Demansionamento al rientro dall’assenza per maternità

 

Tribunale Milano 22 dicembre 2001- Est. Atanasio - Fin (avv. Roccisano) c. Steiner Creatifs Spa (avv. Vitali e Sold).

 

Dequalificazione di una responsabile dell’ufficio del personale - Danno alla professionalità, all'immagine professionale e alla dignità personale - Sussistenza - Prova presuntiva – Ammissibilità - Danno alla professionalità e all'immagine professionale - Determinazione in via equitativa - Criteri.

 

L'illegittima dequalificazione, consistente nella sottrazione della parte più qualificante delle mansioni e nella successiva adibizione del lavoratore a mansioni inferiori, è causa di un danno alla professionalità, all'immagine professionale e alla dignità personale del lavoratore; la prova dell'esistenza di tale danno può essere fornita in via presuntiva.

l danni causati da illegittima dequalificazione possono essere determinati dal giudice in via equitativa, facendo riferimento a una quota della retribuzione mensile, da calcolarsi in base al perdurare nel tempo della lesione alla professionalità, nonché al divario tra le mansioni precedentemente svolte e quelle attribuite dopo il demansionamento.

 

(Omissis) A1. Va immediatamente detto che l'istruttoria espletata nel corso del giudizio di merito ha sostanzialmente confermato quanto il giudice aveva già rilevato nel corso del giudizio cautelare e posto a fondamento della decisione che aveva chiuso quella fase interinale. Con lettera in data 30/3/92 la Fin era stata nominata responsabile dell'Ufficio personale con effetto dal giorno immediatamente successivo (cfr. doc. 3 ricorr.). L'attività che in quel periodo svolgeva la Fin è stata riferita dalla teste Pelucchi - che ha direttamente collaborato con la ricorrente all'ufficio personale- che ha ricordato: «La Fin si occupava di tutto ciò che atteneva alla gestione del personale. Quando sono arrivata lì era la Fin che mi coordinava. La ricorrente organizzava il lavoro in autonomia; faceva tutto da sola. Il referente della ricorrente era tale Villa il quale era sia dirigente tecnico sia Direttore del personale. Pertanto alle volte era necessario che alcuni atti la ricorrente li sottoponesse alla firma del Villa. Era pertanto il superiore della Fin. Tale situazione è rimasta immutata fin quando la Fin è andata in maternità. Noi ci occupavamo della rilevazione delle presenze del personale, della redazione dei costi relativi al personale, delle assunzioni, degli aumenti di stipendio (elaborazione dei dati); della compilazione dei documenti Inps, Inail. In caso di assunzione, si convocava la persona; la Fin le faceva un colloquio e riportava le qualità che aveva rilevato nel candidato riportandole al Villa prima e al Direttore Generale Carcano poi quando il Villa è andato via. In caso di richiesta di mutamento di orario di lavoro, la decisione spettava al Direttore del personale ma la Fin esprimeva allo stesso le sue opinioni in merito. Lo stesso avveniva in caso di richiesta di aumento di stipendio».

E il teste Ferrario - direttore amministrativo dall'88 - ha ricordato: «La Fin inizialmente è stata affiancata alla Fanfoni prima che andasse in pensione. Quando questa è andata in pensione la Fin è rimasta da sola addetta all'ufficio del personale. Lei rispondeva al Direttore Tecnico che era nel contempo Direttore del personale; questa persona è stata in passato il Bedoni e successivamente il Villa. Il Direttore Generale però dava le indicazioni di maggiore importanza quali quelle relative alle relazioni sindacali oppure all'assunzione di personale. E ciò faceva congiuntamente al Direttore del personale. La ricorrente pertanto espletava la sua attività sulla base di input che le provenivano dal Direttore del personale. Riceveva delle direttive che traduceva in atti e operazioni. In un successivo periodo la ricorrente è stata affiancata dalla Pelucchi. Era la Fin che le dava indicazioni operative essendo la collega più anziana. A un certo punto mentre la Fin era in maternità o forse poco prima il Direttore Generale ha assunto ad interim le funzioni che prima erano del Direttore del personale».

Infine il teste Villa - dipendente della Steiner dal marzo '92 all'aprile '96, con mansioni di Direttore industriale e con delega altresì per la gestione e la politica del personale - ha dichiarato: «Avevo rapporti con la Fin perché lei si occupava di personale. All'inizio non era da sola perché c'era altra signora che lavorava part time; la Fin stava imparando. Tale fase durò alcuni mesi e poi divenuta autonoma rimase sola qualche anno; poi però dovetti affiancarle un 'altra persona credo alla fine '95. La Fin rispondeva a me. Lei faceva tutta l'amministrazione del personale quale predisposizione delle buste paga ad esempio. Per la selezione del personale talvolta chiedevo anche alla Fin di fare dei colloqui preassuntivi ma la responsabilità era sempre mia. Le relazioni sindacali le curavo io da solo. La Fin si occupava di predisporre la documentazione necessaria per la redazione del bilancio limitatamente alla parte relativa al personale. Anche per gli inquadramenti e gli aumenti la responsabilità era la mia; però è vero che io chiedessi alla Fin cosa ne pensasse per aumenti di livello o retributivi. La Fin firmava la documentazione interna e quella esterna destinata alla società di consulenza per l'elaborazione dei cedolini paga; invece per le comunicazioni formali firmavo io».

Da tali dichiarazioni si evince pertanto che la ricorrente in quel periodo aveva svolto mansioni di responsabilità dell'ufficio del personale anche se in ogni caso era al Villa che spettava la decisione finale e comunque era egli che sottoscriveva i provvedimenti relativi.

La figura del Villa era ibrida: essendo il Direttore Tecnico era naturalmente questa la responsabilità che lo occupava di più oltre ad espletare le attività di carattere sindacale in prima persona.

Per tutte le altre invece era la ricorrente a gestirle in prima persona, coadiuvata dalla Pilucchi, che provvedeva a coordinare: così si occupava anche degli aspetti relativi alle assunzioni del personale, agli aumenti e alle qualifiche e ai mutamenti degli orari di lavoro, per tutte le quali attività, pur spettando la responsabilità al Villa, lei provvedeva a tenere colloqui preliminari riferendo poi a quello sul loro esito.

Tali responsabilità della ricorrente sono state conservate, se addirittura non si sono ampliate, nel periodo in cui - andando via il Villa - è divenuto responsabile del personaIe ad interim lo stesso Direttore Generale. Invece non può essere condiviso quanto ha successivamente aggiunto il teste Ferrario «A me risulta che tali compiti di assegnazione di mansioni, di mutamento dell'orario di lavoro e di concessione di aumenti fossero e sono di stretta competenza del Direttore Generale. Nemmeno lo Zanardi o il Direttore Tecnico di prima potevano assumere tali decisioni che competevano e competono solo al Direttore Generale») in quanto è in contrasto con quanto dichiarato dagli altri testi; occorre poi rilevare che di quelle questioni non era direttamente a conoscenza il Ferrario ( «a me risulta») anche tenuto conto delle mansioni di direttore amministrativo da lui svolte.

 

2. La situazione è mutata quando nel luglio '97, al suo ritorno dalla maternità, la ricorrente è stata funzionalmente sottoposta allo Zanardi ( cfr. doc. 5 ricorr.) al quale nel novembre '96 erano state assegnate «funzioni di assistente alla Direzione Generale per l'area personale» (cfr, doc. 4 ricorr.).

A tale proposito ha ricordato il Ferrario: «A un certo punto lo Zanardi è stato nominato responsabile del personale con lo scopo di razionalizzare e gestire i rapporti con i dipendenti. Più chiaramente la Fin attualmente risponde allo Zanardi che a sua volta risponde al Direttore Generale. La figura del Direttore Tecnico non esiste più. Pertanto lo Zanardi non svolge tale attività. Unitamente alla responsabilità del personale però egli è responsabile della progettazione e del sistema informativo... La ricorrente si occupa di problemi operativi ad esempio richiesta di assegni familiari o adeguamento detrazioni deli'Irpef; invece nel caso di richiesta di aumento di stipendio, passaggio da part time a fu!! time, cambiamento di mansioni ci si rivolge allo Zanardi oppure al diretto superiore del dipendente che si rivolge allo Zanardi».

E il teste Zanardi ha confermato: «Mentre la ricorrente era in maternità mi è stato assegnato il ruolo di responsabile del personale; invece le parti più burocratiche (come gli infortuni) le curava direttamente la Pelucchi. Quando è arrivata la Fin io ho continuato come prima curando le relazioni col personale, selezionavo le persone, facevo colloqui, parlavo col direttore generale per decidere se assumere o meno una persona. Quando la ricorrente è arrivata si è occupata delle cose che curava prima la Pelucchi. lo le davo gli input di massima: così le dicevo di preparare le lettere di assunzione, gli infortuni, controllo delle assenze delle persone; invece lei controllava assenze presenze ritardi autonomamente e mi riferiva. lo invece mi occupavo degli aumenti di stipendio o degli inquadramenti. Poi ne parlavo col Direttore Generale. Dopo che la lista era stata elaborata si dava alla Fin perché formalizzasse gli aumenti o gli inquadramenti».

Da ciò si ricava pertanto che, al suo ritorno dalla maternità, la ricorrente ha iniziato a svolgere solo le attività più strettamente operative e non anche ciò che riguardava assunzioni, passaggio di livello, aumenti di merito e quant'altro che sono stati invece direttamente curati dallo Zanardi insieme al Direttore Generale.

D'altro canto ciò è la diretta conseguenza del fatto che, a differenza dei suoi predecessori, allo Zanardi era stato conferito quel ruolo senza nel contempo avere anche quello di responsabile tecnico che inevitabilmente spingeva coloro che lo avevano preceduto a delegare molto la funzione di responsabile del personale curando soprattutto gli aspetti formali e di rappresentanza esterna.

E non appare casuale la circostanza che ciò è avvenuto proprio nel periodo in cui la Fin era in maternità, essendo chiara l'intenzione della società di affidare la responsabilità di quella funzione a persona che fosse maggiormente presente in azienda (la Fin al suo ritorno aveva altresì chiesto la trasformazione del rapporto in part time).

Da ciò si ricava pertanto che la ricorrente ha subito un importante ridimensionamento delle proprie responsabilità con evidente perdita di professionalità e lesione della propria immagine professionale.

 

3. Dal giugno 2000 la posizione della ricorrente è stata ulteriormente ridimensionata: alla Fin è stato infatti affidato il compito per due ore al giorno di recarsi presso l' Ufficio Contabilità.

Ha ricordato il Ferrario: «Per due ore la ricorrente è stata addetta alla contabilità e risponde alla D' Avanzo che è responsabile dell'Ufficio contabilità».

E il teste Zanardi ha confermato: «Circa cinque mesi prima che andassi via la ricorrente (da settembre-ottobre) si è occupata anche di contabilità; faceva due ore al personale e due alla contabilità».

Infine la teste Pappalardo - dipendente addetta alla contabilità clienti - ha dichiarato: «Ho avuto rapporti di lavoro con la Fin circa un anno fa quando è venuta nel mio ufficio. La ricorrente aiutava a predisporre la contabilità fornitori. Ciò ha fatto per un breve periodo. Rimaneva in ufficio per un'ora e mezza o due. Era la Bozzolan che le affidava il lavoro. Se c'erano dei pagamenti da fare la Bozzolan glielo diceva e la ricorrente li predisponeva a computer o a macchina. Da quando è cessata la causa d'urgenza la Fin non viene più in contabilità».

Da tale data pertanto la ricorrente ha ulteriormente visto compressa la propria professionalità la quale, già ridotta, è stata ulteriormente dimezzata con la sua assegnazione a mansioni che presuppongono un diverso background e la sua soggezione a altre dipendenti per lo svolgimento di attività del tutto marginali, quali l'inserimento di dati in computer senza alcuna autonomia sulla base di indicazioni di dettaglio provenienti da una dipendente (la Bozzolan) inquadrata al V livello.

Va però ricordato che tale situazione è poi cessata nel febbraio 2001 a seguito dell'emissione del provvedimento cautelare.

B1. Da tale demansionarnento alla ricorrente è certo derivato un rilevante danno che va risarcito.

Com'è noto, secondo la giurisprudenza di merito, condivisa da questo giudice, il demansionamento :

- è causa di una lesione dell'immagine professionale del lavoratore «certamente derivante dalla prevalente sostanziale inoperosità e dalla sorta di isolamento cui è stata costretta» non invece della professionalità «conoscenze professionali acquisite») acquisita quando il demansionamento si sia limitato a un periodo di circa sei mesi (cfr. Pret. Milano 31/7/97);

- è causa di un «danno alla professionalità globalmente inteso anche con riguardo all'immagine professionale» pur se il demansionamento si sia limitato a un periodo di solo due mesi» (cfr. Pret. Milano 7/1/97);

- è causa di «danni alla personalità e alla professionalità» in considerazione della totale inoperosità per un periodo di due anni, ma anche di «un danno in sé alla vita di relazione, alla propria dignità di lavoratore» ma non anche di danno alla professionalità, in considerazione della prossimità del lavoratore alla pensione (cfr. Pret. Milano 11/3/96);

- è causa di danno «alla dignità e alla personalità del dipendente» in considerazione dell'alto livello professionale occupato dal dipendente e dal fatto che esso costituiva lo «sbocco naturale di una lunga carriera mirata alla crescita delle funzioni decisionali e di direzione in ambiti sempre più estesi di attività della banca»; è altresì causa di danno all'identità professionale e all'immagine che egli offre nella società civile (cfr. Pret. Milano 9/12/97);

- è causa «di pregiudizio non solo per la dignità ma anche per il bagaglio professionale mortificato e svilito» (cfr. Pret. Milano 19/2/99).

Chi scrive e la giurisprudenza in genere tendono a riconoscere che il danno alla professionalità e all'identità personale si possa accertare sulla base di presunzioni semplici (in tal senso cfr. anche Trib. Milano 30/11/96); sicché non si richiedono particolari accertamenti se non l'uso di nozioni di comune esperienza (concludendo per l'esclusione della sussistenza di un danno nel caso del lavoratore ormai al limite della pensione o in considerazione della breve durata del demansionamento o in occasione di svolgimento di mansioni di basso profilo (in tal senso cfr. anche Pret. Milano 28/3/97).

Va registrato che sostanzialmente anche il Giudice di II grado in particolare del già Tribunale di Milano si pone sulla stessa posizione (cfr. sent. Trib. Milano 6/7/96 e 30/5197) affermando la lesione della professionalità a causa del patito demansionamento. Sentenze più rigorose con riferimento all'accertamento della sussistenza del danno da demansionamento - così ad esempio Trib. Milano 9/11/96 - dopo avere affermato che il danno da dequalificazione «ove non coinvolga profili ulteriori come il danno alla salute o il danno morale vada considerato sub specie del danno patrimoniale» e che «questo comporta che vadano provati e l'esistenza e l'entità del danno stesso e il collegamento causate con la condotta», nega la sussistenza di un danno nel caso esaminato per la relativamente breve durata del demansionamento, circa un anno, concludendo però il riconoscimento di un danno all'immagine del dipendente che come tale ha un’ incidenza in ogni caso sul mercato del lavoro.

Bene, chi scrive ritiene che nella fattispecie di demansionamento che ci occupa - anche in considerazione della sua lunga durata, oltre quattro anni - devono ritenersi sussistenti gravi, precisi e concordanti presunzioni dell'avvenuta consumazione di un danno alla professionalità e all'identità professionale della Fin.

Questo viene solitamente individuato in una percentuale variabile della retribuzione mensile (cfr. Cass. 10/4/96 n. 3341 la quale ha ritenuto la congruità di tale criterio di liquidazione del danno) anche se vi è grande diversità di opinioni in ordine alla misura di quella percentuale: e cosÌ v'è chi lo individua nel circa 100% della retribuzione percepita (cfr. Pret. Milano 7/1/97), nel 50% (cfr. Pret. Milano 31/7/97 e 14/2/96), nel 40% (cfr. Pret. Milano 26/8/96), nel 30% (cfr. Trib. Roma 12/10/98), nel 15% (cfr. Trib. Milano 9/11/96), in un terzo della retribuzione (cfr. Trib. Milano 30/11/96); c'è infine chi ritiene poi che la perdita del valore della professionalità aumenti col passare del tempo di esposizione al demansionamento (cfr. Pret. Milano 9/12/97 che ha fissato in 1/4 della retribuzione per i primi 4 mesi, in 1/3 per i successivi 5 mesi, nel 50% per i successivi 6, in 2/3 nei successivi 3 e infine nel 100% da quella data in poi).

 

4. Questo Giudice ritiene che il demansionamento di cui è stata vittima la Fin abbia determinato un danno alla professionalità della ricorrente che può essere quantificato nel (circa) 40% (circa 890.000) della retribuzione mensile percepita (L. 2.221.000) sia per il periodo che va dal luglio '97 al giugno 2000 che per quello che va dal febbraio 2001 alla data della sentenza (complessivamente 44 mesi: 36+8). Invece il danno va quantificato nel (circa) 70% (circa 1.550..000) della retribuzione mensile percepita per il periodo compreso tra giugno 2000 e febbraio 2001 e quindi per 8 mesi.

La società convenuta va pertanto condannata a riassegnare alla ricorrente le pregresse mansioni o altre equivalenti nonché a risarcirle il danno che si determina in complessive L. 51.000.000 calcolati equitativamente e all'attualità (comprensivi cioè di interessi e rivalutazione monetaria).

Su quelle somme vanno poi calcolati interessi e rivalutazione della sentenza al saldo. La società va infine condannata a rimborsare alla ricorrente le spese del presente giudizio e di quello cautelare che si determinano in L.8.000.000 di cui L. 200.000 per spese, L. 2.800.000 per diritti e L. 5.000.000 per onorari).

Sentenza esecutiva ex art. 413 c.p.c. (omissis)

 

(pubblicata in D&L, Riv. crit. dir. lav. 2/2002, 377 con nota utile per la reperibilità dei precedenti citati in motivazione)

 

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