- Con il D. lgs. 23 febbraio 2000 n. 38, abbiamo una prima,
sperimentale, definizione di danno biologico. "Il danno biologico è la
lesione dell'integrità psicofisica, suscettibile di valutazione medico legale
della persona". "Le prestazioni per il ristoro del danno biologico
sono determinate in misura indipendente dalla capacità di produzione del
reddito del danneggiato".Con il decreto legge 17 marzo 2000 (sulla base
del progetto comunicato dal rappresentante del Governo alla stampa) si
introduce una miniriforma sul risarcimento dei danni di lieve entità alla
persona, definendo, nel terzo comma dell'art. 3, il danno biologico come: "La
lesione dell'integrità psicofisica della persona, suscettibile di accertamento
medico legale. Il danno biologico è risarcibile indipendentemente dalla sua
incidenza sulla capacità di produzione del reddito del danneggiato".Il
danno lieve (sino al 9%) è liquidato automaticamente a punto, per un importo di
L. 800.000 punto per postumi permanenti o lesioni sino al 5% di invalidità e
per un importo di L. 1.500.000 a punto per le lesioni invalidanti dal 6 al 9%. Le
micropermanenti sono per legge definite come lesioni invalidanti dal 0,1 al 9%.Il
decreto, anticipando la grande riforma del danno biologico, affida al Ministro
dell'industria e del commercio, di concerto con quello della Sanità (ma
ignorando significativamente sia il ministro dei trasporti, che quello del
lavoro, che quello di giustizia) il compito di stabilire con provvedimento
amministrativo(impugnabile davanti al TAR del Lazio?) che determinerà la
tabella punti per la invalidità permanente. Questa norma è di una oscurità
assoluta:il potere regolamentare dei ministri concertanti potrebbe attenere: a)
alla redazione di una tabella punto nazionale, limitata allo stabilire in
valore punto di invalidità permanente, sostituendo le tabelle dei vari
tribunali, ed assicurando l'uniformità sul territorio nazionale, ma non si
dice, da parte della norma quadro, a quali criteri il ministro dovrà attenersi,
se di automatismo puro o moderato, ed entro quali limiti potrà esercitarsi la
cd. personalizzazione del danno; b) alla redazione di una tabella medico legale
a punto di invalidità permanente, uniformando le varie tabelle convenzionali o
legali esistenti, e lasciando in vigore le vigenti tabelle dei tribunali. La
prima tesi sarà vigorosamente sostenuta dal Ministro del Commercio e dagli
assicuratori; la seconda tesi dal Ministro dellaSanità. Sempre stando alle
dichiarazioni del portavoce del Governo, in sede di approvazione della legge
finanziaria omnibus, il governo, con un emendamento introdurrà nella legge
"la nuova disciplina in tema di danno alla persona" già predisposta
dal Governo (con la firma dei ministri Diliberto, Amato, Bersani e Bassolino)
con il disegno di legge n. 4093, presentato nel giugno 1999 alSenato della
Repubblica. Con questo espediente il Governo introduce, in una legge
finanziaria, una riforma importantissima, che modifica il codice civile, e che
incide sul diritto inviolabile della persona, che è la salute, sottraendosi al
dibattito parlamentare. L'art. 2056 bis del codice civile, reca la nuova
definizione di danno biologico. "Danno biologico è la lesione
dell'integrità psicofisica, suscettibile di accertamento medico legale, della
persona. Il danno biologico è risarcibile indipendentemente dalla sua incidenza
sulla capacità di riproduzione di reddito del danneggiato. In caso di morte del
danneggiato, il danno biologico è risarcibile avuto riguardo al tempo trascorso
dall'evento dannoso".L'art. 2056 ter disciplina il danno biologico subito,
in caso di morte, dai congiunti prossimi del danneggiato, incluso il convivente
di fatto. L'art. 2059, nel nuovo testo, modifica la disciplina del danno morale
svincolandola dal reato. "In mancanza di specifici criteri previsti dalla
legge, il danno morale è liquidato dal giudice, tenendo conto della gravità
della lesione e di ogni altro elemento idoneo a provarne l'effettiva incidenza
sul danneggiato". Norma altrettanto oscura, perché sembra riconoscere il
solo danno morale conseguenziale al danno biologico. Ma essendo stato soppresso
il vecchio testo dell'art. 2059 c.c., resta ferma la disciplina penalistica del
danno morale soggettivo da reato, mentre è da escludere che la nuova sia una
clausola generale del danno non patrimoniale, a meno che l'espressione gravità
delle lesione non sia intesa, nel senso costituzionale corretto ed evolutivo,
di lesione di un qualsiasi interesse meritevole di tutela (Cfr. Cass. S.U. n.
500 del 1999). E' poi prevista una tabella punto indicativa nazionale, senza
previsione di correttivi personalizzanti (con l'eccezione per i soggetti di età
superiore ai 70 anni) a parte l'età ed il grado di invalidità, ed è previsto il
ridotto risarcimento del danno morale conseguenziale, che non può superare il
50% del danno biologico. In conclusione, il Governo, che rappresenta gli
interessi della nazione e del popolo dei danneggiati, ha in previsione di
stabilire che:
- -
il danneggiato in modo lieve ha diritto non ad un
risarcimento totale, ma ad un risarcimento parziale, globale, automatico;
- - il
danneggiato non lieve, ha invece diritto ad un indennizzo automatico ispirato
al sistema della livella (principio di eguaglianza nella disgrazia) e ad un
indennizzo ridotto nel caso di danno morale, poiché il pretium doloris, specie
se di ordine psichico o spirituale, vale molto meno del danno fisico, alla
persona come res animata.
- La riforma del danno alla
persona, secondo i criteri ispirati da quelle parti economiche fortissime che
tutti conoscete, avviene dunque sostituendo al principio europeo di diritto
comune del risarcimento integrale del danno, il diverso principio
indennizzatorio e punitivo per il danno morale, forse perché è fortissima una
tradizione religiosa secondo cui che più soffre in vita merita un premio dopo
morto.
- In questo nuovo quadro, che
senso a parlare della evoluzione del danno psichico nelle poche ed incerte
decisioni della cassazione e, partendo da quel confusionario incipit che è l'arresto
costituzionale del 1994? Il senso della riflessione è dunque necessariamente
più profondo, perché occorre ricordare alcuni punti fermi che la S. Corte,
nella sua funzione democratica di concorrere alla certezza del diritto,
unitamente alla Corte Costituzionale, che garantisce la conformità delle leggi
al diritto della Costituzione, ha posto in questi anni. Il primo punto fermo
consiste nell'avere affermato il principio del neminem laedere come immanente
nell'ordinamento giuridico, principio di rilevanza costituzionale quando la
lesione attiene ai diritti umani inviolabili, tra i quali vi è la salute. Aggiungo
dopo la istituzione della Unione Europea, tale principio è immanente nella Costituzione
europea, che recepisce la tutela di tutti i diritti umani, salute inclusa (art.
1 ottavo comma del trattato della Unione come riformato dal trattato di
Amsterdam).
- Secondo punto fermo, affermato
dalla Cassazione e dalla Corte Costituzionale è che il risarcimento del danno
alla persona deve essere totale, non parziale, non indennizzatorio e per tutte
le voci di danno patrimoniale e non patrimoniale. - Noto che il legislatore
(nella riforma INAIL e nella prossima INPS) e nel progetto di riforma del danno
alla persona afferma la natura non patrimoniale, areddituale del danno. E tale
riconoscimento è importantissimo perché evita le odiose discriminazioni
reddituali. - Se questi due punti saranno mantenuti fermi, nella mente dei
giuristi e dei giudici, avremo due conseguenze interpretative:
- -
impugnazione per illegittimità costituzionale del
decreto legge sulla riforma della micropermanente;
- -
interpretazione estensiva e correttiva della definizione di danno biologico,
intendendola come sinonimo come sinonimo di danno alla salute. Se così non
fosse, se prevalesse l'interpretazione statica e non quella dinamica ed
esistenziale o interrelazionale di tale danno, dovremmo dire che altro è il
bene salute, altro è il danno biologico, che è la sua riduzione, sicché la sua
riparazione non può che avvenire in modo parziale, tanto più parziale quanto
chiamata a pagare sia un'assicurazione pubblica o privata.
- Passo ora ed esporre tre definizioni, che ricavo, logicamente
dalla mia esperienza di giurista e di magistrato:
- -
DANNO ALLA SALUTE: è per il combinato disposto degli
artt. 2043 c.c., 2,3,32 della Costituzione, il danno ingiusto, consistente
nella menomazione psicofisica della persona, determinante la compromissione
delle attività in cui si esplica la personalità del soggetto (quali tutte le
funzioni vitali, culturali,sessuali, ricreative, estetiche ed attinenti alla
capacità lavorativa) per la sua realizzazione esistenziale. Questa definizione
è a carattere tecnico e ricognitivo, poiché tiene conto degli arresti
costituzionali e di tutta la giurisprudenza della cassazione e del merito, che
hanno costruito una categoria unica di danno alla salute, che nella prassi
giudiziaria ha assunto la nota sintetica di danno biologico. In questa
definizione l'accertamento medico legale attiene alla lesione ed alle sue
conseguenze, alla percentualizzazione della invalidità, non alla valutazione
equitativa (secondo criteri personalizzanti), che spetta al giudice. La
tendenza della riforma, che contrasta con il prevalente indirizzo europeo, è
invece quella di eliminare la discrezionalità del giudice, con la conseguenza
di un automatismo da livella, che non rispetta le qualità e la dignità della
singola persona.
- -
DANNO PSICHICO
è la menomazione, la lesione, della salute psichica della persona, medicalmente
accertabile.
- -
DANNO MORALE è la lesione della dignità umana,
proveniente da reato, da lesione alla salute, e da qualsiasi altra lesione dei
diritti della persona umana. Non ho qui lo spazio necessario per dimostrare la
storicità e la positività di queste tre definizioni; la dimostrazione occupa i miei
due tomi dedicati al danno biologico ed al danno patrimoniale e non
patrimoniale della persona. Qui le rappresento come proposte interpretative che
mediano tra dottrina e giurisprudenza ed esperienza medico legale. Resta da stabilire se, dopo il 1994, la
Cassazione abbia seguito o non la proposta interpretativa della Corte
Costituzionale (nella sentenza n. 372). L'unico precedente noto riguarda gli inquinati di Seveso, che
avevano chiesto il risarcimento del danno morale, per le sofferenze psichiche
ed i patemi d'animo conseguenti a tale inquinamento atmosferico, senza però
dedurre, in proprio, le circostanze personalizzanti, ma operando una sorta di
presunzione collettiva di danno. La Cassazione ha dovuto rigettare il ricorso
dei danneggiati confermando la decisione d'appello che riformava quella del
Tribunale. La Cassazione richiama la distinzione proposta dalla Consulta, tra
danno morale come patema d'animo transeunte e danno psichico (come
psicopatologia permanente, ma si tratta di un "obiter" peraltro
superfluo. Un ultimo arresto (Cass. 29.11.1999 n. 13440), mal massimato,
contiene una contestazione alla proposta della Consulta, infatti si ammette
che:" il danno biologico può sussistere non solo in presenza di una
lesione di postumi permanenti, ma anche in presenza di lesioni che abbiano
causato uno stress psicologico". Non condivido la contrapposizione fatta
dalla Consulta nel 1994 tra danno morale (inteso materialisticamente, come pecunia
doloris, come patema d'animo transeunte) e il danno psichico (che invece è
esattamente definito). La definizione
del danno morale non coincide con quella europea costituzionale sopra riferita,
anche se è stata affermata almeno in quattro arresti della cassazione non
inseriti nel massimario ufficiale né riprodotti dalle riviste giuridiche, ma
considerati in alcuni testi sul danno biologico e da molti giovani giudici del
merito. Per queste considerazioni osservo che la disputa per la definizione del
danno psichico è naturalmente deputata alla scienza medica e che la equità del
giudice resti perplessa a fronte di valutazioni, su tale danno, profondamente
divergenti, specie sulla determinazione del nesso di causalità. L'evoluzione
giurisprudenziale è di ordine concettuale giuridico, rimettendo al medico
legale, al medico psichiatra, l'onestà di un accertamento, come ausiliario
imparziale, non condizionato da conflitti di interessi. Noto ancora che le
tabelle a punto, nel caso di danno fisico congiunto o collegato a danno
psichico dovrebbero prevedere un correttivo, o che tale correttivo debba essere
previsto dal consulente, nello stabilire il punto massimo. Resta però da
stabilire se non si tratti per caso di due voci distinte di danno, da
considerare separatamente. Quello che conta, e qui mi rivolgo ai medici, prima
dei giuristi, giudici ed avvocati, è che l'antropologia medico legale operi nel
quadro dei principi costituzionali, nel quadro della libertà della scienza, nel
quadro dell' honeste vivere. Le conclusioni che traggo, per mio conto,
sono allora le seguenti: l'evoluzione della tutela del danno psichico, in
cassazione, è consequenziale all'evoluzione della tutela del danno biologico;
in questo senso la Cassazione ha assunto un ruolo trainante, che la conduce
direttamente in Europa, nel rispetto della Costituzione dei diritti dell'uomo;
le prospettive europee sono già state raggiunte dalla giurisprudenza italiana. Ma
cosa accade se la giurisprudenza sopravanza l'ottusità degli interessi
economici?
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