

che il danno, pur non provato nell'ammontare patrimoniale, andava liquidato in via equitativa;

che contro questa sentenza ricorre per cassazione la s.p.a. Iveco mentre il Pintus resiste con controricorso;

che il Pubblico ministero ha chiesto il rigetto del ricorso;

che la ricorrente ha presentato memoria.

Considerato che col primo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 101, 112, 434 cod. proc. civ. e vizi di motivazione, per avere la Corte d'appello addebitato alla datrice di lavoro l'illecita dequalificazione professionale del lavoratore anche con riferimento ad un periodo successivo all'atto introduttivo del giudizio, ossia ad un tempo non compreso nella domanda ed al quale non si riferivano le prove acquisite agli atti;

che il motivo è manifestamente infondato giacché la sentenza ha incensurabilmente interpretato la domanda del lavoratore come priva di limitazioni temporali, del resto neppure eccepite dalla datrice di lavoro convenuta, e con valutazioni di fatto altrettanto incensurabili nel giudizio di legittimità ha notato come la medesima non avesse provato la non addebitabilità della "pacifica e dimostrata dequalificazione del ricorrente a partire dal gennaio 1998" (pag. 12 della sentenza impugnata);

che col secondo motivo la ricorrente deduce la violazione dell'art. 2103 cod. civ. e vizi di motivazione, stante che la doglianza di dequalificazione era stata formulata dal lavoratore con riferimento al quinto livello contrattuale e non al terzo livello, come ritenuto dalla sentenza ora impugnata;

che anche questo motivo è manifestamente infondato giacché, di fronte alla rivendicazione del quinto livello da parte del lavoratore, i giudici di merito hanno legittimamente considerato come parzialmente fondata la pretesa, ritenendo spettante quello inferiore ossia il terzo, ed hanno conseguentemente ritenuto contrastante con l'art. 2103 cit. la concreta assegnazione a mansioni di pulizia, ancora inferiori, o ad una condizione di sostanziale inattività;

che i riferimenti della ricorrente ad atti del processo di merito o a deposizioni testimoniali seppure diffusi sono inutili in quanto tendenti ad ottenere da questa Corte di legittimità nuove, impossibili valutazioni di merito;

che col terzo motivo la ricorrente sostiene la violazione degli artt. 1218 e 2043 cod. civ. per assenza di prova del danno non patrimoniale da dequalificazione;

che la manifesta infondatezza della censura discende dall'essere stato il lavoratore allontanato da mansioni che per contratto richiedevano, come qui s'è detto nella parte narrativa, una determinata esperienza di lavoro ossia l'effettiva esecuzione di certe prestazioni, con la conseguenza che la sottrazione di quelle mansioni comportò certamente un danno da perdita di esperienza professionale, incidente sul patrimonio seppure non esattamente determinabile nell'ammontare;

che l'assoluzione del responsabile dei servizi generali della società ora ricorrente dall'imputazione di maltrattamenti verso l'attuale controricorrente, di cui dice la ricorrente in memoria, non rileva in questo giudizio di cassazione;

che, rigettato il ricorso, le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente aI pagamento delle spese processuali in euro 18,00, oltre ad euro duemila per onorario, nonché spese generali ed accessori.

Così deciso in Roma il 25 gennaio 2007 (depositato il 4.4.2007).

Il Presidente, G. Sciarelli

Il Consigliere est., F. Roselli

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