Molta mistificazione nel pensiero degli estensori del Libro bianco e della Legge delega sulla riforma del mercato del lavoro: risalta con evidenza dall'editoriale sotto riportato all'attenzione dei lettori e delle forze sociali
È inevitabile
parlare ancora dell'articolo 18, cioè della norma simbolo dello Statuto dei lavoratori che il Governo
intende riformare. Serve innanzitutto
un chiarimento, scontato sul piano tecnico
ma assolutamente necessario su quello politico.
Non
consta che nessuno intenda mettere in discussione principio del
licenziamento ingiustificato. Sbagliano dunque gli esponenti della maggioranza
e quelli dell'opposizione che, per ragioni opposte, parlano di licenziamenti
più facili. Come si può, infatti,
sostenere che sostituendo il risarcimento alla reintegrazione, il licenziamento
verrebbe liberalizzato? Forse potrà diminuire l'effetto deterrente sul datore
di lavoro che potrebbe essere indotto ad approfittare del diminuito rigore
dell'apparato sanzionatorio. Ma anche questa è una conseguenza più apparente
che reale, visto il limitato numero di casi in cui il lavoratore ingiustamente
licenziato davvero si avvale della reintegrazione.
Eppure
l'effetto mediatico si è già consumato. La maggior parte degli italiani è
sicuramente convinta che si stia discutendo di un progetto di liberalizzazione
dei licenziamenti. Il Governo dovrebbe meditare seriamente come mai questo sia
accaduto. L'opposizione, soprattutto quella sindacale riconducibile alla Cgil,
sicuramente dice il falso quando dichiara che il Governo vuole abrogare la
giusta causa di licenziamento. Ma la maggioranza non appare capace di
controbattere con efficacia.
Addirittura, dopo aver presentato un progetto di delega che abbraccia
tantissime materie, si è fatta mettere in un angolo a discutere soltanto
dell'articolo 18.
Ammettiamo che,
in un modo o nell' altro, questa tormentata riforma dell'articolo 18, venga
approvata dal Parlamento. L'opposizione lancerà sicuramente la proposta di un
referendum abrogativo. E, visto come sono andate le cose finora, le probabilità
di vincerlo sono molto alte. Chi voterà mai contro la riduzione di una tutela
contro il licenziamento? D'accordo che gli italiani siano persone mature, ma
non pretendiamo l'impossibile da loro.
Sarebbe
allora meglio, molto meglio raggiungere un accordo che sposti l'intervento
riformatore al momento in cui il Governo presenterà le proprie proposte sullo
«Statuto dei lavori», possibilmente con un coinvolgimento delle parti sociali,
almeno di quelle ragionevoli che ricorrono agli scioperi ma non demonizzano
l'avversario.
Chissà che lo «Statuto dei lavori» non sia l'occasione in cui il Governo riuscirà a spiegare meglio le proprie ragioni. Un po' di strategia di marketing della comunicazione non guasterebbe davvero.
(fonte:
“Contratti e contrattazione collettiva”, mensile di “Guida al lavoro”, ed. Il
Sole – 24 Ore, n. 3/marzo 2002, editoriale, p. 3)
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