Caratteristiche differenziali del  risarcimento del danno da perdita di chance rispetto  a quello della mancata promozione

 

Cass., sez. lav., 18 gennaio 2006, n. 852 - Pres. Sciarelli - Est. Balletti – S.S.A. c. Rete ferroviaria italiana SpA

 

Danno da mancata promozione e da perdita di chance – Differenze, anche ai fini del risarcimento del danno.

 

Occorre distinguere tra il danno da mancata promozione da quello di perdita di chance: nel primo caso, il lavoratore, che agisca per risarcimento del danno, deve provare sia l'illegittimità della procedura concorsuale sia che, in caso di legittimo espletamento, sarebbe stato certamente incluso nell'elenco dei promossi; nel secondo caso - sul presupposto della irrimediabile perdita di chance in ragione dell'irripetibilità della procedura con le stesse modalità e gli stessi partecipanti di quella ritenuta illegittima - si fa valere il danno associato alla perdita di una probabilità non trascurabile di conseguire il risultato utile; ne consegue che, mentre il danno da mancata promozione può trovare un ristoro corrispondente in pieno con la perdita dei vantaggi connessi alla superiore qualifica (non solo di natura economica, ma anche normativa), il danno da perdita di chance può solo commisurarsi, ma non identificarsi, nella perdita di quei vantaggi, in ragione del grado di probabilità - esistente al momento della legittima esclusione - di conseguire la promozione (Cassazione 734/2002; 123/2003).

Nella specie, dalla disamina dell'originario ricorso giudiziale, si evince chiaramente che il S. non aveva affatto richiesto la promozione a "I tecnico", bensì il risarcimento del danno conseguente alla sua illegittima esclusione dalla summenzionata prova-selezione di accertamento professionale per la responsabilità della S.p.a. Ferrovie dello Stato: per cui la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria, che ha qualificato e definito erroneamente la domanda giudiziale del ricorrente, deve essere su tale punto cassata con ogni relativa conseguenza.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

Con ricorso ex art. 414 c.p.c. dinanzi al Giudice del lavoro di Locri, S.S.A. conveniva in giudizio la S.p.a. Ferrovie dello Stato - alle cui dipendenze aveva prestato servizio fino al 31 dicembre 1993 - esponendo:

- che la società convenuta gli aveva riconosciuto la qualifica di "tecnico di stazione" solo con decorrenza 4 novembre 1991, mentre il Pretore-Giudice del lavoro di Locri (adito in un precedente giudizio definito con sentenza del 24 giugno 1994) aveva stabilito che detta qualifica gli fosse riconosciuta dal 5 febbraio 1988;

- che la società aveva indetto, con "bando" del 9 agosto 1991, una prova-selezione di accertamento professionale per la promozione a "I tecnico" riservata ai dipendenti aventi la qualifica di "tecnico stazione" da almeno tre anni (requisito, quindi, in possesso di esso ricorrente in forza della cennata sentenza passata in giudicato); che tutti coloro che avevano partecipato a detta prova-selezione avevano ottenuto la promozione a "I tecnico";

- che, se avesse ottenuto il tempestivo riconoscimento della qualifica di "tecnico di stazione" (spettantegli a decorrere dal 5 febbraio 1988 iussu iudicis), avrebbe potuto partecipare alla prova-selezione, per cui, avendolo la società convenuta illegittimamente escluso, la stessa era responsabile di ciò con ogni relativa conseguenza risarcitoria.

Il ricorrente richiedeva, quindi, la condanna della società datrice di lavoro al risarcimento dei danni quantificati, equitativamente, in complessive lire 35.000.000 oltre agli "accessori di legge".

Si costituiva in giudizio la S.p.a. Ferrovie dello Stato che impugnava integralmente la domanda attorea e ne richiedeva il rigetto.

L'adito giudice del lavoro rigettava il ricorso e - su impugnativa di S.S.A. e ricostituitosi in contraddittorio - la Corte di appello di Reggio Calabria rigettava l'appello, compensando le spese del grado.

Per quello che rileva in questa sede la Corte territoriale ha rimarcato che:

a) «l'odierno appellante nessuna prova ha fornito (pur avendone l'onere) che, ove avesse avuto la possibilità di partecipare da tecnico di stazione all'accertamento professionale suddetto per conseguire la qualifica di "primo tecnico", avrebbe certamente superato la selezione»;

b) «l'esito positivo era comunque condizionato ad una valutazione finale dei profili ottenuti dalla frequenza del corso, per cui l'accoglimento della domanda attorea avrebbe preteso la prova (che, invece, non risulta fornita) della sussistenza di tutti i presupposti atti a consentire una valutazione favorevole ai fini dell'attribuzione del nuovo profilo professionale».

Per la cassazione di tale sentenza S.S.A. propone ricorso assistito da tre motivi e sostenuto da memoria ex art. 378 c.p.c.

La S.p.a. Rete Ferroviaria Italiana (subentrata alla S.p.a. Ferrovie dello Stato) resiste con controricorso e deposita memoria ex art. 378 c.p.c. nonché "atto di deposito dei documenti ex art. 372, comma 2, c.p.c.".

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente - denunciando "violazione degli artt. 2043, 1226 e 2697 c.c., 115 e 116, 324 e 329 c.p.c.; nonché vizi di motivazione" - rileva criticamente che «l'onere probatorio era stato pienamente assolto dal ricorrente il quale aveva dimostrato documentalmente sia il proprio diritto a partecipare alla procedura di accertamento professionale per il passaggio a "I tecnico" sia che il suo mancato inserimento tra i dipendenti ammessi alla selezione era dipeso esclusivamente da colpa della società» ed addebita al giudice di appello di non avere considerato che «il decidente di primo grado aveva già acclarato il diritto del S. a partecipare all'accertamento professionale, [per cui] la sussistenza di tale diritto non aveva costituito oggetto specifico di impugnazione e, di conseguenza, ciò aveva determinato l'acquiescenza parziale alla sentenza ex art. 329, comma 2, c.p.c. ed il passaggio in giudicato della statuizione sul punto».

Con il secondo motivo il ricorrente - denunciando "violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., nonché vizi di motivazione" - censura la sentenza impugnata per avere la Corte territoriale «errato nell'individuare il petitum e la causa petendi della fattispecie dedotta in giudizio (azione di risarcimento danni per perdita di chance) e l'onere probatorio posto a carico del ricorrente così determinando la falsa applicazione denunciata per error in procedendo».

Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente - denunciando "violazione degli artt. 115 c.p.c. e 2697 c.c., nonché vizi di motivazione" - censura la decisione impugnata «per non avere la Corte d'appello ammesso i mezzi di prova richiesti senza motivare sul punto e, contraddittoriamente, di avere rigettato la domanda proprio per la mancanza di prova in ordine alle circostanze che costituivano l'oggetto della richiesta prova per testi».

 

2. Il ricorso dinanzi proposto si appalesa fondato.

Al riguardo, con riferimento al secondo motivo di ricorso da esaminarsi anteriormente al primo per evidente priorità logica, effettivamente la Corte territoriale ha omesso di motivare e, quindi, di decidere - donde l'ammissibilità della disamina degli atti processuali del giudizio di merito anche nella presente sede di legittimità essendo stato dedotto un error in procedendo nella sentenza impugnata - sul punto concernente il risarcimento danni per la cosiddetta "perdita di chance" conseguente all'illegittima esclusione del S. dalla prova-selezione di accertamento professionale di cui al bando del 9 agosto 1991, in quanto ha erroneamente qualificato la domanda giudiziale del S. (intesa ad ottenere dalla società datrice di lavoro il risarcimento danni al cennato titolo e per la relativa causale) come domanda di qualifica superiore ovvero di risarcimento danni per mancata promozione alla qualifica superiore.

A tale proposito occorre, infatti, distinguere tra il danno da mancata promozione da quello di perdita di chance, nel primo caso, il lavoratore, che agisca per risarcimento del danno, deve provare sia l'illegittimità della procedura concorsuale sia che, in caso di legittimo espletamento, sarebbe stato certamente incluso nell'elenco dei promossi; nel secondo caso - sul presupposto della irrimediabile perdita di chance in ragione dell'irripetibilità della procedura con le stesse modalità e gli stessi partecipanti di quella ritenuta illegittima - si fa valere il danno associato alla perdita di una probabilità non trascurabile di conseguire il risultato utile; ne consegue che, mentre il danno da mancata promozione può trovare un ristoro corrispondente in pieno con la perdita dei vantaggi connessi alla superiore qualifica (non solo di natura economica, ma anche normativa), il danno da perdita di chance può solo commisurarsi, ma non identificarsi, nella perdita di quei vantaggi, in ragione del grado di probabilità - esistente al momento della legittima esclusione - di conseguire la promozione (Cassazione 734/2002; 123/2003).

Nella specie, dalla disamina dell'originario ricorso giudiziale, si evince chiaramente che il S. non aveva affatto richiesto la promozione a "I tecnico", bensì il risarcimento del danno conseguente alla sua illegittima esclusione dalla summenzionata prova-selezione di accertamento professionale per la responsabilità della S.p.a. Ferrovie dello Stato: per cui la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria, che ha qualificato e definito erroneamente la domanda giudiziale del ricorrente, deve essere su tale punto cassata con ogni relativa conseguenza.

La prima di tali conseguenze è quella inerente al primo motivo del ricorso relativamente alla statuizione sul contenuto dell'onere probatorio a carico del ricorrente, il quale - secondo la Corte territoriale nel brano motivazione già trascritto in cui si compendia sostanzialmente detta statuizione - avrebbe dovuto «fornire la prova che, ove avesse avuto possibilità di partecipare da "tecnico di stazione" all'accertamento professionale suddetto per conseguire la qualifica di "primo tecnico", avrebbe certamente superato la selezione»: statuizione questa del tutto errata in quanto, nel caso di giudizio instaurato dal lavoratore per ottenere il risarcimento danno per perdita di chance, il ricorrente ha l'onere di provare gli elementi atti a dimostrare, pure se solo in modo presuntivo e basato sul calcolo della probabilità, la possibilità che avrebbe avuto di conseguire il superiore inquadramento, atteso che la valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c. presuppone che risulti comprovata l'esistenza di un danno risarcibile (Cassazione 2254/2004).

Ha, quindi, fondamentalmente errato il Giudice di appello nel non valutare i documenti prodotti di S. (e analiticamente elencati, anche in relazione al loro contenuto, dal ricorrente in perfetto adempimento al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione) e, così, nel disattendere la richiesta di ammissione di prova testimoniale sui "capitoli" articolati dallo stesso S. (e pure testualmente riportati nel ricorso in adempimento, anche qui, al principio di autosufficienza) - per cui, sotto quest'ultimo profilo, deve essere specificamente accolto anche il terzo motivo di ricorso. 3. In definitiva, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso proposto da S.A.S. deve essere accolto e, per l'effetto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio della causa ad altro giudice - che si designa nella Corte di appello di Messina - affinché proceda al riesame della controversia sulla base delle risultanze processuali ed in applicazione dei principi di diritto summenzionati e dia, poi, corretta motivazione del decisum.

Il Giudice del rinvio provvederà, altresì, in ordine alle spese del giudizio di cassazione (art. 385, comma 3, c.p.c.).

 

P.Q.M.

 

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Messina.

 

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