Conferimento a dirigente di incarico solo apparente

Tribunale di Cassino, ordinanza del 25 giugno 2004 - Giudice: Savignano - Dott. L.P.C.  c. Università degli Studi di Cassino.

Dirigenza – conferimento di incarico di studi privo di effettivi contenuti tipici delle funzioni dirigenziali – poteri del giudice ordinario – possibilità di condanna della pubblica amministrazione ad un facere specifico – esclusione - ordine giudiziale di conferimento di competenze di natura dirigenziale.
   
E' illegittima la condotta della P.A. che conferisce ad un dirigente un incarico di consulenza, studio e ricerca solo apparente in quanto privo di effettivi contenuti tipici di funzioni dirigenziali e in tal caso il giudice ordinario, pur non potendo condannare la P.A. a conferire uno specifico incarico dirigenziale, può ordinare all'Amministrazione di attribuire al dirigente competenze confacenti all'inquadramento dirigenziale nell'ambito del medesimo incarico già conferitogli o di diverso incarico che riterrà opportuno assegnargli.
 
TRIBUNALE DI CASSINO
 
Il Giudice del Lavoro, Dott.ssa Amalia Savignano, ha emesso la seguente :
ORDINANZA
 - visto il ricorso ex art. 700 c.p.c. proposto dal Dott. L. P. C. nei confronti dell’ Università degli Studi di Cassino, con cui si chiede di ordinarsi al convenuto Ateneo di adibire il ricorrente all'esercizio di mansioni proprie della qualifica dirigenziale dallo stesso posseduta;
- vista la comparsa di risposta della convenuta;
- letti gli atti;
- sciogliendo, alla scadenza del termine per il deposito di note, la riserva di cui all'udienza del 14.5.2004, si osserva quanto segue.
In relazione, alla preliminare eccezione di inammissibilità formulata dalla difesa della parte resistente nella comparsa di risposta e reiterata nelle note conclusionali, deve ribadirsi quanto già affermato nell'ordinanza depositata in data 5.4.2004, rilevandosi:
- che il ricorrente nel proporre la domanda cautelare in esame, avente ad oggetto la richiesta di adibizione all'esercizio di mansioni inerenti alla qualifica di dirigente, ha, ai sensi dell'art. 669 ter c.p.c., indicato quale oggetto del giudizio di merito "l'azione di risarcimento del danno alla salute e da mobbing";
- che vi è coincidenza tra l'oggetto del giudizio cautelare e quello del giudizio di merito, in quanto il generale richiamo alla proponenda domanda di risarcimento del danno consente di ritenere ricompreso nell' oggetto del giudizio di merito anche una richiesta di risarcimento del danno in forma specifica, ex art. 2058 c.c.; richiesta, questa, pienamente corrispondente con quella avanzata nella presente sede cautelare e volta alla reintegrazione del ricorrente nelle mansioni proprie della qualifica dirigenziale;
- che, analogamente, vi è coincidenza (parziale) tra il soggetto passivamente legittimato rispetto alla domanda cautelare e quello passivamente legittimato rispetto alla proponenda domanda risarcitoria, in quanto quest'ultima andrà proposta non solo, come ritenuto dalla difesa della resistente, nei confronti dell'INAIL (quale legittimato passivo, ex d. lgs. 38/2000, in relazione al risarcimento del danno alla salute subito dal dipendente per causa di lavoro), ma anche nei confronti del datore di lavoro (quale legittimato passivo, rispetto all'azione volta ad ottenere il risarcimento degli ulteriori danni, non ricompresi nella copertura assicurativa dell'INAIL; azione implicante, peraltro, il preliminare accertamento del lamentato demansionamento, in relazione al quale non può ipotizzarsi un' estraneità del datore di lavoro).
Quanto all'ulteriore eccezione preliminare sollevata dalla difesa della resistente, in ordine alla dedotta inutilità/inidoneità delle provvedimento cautelare invocato, si rileva, poi:
- che un'interpretazione tradizionale dell'art. 4 l. 2248/1865 All. E, ostativa di ogni condanna ad un facere specifico nei confronti della PA mal si concilia con il nuovo ordinamento costituzionale, il cui art. 24, nel garantire a tutti la possibilità di agire in giudizio in difesa dei propri diritti, esclude ogni aprioristica forma di privilegio in favore  del soggetto pubblico;
- che, in particolare, nel caso di specie, il ricorrente rivendica (almeno nelle note conclusionali, in cui ha sostanzialmente circoscritto l'oggetto della propria domanda cautelare) non l'assegnazione di uno specifico incarico dirigenziale diverso da quello oggetto di conferimento (incarico operativo gestionale in luogo di quello di studio e ricerca), quanto piuttosto - si veda il punto 2) delle conclusioni del ricorso, oltre che le richiamate note - il riconoscimento del diritto a che l'attuale incarico conferitogli sia riempito di un contenuto concreto e reale;
- che, pertanto, la posizione giuridica soggettiva del ricorrente non è di mero interesse legittimo, qual è quella dell'aspirante al conferimento di un incarico dirigenziale, configurandosi, invece, in capo allo stesso - a seguito del perfezionarsi della procedura di conferimento dell'incarico dirigenziale di studio e ricerca – una posizione di diritto soggettivo a che detto incarico, in assenza di alcun provvedimento di revoca, possa essere realmente esercitato;
- quindi, il petitum in questione non pare interferire con alcuna prerogativa pubblicistica della PA;
Se, quindi, un eventuale provvedimento giudiziale di accoglimento del ricorso non solo non sarebbe contrastante con la preclusione sancita dall'art. 4 l. 2248/1865 All. E cit., ma sarebbe, altresì, pienamente conforme al dettato costituzionale dell' art. 113, secondo cui "contro la PA è ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti ... dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria", di modo che, anche alla luce del principio di uguaglianza (art. 3 Cost), detta tutela non può essere circoscritta ad alcune ipotesi ed esclusa per altre;
- che in conclusione, pur restando ferma la negazione del potere del G.O. di condannare la P A conferire uno specifico incarico dirigenziale, deve, senz' altro, configurarsi in capo al predetto Giudice, innanzi tutto, un potere di verifica circa la legittimità della condotta del datore di lavoro pubblico e, conseguentemente, un potere di condanna nei confronti della P A, affinchè ponga fine alla condotta illegittima, qualora questa risultasse essere solo all'apparenza conforme alla previsione normativa, ma in concreto si dimostrasse lesiva della dignità professionale del dipendente, costituzionalmente tutelata, nonchè in contrasto con i principi di correttezza e buona fede, cui deve ispirarsi, in ogni caso, anche la P A nella gestione dei rapporti con i propri dipendenti.
Fatte queste premesse in punto di diritto, nell' esame del merito, va riconosciuto come al ricorrente sia stato conferito un incarico dirigenziale "di consulenza, studio e ricerca" solo apparente, in quanto privo degli effettivi contenuti tipici delle funzioni dirigenziali.
In particolare dall'istruttoria svolta è emerso:
- che, in relazione al suddetto incarico dirigenziale, avente come obiettivo  generale (v. art. 2 del contratto di conferimento, stipulato in data 19.3.2002) lo  "studio delle problematiche connesse alla attuazione del nuovo ordinamento didattico universitario", non si è mai provveduto, da parte della Direzione  Amministrativa dell' Università, in violazione di quanto ulteriormente previsto dal cit. art. 2, a concordare il “piano particolareggiato degli obiettivi e delle attività” (appare al riguardo significativa la condotta processuale della resistente, la quale nulla ha dedotto, né provato, in ordine all’eventuale attività di pianificazione in questione, in tal modo suffragando quanto dichiarato dalla dott. P., unica collaboratrice del ricorrente);
- che, di fatto, nell'ambito del predetto incarico, è stata affidata al ricorrente la
direzione del Centro di Consultazione Studio e Ricerca, istituito, con d.r. 1281/2002, alle dirette dipendenze del Direttore Amministrativo, senza che però fossero specificati gli obiettivi del predetto Centro;
- che l'unico incarico specifico assegnato al ricorrente risulta essere quello (v. delibera in atti) di integrazione del regolamento di Ateneo per " l' Amministrazione, la Finanza e la Contabilità"; incarico in relazione al quale il ricorrente ha predisposto una bozza di regolamento, offerta in comunicazione al Direttore Amministrativo (v. dichiarazioni della P.), che, però, non ha avuto alcun seguito, non essendo stato, a tutt' oggi, ancora approvato il relativo testo definitivo (v. dichiarazioni del legale rappresentante dell’ Università);
- che il ricorrente, pur nella sua qualità di dirigente, non ha avuto incontri con la Direzione Amministrativa o con gli altri organi Universitari, nel corso dei quali si potessero concretamente definire gli obiettivi della sua attività (v. dichiarazioni della P., nonchè del Dott. R., dirigente preposto al settore personale, il quale ha riferito di aver incontrato solo due volte il ricorrente, una delle quali per lo scambio degli auguri di Natale; v., altresì, le lettere, prodotte in atti dal ricorrente, rivolte ai vertici dell' Università, in cui si denuncia l'assenza di ogni raccordo con gli organi dell' Ateneo, oltre che lo stato di suo assoluto isolamento e di inoperosità forzata);
- che, in violazione di quanto pattuito nel contratto di conferimento dell'incarico, nessuna dotazione finanziaria è stata mai assegnata al ricorrente, a fronte delle consistenti risorse economiche assegnate agli altri dirigenti, unitamente al potere di firmare autorizzazioni di spesa fino a lire 50.000.000 a questi ultimi riconosciuto (v. dichiarazioni del Prof. A., P. delegato alla programmazione  sviluppo e risorse umane, nonchè della Dott. P.);
- che il ricorrente non è stato posto in condizione di conoscere neppure il contenuto delle delibere del CDA nelle materie di propria competenza; delibere normalmente (come riferito dal Prof. A.) trasmesse per estratto ai dirigenti interessati (v. dichiarazioni del Prof. I., il quale ha riferito che, rivoltosi al ricorrente, per avere delle chiarificazioni sulla posizione giuridico­economica dei docenti contrattisti, ebbe modo di constatare che questi neppure era stato informato della delibera adottata dal CDA in detta materia; v., altresì, il protocollo della corrispondenza tenuto dal ricorrente, comprovante lo stato di isolamento del medesimo all'interno della struttura universitaria);
- che il ricorrente, in definitiva, è stato ridotto in uno stato di emarginazione e forzata inattività (si veda la puntuale descrizione della giornata lavorativa del Dott. P. C. effettuata dalla sua collaboratrice Dott. P.; si vedano, altresì, le dichiarazioni del Prof. I., il quale ha riferito della diffusa convinzione nell' ambiente universitario, circa il carattere meramente fittizio dell'incarico conferito al ricorrente; dichiarazione questa che, pur esprimendo una valutazione, raccordata alle predette risultanze istruttorie, appare rivelatrice di una precisa percezione della realtà oggettiva.
Quanto rilevato in fatto, va considerato il carattere pretestuoso delle obiezioni sollevate dal resistente, che, a fronte delle doglianze del ricorrente concernenti la sua forzata attività, ha sostenuto che tale stato sarebbe a lui imputabile, per il mancato esercizio del potere di iniziativa inerente al suo alto incarico; affermazione questa del datore di lavoro che si pone in netto contrasto con la sua stessa condotta, in quanto, per ben 6 anni consecutivi, ha erogato (v. delibere in atti), al ricorrente la retribuzione supplementare di risultato "in relazione all' attività svolta" .. "verificata la rispondenza tra gli obiettivi prefissati e i risultati effettivamente perseguiti"; v. delibere adottate sulla base delle autorelazioni predisposte dal ricorrente (v. documentazione in atti), nelle quali questi ha puntualmente lamentato il proprio stato di attività forzata. Sicchè l'erogazione del suddetto compenso, nonostante l'inattività del ricorrente, si rivela essere come un tentativo di tacitare quest'ultimo, una volta che l'erogazione di spesa non avrebbe avuto in concreto, per ammissione della stessa resistente, una "reale motivazione", correlata all'effettiva realizzazione di "obiettivi prefissati".
In definitiva, la condotta della resistente - all'esito delle risultanze istruttorie sopra menzionate, sulla base della cognizione necessariamente sommaria propria della presente fase cautelare - deve ritenersi contraria agli artt. 4 e 19 d.lgs. 165/2001, la cui lettura, secondo i principi interpretativi di correttezza e buona fede, impone alla P A di conferire incarichi dirigenziali che comportino l'effettivo svolgimento delle funzioni corrispondenti.
Deve, altresì, ritenersi che, allo stato, accanto al requisito del fumus boni iuris, sussista anche quello del periculum in mora, con specifico riferimento al pregiudizio al patrimonio professionale, alla dignità ed alla salute del ricorrente, in correlazione anche con la durata temporanea dell'incarico dirigenziale conferitogli (in scadenza alla fine del 2004), implicante la necessità per il medesimo di dimostrare, in un limitato arco temporale, le sue capacità professionali, in funzione di eventuali sviluppi di carriera.
In conclusione - richiamato quanto sopra detto circa i limiti del potere del G.O. nei confronti della P A in tema di condanna di quest'ultima ad un facere specifico ed escluso, pertanto, il potere di condanna dell'Università a conferire al ricorrente uno specifico incarico dirigenziale di contenuto gestionale - deve condannarsi l'Ateneo a conferire al ricorrente competenze di natura dirigenziale, nell'ambito del medesimo incarico già conferitogli o di diverso incarico che la P A riterrà opportuno assegnargli; competenze confacenti al suo attuale inquadramento di dirigente di seconda fascia del ruolo amministrativo, con i compiti gestionali, di coordinamento, di vigilanza e propositivi, di cui all'art. 17 d. lvo 165/2001, da esercitarsi in concreto e in relazione ad obiettivi specifici, con la dotazione di risorse umane, finanziarie, strumentali e logistiche necessarie allo svolgimento dell'incarico.
La liquidazione delle spese è rinviata al giudizio di merito.
P.Q.M.
Accogliendo il ricorso, ex art. 700 c.p.c., promosso dal Dott. L. P. C. nei confronti dell'Università degli Studi di Cassino, ordina alla resistente di conferire al ricorrente, competenze di natura dirigenziale nell' ambito del medesimo incarico già conferitogli o di diverso incarico che la P A riterrà opportuno assegnargli; competenze confacenti al suo attuale inquadramento di dirigente di seconda fascia del ruolo amministrativo, con i compiti gestionali, di coordinamento, di vigilanza e propositivi, di cui all'art. 17 d.lgs. 165/200 da esercitarsi in concreto e in relazione ad obiettivi specifici, con la dotazione di risorse umane, finanziarie, strumentali e logistiche necessarie allo svolgimento dell'incarico.
Rinvia al giudizio di merito la decisione sulle spese della presente fase cautelare.
Fissa il termine di trenta giorni decorrenti dalla comunicazione del presente provvedimento, per l'instaurazione del giudizio di merito.
Si comunichi.
Giudice del Lavoro Dott.sa Amalia Savignano
 
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