Cass. civ., sez. lav., 17 gennaio 2011, n. 897 - Pres. Foglia - Est. Curzio - P.M. Fucci (concl. diff.) - Soc. Magaldi industrie c. Palumbo

Licenziamento disciplinare del dirigente - Art. 7, commi 2 e 3, l. n. 300 del 1970 - Applicabilità - Effetti - Pseudo-dirigente – Applcabilità della disciplina legale impiegatizia in tema di tutela reale.

Dirigente apicale dequalificato in mansioni di dirigente medio o minore – Non beneficia della disciplina reintegratoria propria della qualifica impiegatizia ma solo del risarcimento del danno da dequalificazione.

Le garanzie procedimentali dettate dall'art. 7, commi 2 e 3, l. n. 300 del 1970, devono trovare applicazione nell'ipotesi di licenziamento di un dirigente — a prescindere dalla specifica collocazione che lo stesso assume nell'impresa, ed anche nel caso in cui il dirigente sia stato dequalificato — sia se il datore di lavoro addebiti al dirigente stesso un comportamento negligente (o, in senso lato, colpevole), sia se a base del detto recesso ponga, comunque, condotte suscettibili di farne venir meno la fiducia. Dalla violazione di dette garanzie, che si traduce in una non valutabilità delle condotte causative del recesso, ne scaturisce l'applicazione delle conseguenze fissate dalla contrattazione collettiva di categoria per il licenziamento privo di giustificazione, non potendosi per motivi, oltre che giuridici, logico-sistematici assegnare all'inosservanza delle garanzie procedimentali effetti differenti da quelli che la stessa contrattazione fa scaturire dall'accertamento della sussistenza dell'illecito disciplinare o di fatti in altro modo giustificativi del recesso, dovendosi far riferimento, in mancanza di una specifica disciplina, ai criteri di cui all'art. 2099, comma 2, c.c. Ove, peraltro, il lavoratore, seppure nominativamente indicato quale dirigente (e con attribuzione di un omologo trattamento), non rivesta nell'organizzazione aziendale un ruolo di incisività e rilevanza analogo ai dirigenti convenzionali e, dunque, sia qualificabile come pseudo-dirigente, all'applicazione delle garanzie procedurali previste dall'art. 7 della l. n. 300 del 1970, devono seguire le ordinarie conseguenze legislative, in tema di applicazione del regime di tutela reale o obbligatoria, previste per qualsiasi lavoratore subordinato, cioè la reintegra nelle unità produttive oltre i 15 dipendenti e la tutela meramente obbligatoria in quelle inferiori.

Anche nel nuovo quadro di principi fissato dalla Cassazione a Sezioni Unite, 30 marzo 2007, n. 7880, la dequalificazione, unilateralmente operata dal datore di lavoro, del dirigente apicale in dirigente riconducibile alla media o bassa dirigenza, mentre - costituendo inadempimento contrattuale- consente al dipendente la tutela risarcitoria, non muta tuttavia il regime giuridico del licenziamento, essendo tale dequalificazione nulla ex art. 2103 c.c.

 

Fatto e diritto.

1. La s.r.l. «Magaldi industrie» chiede l'annullamento della sentenza della Corte d'Appello di Salerno, pubblicata il 16 gennaio 2006, che ha respinto l'appello contro la decisione con la quale il Tribunale di quella medesima città aveva accolto il ricorso di Salvatore Palumbo.

2. Il Palumbo lavorò alle dipendenze della Magaldi dal 1973 al 7 aprile 2000 giorno in cui fu licenziato per ragioni disciplinari, senza preavviso. Impugnò il licenziamento per una pluralità di motivi. Il Tribunale accolse il ricorso ritenendo che al licenziamento disciplinare del Palumbo avrebbe dovuto essere applicata la procedura prevista dall'art. 7 della l. n. 300 del 1970. Di conseguenza, dichiarò illegittimo il licenziamento, condannando l'azienda alla reintegrazione del lavoratore ed al risarcimento del danno.

3. La Corte ha confermato la valutazione del giudice di primo grado, concludendo che «il Palumbo, nel biennio precedente il licenziamento ed in particolare successivamente all'assunzione del direttore generale,  ing. Scala, aveva svolto mansioni di dirigente di livello inferiore e mai di dirigente apicale, non avendo mai avuto alcun potere gestionale in ordine alle strategie aziendali, né alcuna delega, neppure in alcuni settori o rami dell'azienda, sì da poter essere considerato come  l’alter ego dell'imprenditore».

4. Contro tale decisione la società ricorrente propone quattro motivi di ricorso, illustrati anche con una memoria e con note redatte in udienza. Il Palumbo si difende con controricorso.

5. L'esame dei motivi deve partire dall'ultimo, che pone una questione il cui accoglimento rende superfluo l'esame delle altre censure. La società ricorrente sostiene che la decisione violerebbe l'art. 2095 c.c.,  l'art. 10 della legge n. 604 del 1967 e gli artt. 7 e 18 della legge n. 300 del 1970, per aver confuso la nozione di pseudo-dirigente, che non svolge di fatto mansioni dirigenziali, con la figura del dirigente non apicale, che svolge mansioni dirigenziali di portata meno elevata e per aver dato rilievo giuridico alla distinzione, all'interno della categoria dei dirigenti, tra dirigenti apicali e non apicali; distinzione che non ha supporto normativo e che si pone in contrasto con quanto prescritto dall'art. 2095 del codice civile.

6. Il motivo è fondato, gli altri rimangono pertanto assorbiti.

7. In materia di applicabilità delle garanzie procedurali previste dai primi tre commi dell'art. 7 della legge n. 300 del 1970 (Statuto dei lavoratori), la giurisprudenza ha avuto una complessa evoluzione, segnata, in particolare, da due decisioni, di diverso orientamento, delle Sezioni Unite.

8. Nel 1995, con la sentenza n. 6041, le Sezioni Unite definirono il contrasto tra le opposte tesi affermando che gli obblighi della preventiva contestazione e della attribuzione di un termine a difesa, previsti di cui all'art. 7 della legge n. 300 del 1970, non sono applicabili al rapporto di lavoro dei dirigenti.

9. In motivazione, si precisò però che tale esclusione «vale per la figura del dirigente propriamente detto» (colui che «si colloca al vertice della organizzazione aziendale», svolgendo «funzioni tali da improntare la vita dell'azienda, con scelte di respiro globale, in rapporto di collaborazione fiduciaria con il datore di lavoro (del quale è alter ego)» e «non riguarda il cd. pseudo-dirigente o dirigente meramente convenzionale nel quale le mansioni concretamente attribuite ed esercitate non hanno le caratteristiche proprie del rapporto propriamente dirigenziale».

10. Nel 2007 le Sezioni Unite sono tornate sul tema, rettificando la posizione e integrando anche i dirigenti propriamente detti nell'area delle garanzie disciplinari.

11. Con la sentenza 30 marzo 2007, n. 7880, l'organo di nomofilachia ha affermato che non si può frammentare la categoria dei dirigenti, esimendo il datore di lavoro dall'osservanza dell'obbligo di contestazione degli addebiti nei confronti dei «dirigenti apicali» e ha dichiarato di «condividere la tesi favorevole ad estendere a tutti coloro che rivestono la qualifica di dirigenti in ragione della rilevanza dei compiti assegnati dal datore di lavoro - e quindi senza distinzione alcuna tra top manager ed altri (dirigenti cd. medi o minori) appartenenti alla stessa categoria — l'iter procedimentale previsto dalla legge n. 300 del 1970, art. 7».

12. Questo perché - sottolineano le Sezioni Unite richiamando principi affermati dalla Corte Costituzionale - una generalizzata estensione delle procedure di contestazione dei fatti posti a base del recesso trova la sua ratio non nelle caratteristiche del rapporto di lavoro, «ma nella capacità dei suddetti fatti di incidere direttamente, al di là dell'aspetto economico, sulla stessa persona del lavoratore, ledendone talvolta, con il decoro e la dignità, anche l'immagine in modo irreversibile».

13. Inoltre, «non risponde a consequenzialità logica una lettura restrittiva del dato normativo che finisca per penalizzare i dirigenti, i quali - specialmente se con posizioni di vertice e se dotati di più incisiva autonomia funzionale - possono subire danni, con conseguenze irreversibili per la loro futura collocazione nel mercato del lavoro, da un licenziamento, che non consentendo loro una efficace e tempestiva difesa, può lasciare ingiuste aree di dubbio sulla trasparenza del comportamento tenuto e sulla capacità di assolvere a quei compiti di responsabilità correlati alla natura collaborativa e fiduciaria caratterizzante il rapporto lavorativo».

14. Nella stessa sentenza le Sezioni Unite hanno affrontato il problema, connesso ma distinto, delle conseguenze del mancato rispetto delle garanzie procedimentali.

15. La posizione assunta è che, se la categoria dei dirigenti non deve essere frammentata in relazione ai principi fissati dalla prima parte dell'art. 7, può invece essere differenziata sul piano delle conseguenze, modulando le tutele contro le violazioni delle garanzie procedurali in relazione al diverso livello dei poteri a ciascun dirigente demandati.

16. Si è sottolineato che in materia riveste un ruolo centrale l'autonomia collettiva, perché le associazioni sindacali colgono meglio le peculiarità dei diversi settori produttivi e delle diverse organizzazioni aziendali, spesso articolate in reti con più centri decisionali, come riconosce anche il legislatore con gli artt. 2095 e 2071 comma 2, del codice civile, nei quali viene attribuito alla contrattazione collettiva un ruolo primario nella disciplina delle mansioni e delle qualifiche dei lavoratori.

17. Pertanto, le conseguenze del mancato rispetto delle garanzie procedurali possono essere differenti per i dirigenti in senso proprio, cioè i vertici aziendali (dirigenti apicali) e per quelli di livello minore (non apicali), spesso qualificabili come dirigenti solo per scelte dell'autonomia collettiva (dirigenti convenzionali).

18. Il principio di diritto enunciato a conclusione di questa motivazione è il seguente: «le garanzie procedimentali dettate dalla legge n. 300 del 1970, art. 7, commi 2 e 3, devono trovare applicazione nell'ipotesi di licenziamento di un dirigente - a prescindere dalla specifica collocazione che lo stesso assume nell'impresa - sia se il datore di lavoro addebiti al dirigente stesso un comportamento negligente (o in senso lato colpevole) sia se a base del detto recesso ponga, comunque, condotte suscettibili di farne venir meno la fiducia.

Dalla violazione di dette garanzie, che si traduce in una non valutabilità delle condotte causative del recesso, scaturisce l'applicazione delle conseguenze fissate dalla contrattazione collettiva di categoria per il licenziamento privo di giustificazione, non potendosi per motivi, oltre che giuridici, logico-sistematici assegnare all'inosservanza delle garanzie procedimentali effetti differenti da quelli che la stessa contrattazione fa scaturire dall’accertamento della sussistenza dell'illecito disciplinare o di fatti in altro modo giustificativi del recesso».

19. Deve, infine, sottolinearsi che, in un importante inciso, le Sezioni Unite hanno precisato che rimangono fuori da questo ambito i cd. pseudo-dirigenti, «cioè quei lavoratori che seppure hanno di fatto il nome ed il trattamento dei dirigenti, per non rivestire nell'organizzazione aziendale un ruolo di incisività e rilevanza analogo a quelle dei cd. dirigenti convenzionali, non sono classificabili come tali dalla contrattazione collettiva e tanto meno dal contratto individuale non essendo praticabile uno scambio tra pattuizione dei benefici economici (e di più favorevole trattamento) e la tutela garantistica ad essi assicurata, al momento del recesso datoriale, dalla legge n. 604 del 1966 e dalla legge n. 300 del 1970».

20. In conclusione, dopo quest'ultimo intervento delle Sezioni Unite, per valutare posizioni come quella in esame, è necessario verificare se si è in presenza di un dirigente o di un pseudo-dirigente. Nel secondo caso si applicheranno le garanzie procedurali previste dai primi tre commi dell'art. 7 St. lav. e le conseguenze previste per qualsiasi lavoratore subordinato. Nel primo caso, si applicheranno le garanzie procedurali previste dai primi tre commi dell'art. 7, quale che sia il livello del dirigente (apicale, medio, minore), mentre le conseguenze saranno differenziate in base al trattamento previsto dalla contrattazione collettiva.

21. Qualora la contrattazione collettiva di settore non contenga una specifica disciplina, la fattispecie dovrà essere valutata con i criteri di cui all'art. 2099, secondo comma, c.c. (così: Cass., 16 maggio 2008, n. 12403).

22. Deve aggiungersi, che la valutazione va operata senza tener conto di eventuali dequalificazioni. Come ha precisato Cass., 8 novembre 2005, n. 21673, la dequalificazione, unilateralmente operata dal datore di lavoro, del dirigente apicale in dirigente riconducibile alla media o bassa dirigenza, mentre - costituendo inadempimento contrattuale - consente al dipendente la tutela risarcitoria, non muta il regime giuridico del licenziamento, essendo nulla ex art. 2103 c. c. Questa affermazione rimane ferma anche nel nuovo quadro di principi fissato dalle Sezioni Unite nel 2007.

Pertanto, la sentenza deve essere cassata con rinvio al giudice di merito che dovrà rivalutare la situazione alla luce dei principi di diritto su enunciati.

 

(Torna alla Sezione Mobbing)