LA DISCIPLINA CONTRATTUALE
DEL COMPORTO DI MALATTIA NEL CREDITO
1. La questione del “comporto secco” e “per sommatoria”
La disciplina del periodo di
conservazione del posto ( c.d. " comporto") in caso di malattia o
infortunio è reperibile negli artt. 41 e 42 del ccnl 22 novembre 1990 per il
Personale direttivo ( e negli analoghi, sostanzialmente identici, artt. 92 e 93
del ccnl 23 novembre 1990 per il restante personale).
Prima di analizzare il tipo di disciplina
concordata per la salvaguardia dello stato di malattia, va detto che, secondo
l'oramai consolidato orientamento delle sezioni unite della Cassazione ( Cass.
sez. un. 29 marzo 1980, n. 2072, in Not.
giurisp. lav. 1980,184, seguita da Cass. 13 novembre 1986, n. 6669, ibidem 1987, 52 e da Cass. 23 maggio 1992
, n. 6199, ibidem 1992,509), la
tutela approntata dall'art. 2110 c.c. è da ritenersi operativa per tutte le
ipotesi di malattia, sia unitaria sia frazionata ( c. d. a stillicidio o da eccessiva morbilità). A
tal fine la Cassazione ha asserito che la durata
dell'inibizione legale alla facoltà datoriale di risoluzione del rapporto con
preavviso ( ex art. 2118 c.c.) deve essere individuata dal giudice facendo
ricorso agli usi o all'equità, "nel
caso in cui la contrattazione collettiva abbia omesso di contemplare il
comporto per l'ipotesi delle malattie saltuarie e ricorrenti" per
essersi - all'opposto - limitata a disciplinare solo la fattispecie della
conservazione del posto per la malattia unitaria, a decorso continuativo.
Appare evidente che diverse sono le
conseguenze pratiche nel caso in cui, nelle disposizioni dei commi 1 e 3 degli
artt. 41 e 92 ( rispettivamente per il personale direttivo e non ), si ravvisi
esclusivamente una disciplina per la malattia unitaria ovvero una soluzione di
"comporto per sommatoria", afferente alle plurime malattie. Infatti,
in quest'ultimo caso, risulta precluso
l'intervento equitativo del magistrato, volto ad integrare la lacuna
contrattuale mediante indicazione della durata del comporto in termini atti a
contemperare i contrapposti interessi aziendali e del prestatore di lavoro.
Da parte imprenditoriale, unitamente a
taluna giurisprudenza di merito ( Trib. Roma
16 aprile 1993, in Not. giurisp.
lav. 1993,74; Pret. Roma 6 aprile 1993, ibidem
1993,398; Trib. Pistoia 22 aprile
1992, ibidem 1992, 509; Pret. Novara
10 novembre 1988, ibidem 1988, 814),
si sostiene che la disciplina contrattuale inequivocabilmente attiene alla
malattia unica, sebbene a livello pattizio
quest'ultima venga stemperata e contraddetta dalla soluzione - di cui al
comma 3 - del c.d. "ripescaggio" delle malattie intermittenti,
intervenute nei 6 mesi antecedenti all'unitaria malattia.
Da parte della Cassazione si registrano
allo stato 4 sentenze statuenti l'esclusione, nella previsione contrattuale, di
una disciplina del "comporto per sommatoria" e 2 favorevoli a negare
che la disciplina attenga esclusivamente alla malattia unitaria. Nel primo
orientamento ( di sfavore per il lavoratore) si inscrivono le più recenti
(Cass. 19 giugno 1993, n.6825, in Not. giurisp.lav.
1993,694; Cass. 23 maggio 1992, n. 6199, ibidem
1992, 509; Cass. 15 aprile 1991, n. 4007,
ibidem 1991,52; Cass. 11 maggio 1989, n. 2140, ibidem 1989, 309), tutte naturalmente favorevoli alla
legittimazione giudiziale per la fissazione, in via equitativa, di una
disciplina del "comporto per sommatoria" delle malattie plurime,
mediante l'individuazione di un termine esterno ( pari, di norma, ai 3 anni di
vigenza contrattuale) entro cui cumulare le malattie saltuarie ai fini del
riscontro del superamento dei periodi contrattuali di conservazione del posto.
Nel secondo orientamento ( secondo cui la disciplina contrattuale, attraverso
il ripescaggio delle malattie intermittenti nei 6 mesi antecedenti l'ultima
infermità, disciplinerebbe anche il " comporto per sommatoria") si
registrano le meno recenti ( Cass. 5 settembre 1989, n. 3867, in Not. giurisp. lav. 1989, 675 e Cass. 17
maggio 1987, n. 3849, ibidem 1987,
756; nel merito, Pret Firenze 16 giugno 1982, in Giust. civ. 1982, I, 2502).
2. Il contrastante orientamento
della Cassazione
Nella sua prima decisione n. 3849/1987,
la Cassazione ha ravvisato nella norma pattizia la disciplina, altresì, della
morbilità discontinua, con effetti di impedimento dell'intervento giudiziale su
base equitativa, talvolta singolarmente caldeggiato da parte datoriale con la
stessa enfasi con cui è, di norma,
osteggiato in altre ipotesi ( tra cui, emblematicamente, quella del riscontro
dell'equivalenza reale per il caso di spostamento a mansioni diverse). Nella
precitata decisione la S. corte in sostanza sostenne che il licenziamento del
lavoratore, a seguito di esaurimento del periodo di comporto, consegue solo
quando lo stesso sia stato superato da una malattia ininterrotta ovvero da
questa cumulativamente ad altre frazionate verificatesi nei 6 mesi precedenti (
clausola di ripescaggio, configurante la disciplina per sommatoria); ferma
restando la garanzia del comma 3°, secondo la quale si avrà comunque
conservazione del posto per 3 o 6 mesi( per anzianità rispettivamente inferiore
o superiore ai 10 anni, ex art. 6
r.d.l. n. 1825/1924) per l'ultimo evento morboso unitario di durata
prolungata, a prescindere dal superamento, tramite la formula del comporto con
ripescaggio, dell'arco temporale contrattuale di conservazione del posto. A
tali affermazioni la predetta decisione è giunta nella piena consapevolezza che
" una simile interpretazione
potrebbe dar luogo ad inconvenienti a danno del datore di lavoro, ma - ha
soggiunto (n.d.r.) - deve ricordarsi che,
per la prevalenza che l'art. 2110 c.c. accorda alle norme collettive
sull'equità, a quest'ultima può farsi soltanto
ricorso quando possa escludersi che le parti collettive abbiano voluto
prevedere il comporto per sommatoria,
per cui, quando questo è previsto, l'indagine del giudice deve essere limitata
ad accertare ciò che le parti collettive hanno voluto...".
Nella posteriore decisione dell'11 maggio
1989, n. 2140, la Cassazione - con posizione difforme del P.M. rispetto a
quella del consigliere estensore - ha, all'opposto, sostenuto che la clausola (
del regolamento del personale della Banca Sannitica, identica a quella del ccnl
di settore) configurava un " comporto secco", richiedente
l'intervento equitativo giudiziale per l'ipotesi delle malattie plurime. "
Apodittica - secondo tale decisione,
risulterebbe - l'affermazione ( di
cui a Cass. n. 3849/1987, n.d.r.) che la clausola contrattuale ... disciplini
una ipotesi di comporto per sommatoria, quando appare invece evidente, proprio
in base alla lettera della disposizione, che il comma 1° di essa contempla una
fattispecie di malattia unica e che il comma 3° soltanto consente che nel
computo di un siffatto comporto secco possano essere cumulati, con il periodo
di durata dell'ultima malattia unica, i periodi di malattia verificatisi nei sei mesi precedenti, così operando
sostanzialmente l'unificazione di queste
manifestazioni morbose prodromiche con l'ultimo, immediatamente
successivo episodio morboso. E se si tien conto... che la durata di
quest'ultima malattia non può per la previsione contrattuale in esame (ipotesi sub
c) artt. 41 e 92 rispettivi ccnl,
n.d.r.) essere inferiore ai 12 mesi (
perché solo in tal caso, aggiungendo gli altri 6 mesi precedenti, si
raggiungono i richiesti 18 mesi), conseguentemente restano fuori
dall'anzidetta previsione tutte le assenze, più o meno brevi, che
normalmente integrano quella morbilità discontinua pur contemplata dall'art.
2110 c.c."
Vero è invece che la clausola
contrattuale, proprio attraverso la previsione di recupero (cioè di sommatoria) delle plurime malattie
intervenute nei 6 mesi antecedenti all'ultimo evento morboso, realizza
pattiziamente una particolare, seppur limitata, fattispecie di "comporto per sommatoria". La
soluzione, non si nega, può risultare più favorevole per i lavoratori rispetto
ad analoghe configurazioni contrattuali di "comporto per sommatoria"
reperibili in altri settori, ma non per questo ( convenuto " favor") si può essere legittimati a
disconoscere le caratteristiche di " sommatoria" del comporto ivi disciplinato
dalle parti nè l'interprete può essere autorizzato a maturare un diverso
convincimento allo scopo di apportare d'autorità correzioni irrispettose
dell'autonomia contrattuale. Successivamente la Cassazione - con sent. n. 3867
del 5 settembre 1989 è nuovamente riintervenuta sulla specifica clausola
contrattuale disciplinante il periodo di comporto del settore credito,
ravvisandovi , correttamente, le caratteristiche della " sommatoria"
( e non già quelle del comporto secco), alla pari di Cass. n. 3849/1987. Il
tono usato dall'estensore della decisione sembra teso alla sconfessione del
precedente orientamento sopra riferito ( espresso con le conclusioni difformi
del P.M. ) specie laddove imputa severamente al Tribunale di " aver trascurato di esaminare il contenuto
della tutela della norma collettiva e se lo avesse fatto si sarebbe accorto che
... la stessa contempla una forma di comporto per sommatoria".
A questa decisione seguiva Cass. n.4007
del 15 aprile 1991 , di segno contrario, ripetitiva delle considerazioni e
conclusioni effettuate da Cass. n. 2140/1991 e, nello stesso senso, ancora
Cass.n. 6199 del 23 maggio 1992. Ancora in questa linea di pensiero Cass.n.
6825 del 19 giugno 1993 che ha ritenuto di riscontrare nella disciplina
contrattuale " un peculiare criterio
di computo del comporto secco"..." implicante la sostanziale unificazione delle delle manifestazioni
morbose precedenti con l'ultima immediatamente successiva " malattia.
Secondo questa decisione, più argomentata e meno ripetitiva delle precedenti
inscrivibili nello stesso orientamento ( di sfavore per il lavoratore), due
sarebbero i "nei" della tesi opposta che avrebbe riscontrato nel
"comporto secco con ripescaggio delle malattie intervenute nei 6 mesi
precedenti" la fattispecie del
" comporto per sommatoria". Primo: il non aver tenuto conto
che, secondo l'insegnamento delle sezioni unite, il "comporto per sommatoria deve essere riferibile all'ipotesi della
pluralità di assenze per molteplici episodi morbosi che si verifichino entro un
determinato arco temporale, nell'ambito del quale non è consentito superare un
periodo massimo complessivo di conservazione del posto"; secondo:
interpretare la norma contrattuale come riferibile anche alla morbilità
discontinua significherebbe legittimare
"un evidente squilibrio nella
regolamentazione degli interessi delle parti, rendendo possibile
l'indeterminato reiterarsi dell'inizio del periodo di comporto"." Ciò
condurrebbe a conclusioni che non sono ragionevolmente riferibili alla volontà
e alle intenzioni delle associazioni sindacali stipulanti, quali organismi
istituzionalmente demandati a realizzare nei rapporti di lavoro - attraverso il
patto collettivo - un plausibile ed equilibrato contemperamento degli opposti
interessi delle parti".
3.
Nostre considerazioni ed auspici
Da parte nostra non ci sentiamo di poter
convenire con queste considerazioni della Cassazione. Il "peculiare
criterio di computo del comporto secco" è " peculiare" proprio
in quanto il ripescaggio - di cui al 3° comma degli artt. 41 e 92 ( del ccnl
per i direttivi e non) - struttura, riallacciando all'unitaria malattia
successiva, le saltuarie, plurime malattie dei 6 mesi precedenti (che non
debbono essere contrabbandate – come ha fatto la successiva Cass. n. 7660 del
20.8.1996 - per " manifestazioni prodromiche" dell'unitaria, successiva,
malattia, in quanto normalmente sono da essa del tutto diverse e scollegate) un ipotesi di " comporto
per sommatoria", quantunque in un
arco temporalmente limitato, a causa - probabilmente - della maggior forza
contrattuale delle OO.SS. su questa tematica caratterizzata da aspetti
umanitari e di socialità , a fronte dei quali può ipotizzarsi ragionevolmente
un atteggiamento concessivo e di minor resistenza dell'associazione datoriale.
Rileggere la pattuizione in senso disciplinante il solo " comporto
secco" per autorizzare il magistrato ad una operazione equitativa di
" riequilibrio della regolamentazione dei contrapposti interessi", è
iniziativa giuridicamente scorretta, arbitraria e lesiva dell'autonomia
contrattuale, perché - così ragionando - bisognerebbe allora legittimare il
magistrato al " riequilibrio... dei contrapposti interessi" in tutte
quelle materie in cui il Sindacato ha effettuato cedimenti e rinunzie palesi.
Comunque l'altalenarsi dell'orientamento
della sezione lavoro della Cassazione giustifica - a nostro avviso - un
intervento chiarificatore delle sezioni unite ovvero, meglio ancora, una
modifica disciplinare (nel senso della chiarezza) a livello ed in sede di
rinnovo contrattuale, carenti i quali grava, purtroppo sui lavoratori, una
situazione di estrema incertezza su una delle normative più delicate approntata
per la fase più indifesa del rapporto di lavoro: la conservazione del posto in
caso di malattia.
(pubblicato in Lav. prev. Oggi, n. 8-9/1996, 1463)
P.S. – Successivamente al
nostro articolo, la Cassazione ha continuato nelle sue oscillazioni, sostenendo nella successiva Cass. 20
agosto 1996, n. 7660 e in Cass. 2 maggio 2000, n. 5485 che la clausola del
settore credito configurava l’ipotesi del “comporto secco”, - legittimante
l’intervento equitativo del giudice per colmare la lacuna della disciplina del
comporto per sommatoria di plurime malattie (con fissazione di un termine interno
ed esterno entro cui computarle, di norma quest’ultimo coincidente con l’arco,
allora triennale, di vigenza del contratto collettivo) – mentre Cass. 11 aprile
2000 n. 4629 (in Not. giurisp. lav. 2000, 726,con nota redazionale
errata ed orientante al fraintendimento
se non si legge integralmente la sentenza), individuava nella disciplina di
settore inequivocamente la regolamentazione del “comporto per sommatoria”,
inibente l’intervento integrativo giudiziale. In presenza di tali oscillazioni, nella redazione dell’articolato del 23 marzo
2001 – strutturante di fatto il testo del nuovo ccnl 11 luglio 1999 per i
quadri direttivi ed il personale delle aree professionali (dalla 1° alla 3°) –
si registra un “cedimento” del Sindacato a favore della tesi datoriale e
giurisprudenziale leggermente prevalente. Mediante l’abdicazione del vecchio “comporto” –
secondo noi per sommatoria (con ripescaggio delle malattie nei sei mesi
precedenti, tutt’altro che caratterizzate da natura prodromica rispetto alle
successive secondo la contraria opinabile tesi di Cass. n. 76660/1996) - e
dietro ottenimento (eminentemente in dipendenza dell'arco di computo
correlato alla vigenza del ccnl, elevato dai precedenti 3 ai 4 anni, cioè ben
48 mesi!) di una maggiorazione media di 2 mesi di conservazione del
posto (rispetto alle precedenti misure, correlate ai vari scaglioni di
anzianità di servizio), le OO.SS
accettano di considerare la precedente disciplina come regolante la sola
malattia unitaria (c.d. “comporto secco”) ed introducono una nuova disciplina
del “comporto per sommatoria” (all’art. 49),
in cui prevedono come regola
(superata la fase transitoria di scadenza del ccnl in questione) che tutte le malattie verificatesi nei 4 anni
(48 mesi) di vigenza contrattuale debbano essere conteggiate ai fini di
verificare l’avvenuto superamento del periodo di conservazione del posto (es: 8
mesi per anzianità fino a 5 anni, per i 1° scaglione). Con la conseguenza che
in caso, ad esempio, di malattie neurologiche o da sindrome depressiva
notoriamente caratterizzate da ricadute, il termine di conservazione del posto
risulta talmente "risicato" ed esiguo da
provocare il licenziamento dell’ammalato per superamento del
comporto (a poco valendo la facoltà del
ricorso ai 4 mesi aggiuntivi di aspettativa non retribuita). Non è questo peraltro il solo cedimento che si registra – nel precitato ccnl 11 luglio 1999 -
a favore della posizione dell’ABI da
parte delle OO.SS del credito (a parte la nota soppressione ed il
ridimensionamento dell’ex categoria dei funzionari). Nel novero dei “cedimenti”
va inclusa la legittimazione sindacale (ex art. 15) al “distacco” senza consenso del
prestatore di lavoro e la soppressione della precedente “procedimentalizzazione”
delle promozioni, nei previgenti ccnl correlata al rispetto di “fattori”
tassativi, ora trasformati in esemplificativi, preclusivi di qualsiasi verifica giudiziale e
riconferitori
della piena discrezionalità alle aziende in un campo così delicato come quello
degli avanzamenti di carriera, con rinnovato ampio spazio per lo spiegamento
del (mai dismesso) clientelismo o nepotismo tipico di questo settore economico
(e non solo di esso).
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