Legge Regione Umbria sul mobbing

 

Legge Regione Umbria del 28 febbraio 2005 n.18

Tutela della salute psicofisica della persona sul luogo di lavoro e prevenzione e contrasto dei fenomeni di mobbing

(Pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Umbria del 16 marzo 2005 n. 12)

 

Art. 1 – Finalità

 1. La Regione Umbria, in attuazione degli articoli 1, 2, 3, 4, 32 e 41 della Costituzione italiana, nel rispetto della normativa statale vigente e dell’ordinamento comunitario, al fine di tutelare l’integrità psico-fisica della persona sul luogo di lavoro, promuove azioni ed iniziative volte a prevenire e contrastare l’insorgenza e la diffusione di fenomeni di molestie morali, persecuzioni e violenze psicologiche sui luoghi di lavoro, di seguito denominate mobbing.

Art.  2 - Compiti della Regione

 1. Per le finalità di cui all’articolo l la Regione promuove, in collaborazione con le parti sociali interessate, con l’Osservatorio regionale sul mobbing di cui all’articolo 7 e con le strutture socio-sanitarie locali, azioni di prevenzione, formazione, informazione, ricerca ed assistenza medico-legale e psicologica.

Art.  3 - Azioni di formazione

 1. La Regione promuove corsi di formazione professionale sul fenomeno mobbing, rivolti, in particolare, ai seguenti soggetti:

 a) operatori dei Servizi di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro (SPSAL) e dei Centri di salute mentale;

 b) operatori dell’Ispettorato del lavoro;

 c) operatori degli Istituti di previdenza;

 d) operatori delle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro;

 e) operatori degli sportelli anti-mobbing di cui all’articolo 6 della presente legge;

 f) responsabili della gestione del personale nel settore pubblico e privato.

Art.  4 - Azioni di informazione e ricerca

 1. La Regione promuove:

 a) l’elaborazione e diffusione di studi e ricerche sul mobbing, anche attraverso l’Osservatorio regionale sul mobbing di cui all’articolo 7 e l’Agenzia umbra ricerche (AUR);

 b) la realizzazione di strumenti permanenti di documentazione e informazione;

 c) l’attivazione di corsi post-laurea nelle materie oggetto della presente legge.

Art.  5 - Azioni di assistenza medico-legale e psicologica

 1. La Regione concede incentivi alla realizzazione di supporti e terapie psicologiche di sostegno e riabilitazione per il lavoratore vittima del mobbing ed i suoi familiari, secondo criteri e modalità da stabilirsi dalla Giunta regionale entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge.

Art.  6 - Sportelli anti-mobbing

 1.  La Regione promuove l’istituzione presso gli uffici comunali di cittadinanza di appositi sportelli anti-mobbing con il compito di:

 a) fornire una prima consulenza in ordine ai diritti del lavoratore;

 b) orientare il lavoratore presso gli uffici della ASL competente;

 c) segnalare, con il consenso del lavoratore, i casi di presunto mobbing al Servizio di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro territorialmente competente.

Art. 7 - Osservatorio regionale sul mobbing

 1. È istituito l’Osservatorio regionale sul mobbing con sede presso l’assessorato competente in materia di lavoro.

 2. L’Osservatorio è composto da:

 a) l’assessore regionale alle politiche attive del lavoro, o suo delegato, che lo presiede;

 b)  un membro designato dal Comitato regionale di coordinamento per la sicurezza nei luoghi di lavoro di cui all’articolo 27 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626;

 c) il dirigente regionale del Servizio di prevenzione, o suo delegato;

 d) un rappresentante designato dalla direzione regionale del lavoro;

 e)  un rappresentante designato congiuntamente dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori presenti nella Commissione tripartita;

 f) un rappresentante designato congiuntamente dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro presenti nella Commissione tripartita;

 g) la consigliera regionale di parità;

 h)  un sociologo e uno psicologo individuati dalla direzione regionale della sanità, a cura del direttore della stessa;

 i)  un avvocato esperto di diritto del lavoro, da individuare nell’ambito dell’Ufficio legale della Regione.

 3. L’Osservatorio è costituito con decreto del Presidente della Giunta regionale e il suo funzionamento è disciplinato da apposito regolamento interno. Le funzioni di segreteria sono svolte dalla struttura dell’assessorato competente in materia di lavoro.

 4. L’Osservatorio svolge i seguenti compiti:  a) formula proposte alla Giunta regionale in ordine alle azioni e interventi di cui alla presente legge;

 b) svolge attività di consulenza nei confronti degli organi regionali, nonché degli enti pubblici, delle associazioni ed enti privati e delle aziende sanitarie che adottino progetti o sviluppino iniziative a sostegno delle finalità della presente legge, in particolare si raccorda con i comitati paritetici sul fenomeno del mobbing o organismi analoghi eventualmente previsti dai contratti collettivi di lavoro;

 c) realizza il monitoraggio e le analisi del fenomeno del mobbing, anche avvalendosi degli enti strumentali della Regione;

 d) promuove studi, ricerche, campagne di sensibilizzazione e di informazione in raccordo con i soggetti destinatari della presente legge;

 e) promuove i protocolli d’intesa e le collaborazioni con gli organismi di vigilanza al fine di contrastare il fenomeno del mobbing anche nell’ambito dello svolgimento delle loro attività istituzionali.

Art.  8 - Attività di controllo

 1. Il Servizio di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro, sulla base delle segnalazioni ricevute o nell’ambito della sua attività istituzionale, effettua apposite ispezioni nel luogo di lavoro per accertare l’esistenza di azioni di mobbing e l’eventuale stato di malattia del lavoratore.

 2. Presso ogni SPSAL è istituito un collegio medico con il compito di confermare lo stato di malattia del lavoratore e di accertare la connessione tra stato di malattia ed azioni di mobbing.

 3. Il collegio è composto da:

 a) un medico specialista in medicina del lavoro del SPSAL;

 b) un medico specialista in medicina legale;

 c) uno psicologo o uno psichiatra.

Art. 9 - Norma finanziaria

 1. Per il finanziamento degli interventi di prevenzione e contrasto del fenomeno del mobbing è autorizzata per l’anno 2005 la spesa di 5.000,00 euro da iscrivere nella unità previsionale di base 11.1.001 denominata “Agenzia Umbria lavoro e Centri per l’impiego” del bilancio regionale di previsione (cap. 2923 n.i.).

 2. Per il finanziamento della gestione e dell’attività dell’Osservatorio regionale sul mobbing di cui all’articolo 7 è autorizzata per l’anno 2005 la spesa di 5.000,00 euro da iscrivere nella unità previsionale  di base 11.1.001 denominata “Agenzia Umbria lavoro e Centri per l’impiego” del bilancio regionale di previsione (cap. 2924 n.i.).

 3. Al finanziamento degli oneri di cui ai commi 1 e 2 si fa fronte con riduzione di pari importo dello stanziamento esistente nella unità previsionale di base 16.1.001 del bilancio di previsione 2005 denominata “fondi speciali per spese correnti” in corrispondenza del punto 1, lettera A), della tabella A) della legge finanziaria regionale 2005.

 4. Per gli anni 2006 e successivi l’entità della spesa è determinata annualmente con la legge finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 27, comma 3, lettera c) della vigente legge regionale di contabilità.

 5. La Giunta regionale, a norma della vigente legge regionale di contabilità, è autorizzata ad apportare le conseguenti variazioni di cui ai precedenti commi, sia in termini di competenza che di cassa.

 

Legittimità costituzionale della legge Regione Umbria sul mobbing

 

Corte cost. 22 giugno 2006 n. 238 – Pres. Marini – Red. Amirante – Giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Umbria 28 febbraio 2005, n. 18 (Tutela della salute psico-fisica della persona sul luogo di lavoro e contrasto dei fenomeni di mobbing).

 

Ritenuto in fatto

1.— Il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere g) ed l), e terzo comma, e all’art. 118, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’intero testo della legge della Regione Umbria 28 febbraio 2005, n. 18 (Tutela della salute psico-fisica della persona sul luogo di lavoro e contrasto dei fenomeni di mobbing).

In particolare, l’art. 1 – che "tenta" di definire il mobbing con l’espressione "molestie morali, persecuzioni e violenze psicologiche sui luoghi di lavoro" – conterrebbe una definizione talmente vaga ed inadeguata da determinare una normativa che rimette ad organi amministrativi il compito e il potere di integrare sostanzialmente il disposto legislativo, anzi di sostituirsi al legislatore nazionale.

L’art. 5 estende l’ambito del mobbing ai familiari del lavoratore ed affida alla Giunta regionale una competenza a stabilire, mediante deliberazione a contenuto sostanzialmente regolamentare, "criteri e modalità" per la concessione di incentivi alla realizzazione di "supporti e terapie" senza specificare ad opera di quale organismo.

Inoltre gli artt. 2, 4, 6, 7 e 8 della legge in esame prevedono strutture amministrative tratteggiandone "in modo molto elastico" le funzioni ed i compiti.

L’art. 8, comma 1, prevede come obbligatorie le ispezioni all’interno dei luoghi di lavoro e, quindi, l’accesso coattivo in tali luoghi, la ricerca e l’esame di documenti, l’audizione di persone ad opera di addetti, di imprecisato livello (o qualifica) e stato giuridico, al Servizio di prevenzione e sicurezza.

In sintesi, la legge in esame non individuerebbe (e quindi non delimiterebbe) l’ambito dell’intervento della Regione e la tipologia dei "luoghi di lavoro", rendendo in tal modo possibili ingerenze (non soltanto della Regione ma anche di altre organizzazioni) nei rapporti di lavoro pubblico statale, ad esempio presso un tribunale od un ufficio territoriale del Governo, con invasione delle competenze di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost.

Nel complesso – ad avviso del ricorrente – la legge impugnata omette di considerare la pluralità degli interessi generali (anche privati) compresenti e la necessità di reperire un equilibrio tra loro, crea uno strumento pervasivo e di non garantita neutralità per interventi nei rapporti contrattuali di lavoro e nelle attività imprenditoriali e delle pubbliche amministrazioni ed infine introduce una disciplina "territorialmente differenziata" in assenza di principi fondamentali unificanti.

La censurata normativa sarebbe perciò in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettere g) ed l), e con l’art. 118, primo comma, Cost.

Circa il denunciato contrasto con la riserva allo Stato della produzione legislativa in materia di ordinamento civile, nel ricorso si osserva che la legge in esame inciderebbe sui rapporti civilistici interpersonali, non soltanto di lavoro e di impresa, anche in modo imprevedibile e non definirebbe le tipologie dei "fenomeni" considerati, i quali sono destinati a tramutarsi in fattispecie di illecito contrattuale.

La legge sarebbe inoltre in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost. (tutela della salute, tutela e sicurezza del lavoro), non essendo ricollegata a "principi fondamentali" posti dal Parlamento nazionale, al quale è riservato il compito di definire il cosiddetto mobbing.

2.— Si è costituita in giudizio la Regione Umbria, affermando anzitutto che la legge in argomento non contiene alcuna definizione del mobbing; l’art. 1, infatti, recita: "[...] in attuazione degli articoli 1, 2, 3, 4, 32 e 41 della Costituzione italiana, nel rispetto della normativa statale vigente e dell’ordinamento comunitario", e così riconosce, tra le finalità della Regione, il compito di promuovere "azioni ed iniziative volte a prevenire e contrastare l’insorgenza e la diffusione di fenomeni di molestie morali, persecuzioni e violenze psicologiche sui luoghi di lavoro, di seguito denominate mobbing".

L’intento sarebbe quello di favorire iniziative attraverso le quali contenere l’insorgenza di fenomeni che da tempo, pur in assenza di una legge quadro specifica, la normativa interna e quella comunitaria qualificano come sintomi di attività riconducibile al mobbing, come dimostrato dal successivo art. 2 della legge regionale, secondo cui "... la Regione promuove, in collaborazione con le parti sociali interessate, con l’Osservatorio regionale sul mobbing di cui all’art. 7 e con le strutture sociosanitarie locali, azioni di prevenzione, formazione, informazione, ricerca ed assistenza medico-legale e psicologica".

Il ricorso sarebbe, quindi, inammissibile per genericità dei motivi e contraddittorietà, posto che, dopo avere attribuito alla Regione Umbria una volontà definitoria del tutto insussistente, eccepisce nel contempo una, non meglio identificata, vaghezza ed inadeguatezza nei confronti delle medesime disposizioni impugnate, da cui viene fatta derivare un’indebita sostituzione degli organi amministrativi regionali nei compiti esclusivamente riservati allo Stato.

Non sarebbero poi fondate le censure relative all’assenza di una precisa indicazione della tipologia dei luoghi di lavoro, con il paventato effetto di possibili ingerenze nei rapporti di lavoro pubblico statale ad opera del legislatore regionale. Parimenti senza fondamento sarebbe tale asserito sconfinamento del legislatore regionale, con conseguente presunta mancanza di neutralità, "per interventi nei rapporti contrattuali di lavoro e nelle attività imprenditoriali e delle pubbliche amministrazioni", e con introduzione di "una disciplina territorialmente differenziata in assenza di principi fondamentali unificanti" .

Infatti, la materia andrebbe ricondotta, anziché alle lettere g) ed l) dell’art. 117, secondo comma, Cost., in quelle della "tutela e sicurezza del lavoro", nonché della "tutela della salute", cui la prima necessariamente si ricollega, dando luogo, pertanto, ad un caso di potestà legislativa concorrente, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., con la conseguenza della ammissibilità di uno spazio all’interno del quale le Regioni sono ammesse a legiferare, a condizione che tale intervento non vada a sovrapporsi o ad invadere gli ambiti già delineati con i principi e le singole disposizioni di rango statale e/o comunitario; condizione del tutto assicurata nella specie.

Sarebbe chiaro l’intento del legislatore regionale di predisporre adeguate "misure di sostegno idonee a studiare il fenomeno in tutti i suoi profili e a prevenirlo o limitarlo nelle sue conseguenze". Né sarebbe possibile rinvenire – nelle azioni di prevenzione, formazione, informazione, ricerca ed assistenza medico-legale di cui all’art. 2 – alcun elemento in grado di introdurre spunti di novità rispetto ai criteri indicati da questa Corte quali parametri di compatibilità costituzionale dell’intervento regionale nella materia qui presa in considerazione.

3.— Nell’imminenza dell’udienza, fissata per la discussione, il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato una memoria in cui osserva come, nelle sue difese, la Regione Umbria non abbia affrontato la compatibilità delle "azioni ed iniziative" di cui all’art. 1 della legge impugnata con la disciplina civilistica – di indubbia competenza esclusiva statale – dei rapporti di lavoro e con quella "di diritto amministrativo" dei rapporti di pubblico impiego statale non contrattualizzato, essa pure di competenza esclusiva statale secondo il disposto dell’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost.; né la Regione si sarebbe soffermata sul cruciale art. 8, comma 1, della legge, al quale si connettono sia l’art. 7, comma 4, lettera c) – ove sono previsti protocolli di intesa tra gli organismi di vigilanza e, secondo il ricorrente, l’assessore regionale presidente dell’Osservatorio sul mobbing – sia l’art. 6, lettera c).

A parere dell’Avvocatura, le tre disposizioni citate consentono di organizzare una struttura di polizia alle dipendenze del "potere esecutivo" della Regione, attivata dagli sportelli istituiti "presso gli uffici comunali di cittadinanza".

La Regione non si è limitata a porre in essere "azioni di formazione" (art. 3), "azioni di informazione e ricerca" (art. 4) e "azioni di assistenza medico-legale e psicologica" (art. 5), cioè a monitorare e studiare il fenomeno e ad assisterne le vittime, ma al contrario, si è attribuita un penetrante potere di ispezione, ossia di accesso sul luogo di lavoro privato o persino pubblico-statale, di acquisizione di documenti, di interpello di possibili futuri testimoni, di redazione di processi verbali, etc.; un potere, questo, che duplica similari poteri della giurisdizione e di apparati investigativi statali e che interferisce sia nelle attività imprenditoriali sia nelle attività delle amministrazioni pubbliche dello Stato o facenti capo ad esso.

Ritiene il ricorrente che il nucleo della legge in esame sia costituito non dai citati artt. 3, 4 e 5, ma dall’art. 8, comma 1, e dai connessi artt. 6, lettera c), e 7, comma 4, lettera e), e conclude, quindi, insistendo per la richiesta declaratoria di illegittimità costituzionale quanto meno di queste ultime norme.

4.— Anche la Regione Umbria ha depositato una memoria, sottolineando anzitutto come la questione sia del tutto simile a quella risolta dalla recente sentenza di questa Corte n. 22 del 2006, con la quale è stata esaminata un’analoga legge della Regione Abruzzo, e ribadendo quindi che la legge impugnata tende unicamente a prevenire e a contrastare l’insorgenza e la diffusione del mobbing, senza con ciò dettare una disciplina compiuta del medesimo sul piano giuslavoristico. Del resto, il richiamo espresso alla disciplina interna e comunitaria sarebbe di per sé dirimente in ordine ai dubbi ed alle perplessità manifestate nell’atto introduttivo.

Il legislatore umbro, quindi, astenendosi dal fornire non solo una definizione generale del fenomeno in oggetto, ma anche esemplificazioni di per sé idonee ad operare la paventata sostituzione nei confronti della potestà normativa statale, ha circoscritto il proprio intervento a disciplinare misure di sostegno per i lavoratori che subiscono le conseguenze negative discendenti dal verificarsi del fenomeno stesso, come definito dalla normativa nazionale e comunitaria. Infatti, ai sensi dell’art. 2, i compiti della Regione vengono individuati nella promozione di azioni di "prevenzione, formazione, informazione, ricerca ed assistenza medico-legale", in collaborazione con le parti sociali interessate, con l’Osservatorio regionale sul mobbing di cui al successivo art. 7 e con le strutture socio-sanitarie. Parimenti i successivi artt. 3, 4, 5 e 6 regolano espressamente la tipologia di azioni con cui vengono concretamente svolte prevenzione, formazione, informazione, ricerca ed assistenza medico-legale previste dal richiamato art. 2.

Infine, del tutto infondata risulterebbe la doglianza volta a censurare la disposizione che parrebbe realizzare indebite interferenze in merito alla gestione dei rapporti di lavoro con amministrazioni statali, sulla scorta delle precisazioni fornite dalla citata sentenza n. 22 del 2006, allorché la domanda proposta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri è stata rigettata, chiarendo come "dall’eventuale duplicazione di procedure che la legge regionale introdurrebbe rispetto a quanto previsto dalla contrattazione collettiva", non è dato ricavare l’invasione di competenza lamentata da controparte.

Considerato in diritto

1.— Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere g) ed l), e terzo comma, e all’art. 118, primo comma, della Costituzione, la legge della Regione Umbria 28 febbraio 2005, n. 18 (Tutela della salute psico-fisica della persona sul luogo di lavoro e contrasto dei fenomeni di mobbing), perché, da un lato, essa lederebbe la competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento civile nonché di ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali e, dall’altro, non si limiterebbe a formulare disposizioni di dettaglio nelle materie della tutela della salute e della tutela e sicurezza del lavoro, entrambe di competenza legislativa concorrente.

L’Avvocatura dello Stato, inoltre, a conforto delle proprie tesi richiama la sentenza di questa Corte n. 359 del 2003, con la quale fu dichiarata l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Lazio 11 luglio 2002, n. 16 (Disposizioni per prevenire e contrastare il fenomeno del mobbing nei luoghi di lavoro).

Il ricorrente censura come "vaga e inadeguata" l’espressione "molestie morali, persecuzioni e violenze psicologiche sui luoghi di lavoro", con la quale la legge regionale definisce il fenomeno del mobbing e sostiene che ulteriori precisazioni vengono così rimesse a successivi atti amministrativi, da emettere anche da parte di organismi che la legge stessa istituisce, quali l’Osservatorio regionale e gli sportelli anti-mobbing. Il Presidente del Consiglio dei ministri si duole che a tali organismi sia affidato il compito di effettuare ispezioni sui luoghi di lavoro senza alcuna limitazione sulla appartenenza di questi e sulla loro natura; ispezioni destinate a sfociare nel possibile accertamento di fattispecie di illecito contrattuale.

2.— In via preliminare, si rileva l’ammissibilità del ricorso ancorché concerna un’intera legge, in quanto, come già ritenuto in casi analoghi (sentenza n. 359 del 2003 e sentenze ivi citate, nonché sentenza n. 22 del 2006), l’omogeneità della normativa in esame consente di individuare i limiti dello scrutinio richiesto.

3.— Nel merito, il ricorso non è fondato.

Il richiamo alla sentenza n. 359 del 2003 non giova al ricorrente, perché la legge della Regione Lazio dichiarata illegittima con quella sentenza era sostanzialmente diversa dalla legge della Regione Umbria, oggetto del presente scrutinio.

Con la sentenza citata questa Corte – dopo aver premesso che il mobbing, unitariamente considerato dalle scienze sociali, ma privo di una specifica disciplina statale, è fenomeno complesso avente una pluralità di aspetti, alcuni dei quali ricondotti dai giudici comuni sotto le previsioni dell’art. 2087 del codice civile – rilevò che esso, con riguardo alla condotta degli autori degli atti vessatori e dei rapporti tra datore di lavoro e lavoratori, concerne anche l’ordinamento civile, mentre per i profili riguardanti le conseguenze patologiche sulla vittima di per sé considerate attiene alla tutela della salute e alla tutela e sicurezza del lavoro. La definizione del mobbing contenuta nella legge ne riguardava tutti i profili e la Regione Lazio rendeva manifesto il proposito di intervenire "nelle more dell’emanazione di una disciplina organica dello Stato in materia".

La constatazione che la legge regionale, fondata su un’autonoma definizione del complesso fenomeno sociale, lo disciplinava in molteplici suoi aspetti rientranti in competenze dello Stato, fu alla base della dichiarazione di illegittimità costituzionale.

La legge della Regione Umbria oggetto del presente ricorso presenta, invece, elementi di analogia – come fa rilevare lo stesso ricorrente – con la legge della Regione Abruzzo 11 agosto 2004 n. 26 (Intervento della Regione Abruzzo per contrastare e prevenire il fenomeno mobbing e lo stress psico-sociale sui luoghi di lavoro), passata indenne attraverso lo scrutinio di costituzionalità (sentenza n. 22 del 2006).

Anche nel caso ora in esame la normativa censurata non formula una definizione del mobbing con valenza generale, ma ha riguardo soltanto ad alcuni suoi aspetti già oggetto di valutazione in fattispecie sottoposte al vaglio di giudici comuni.

Inoltre, secondo l’art. 1 della legge in argomento, le azioni di prevenzione e contrasto del mobbing, finalizzate a tutelare l’integrità psico-fisica della persona sul luogo di lavoro, sono promosse dalla Regione "nel rispetto della normativa statale vigente e dell’ordinamento comunitario". Tale formula può risolversi in un’affermazione meramente assertiva e di stile, inefficace al fine di escludere possibili contrasti con le normative di cui si postula il rispetto; ma, ove in concreto non si riscontrino disposizioni che tale contrasto determinano, come nella legge impugnata, essa fornisce un criterio interpretativo utile al positivo scrutinio di legittimità costituzionale.

Se poi, come questa Corte ha già affermato, l’inesistenza di una definizione generale dovesse condurre la Regione all’emanazione di atti amministrativi esorbitanti dalle proprie competenze o, comunque, contrastanti con parametri costituzionali, per la repressione di tali fenomeni l’ordinamento appronta gli opportuni rimedi di giustizia costituzionale e comune.

Quest’ultimo rilievo vale anche a motivare l’infondatezza delle censure concernenti la genericità delle previsioni della legge riguardo alle ispezioni sui luoghi di lavoro ed al conseguente accertamento di ipotesi di mobbing. L’impugnato art. 8 della legge regionale, relativo a tali ispezioni, riguarda infatti l’attività di controllo del Servizio di prevenzione e sicurezza del lavoro, collocandone i compiti "nell’ambito della sua attività istituzionale". Quest’ultima si inserisce nella più ampia attività dei dipartimenti di prevenzione (di cui fa parte il Servizio), i quali sono strutture operative delle ASL, poste a garanzia della salute collettiva ed operanti secondo linee coordinate ed integrate con le Regioni (in base al disposto dell’art. 7-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502).

Si deve, infatti, più in generale ribadire, anche al di fuori del controllo incidentale di costituzionalità, la validità del principio secondo il quale una disposizione di legge non può essere ritenuta costituzionalmente illegittima soltanto perché tra le varie opzioni interpretative e applicative se ne possa ipotizzare qualcuna lesiva di norme costituzionali.

In conclusione, per la impugnata legge della Regione Umbria può dirsi ciò che si è ritenuto riguardo alla suindicata legge della Regione Abruzzo, e cioè che "essa non ha oltrepassato i limiti della competenza che già questa Corte ha riconosciuto alle Regioni quando ha affermato che esse possono intervenire con propri atti normativi anche con misure di sostegno idonee a studiare il fenomeno in tutti i suoi profili ed a prevenirlo o limitarlo nelle sue conseguenze".

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Umbria 28 febbraio 2005 n. 18 (Tutela della salute psico-fisica della persona sul luogo di lavoro e contrasto dei fenomeni di mobbing), sollevata, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere g) ed l), e terzo comma, e all’art. 118, primo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 giugno 2006.

Depositata in Cancelleria il 22 giugno 2006.

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