La lettera indirizzata all'estensore della sentenza Meucci/IMI in primo grado
 
Mitt. Mario Meucci

Roma 6 settembre 2010

 
Gent.le Dr.ssa,
 
nel settembre del 2003 Ella emise sentenza nella controversia MEUCCI/Istituto Mobiliare Italiano, che, ad ogni buon conto, Le allego.
La causa, iniziata nel luglio 1996, si protrasse per oltre 7 anni.
A seguito di mio ricorso, la Corte d’Appello di Roma nel dicembre del 2009 – dopo oltre 5 anni, in tutto dopo 12 con i tempi del 1° grado - effettuò sostanziali rettifiche in punto di diritto, con sentenza che Le trasmetto.
Chiarisco che la mia iniziativa di informazione è scevra da intenti personalistici, ma nasce dalla convinzione di ritenere essenziale al processo di autoformazione dei magistrati – e non sono il solo a pensarlo, visto che ho conoscenza di iniziative da parte degli stessi Giudici in tal senso (cfr. allegato reso anonimo per privacy) – che coloro che hanno redatto una decisione di primo grado vengano messi a conoscenza degli sviluppi nei gradi successivi (cosa che a tutt’oggi non è stata, incomprensibilmente, istituzionalizzata).
Timidi tentativi in tal senso, peraltro, si riscontrano in taluni Protocolli per le udienze civili [es. quello in vigore presso il Tribunale di Firenze del maggio 2008 -Testo modificato ed aggiornato alla luce delle leggi n. 80 e n. 263 del 2005 e delle esperienze degli altri Osservatori - ove si legge la regola 40, così esplicitata: «Regola [40]. I difensori si impegnano a consegnare al giudice del primo grado copia semplice della sentenza emessa dal giudice di appello e dalla Corte di cassazione»]; regola del tutto assente in quello per il Tribunale di Roma.
Ritengo, pertanto, di colmare tale lacuna con  il trasmetterLe copia della sentenza di 2° grado, ripromettendomi di seguire con quella di Cassazione.
 
Gradisca distinti saluti.

                                                                                                                                                                                                           Mario Meucci

allegato:

Caro …. (Giudice di Cassazione, ndr),
    ti ringrazio per la tua iniziativa; sei stato molto coraggioso; le tue avvertenze rompono un tabù con il quale mi sono scontrata per anni, quando da pretore del lavoro avevo salutato con favore  la proposta di X. Y. - che a quel tempo leggeva le sentenze dei pretori, in qualità di giudice di appello - di inviarci copia delle sentenze di riforma del Tribunale; ci trovammo soli; di nuovo mi sono trovata sola quando, più di recente, proposi quale giudice di appello di istituire con i giudici di primo grado un canale informativo sull'esito delle sentenze di primo grado.
    Le tue avvertenze pongono le premesse per affrontare in maniera seria il problema della indipendenza del giudice con riguardo al momento della decisione; indipendenza che sovente è percepita e praticata come autoreferenziale scelta, sindacabile  con i rimedi propri del codice di rito, più raramente come consapevolezza dell'esistenza di orientamenti diversi. Di più, purtroppo l' indipendenza è avvertita spesso come possibilità di disinteressarsi del tutto di ciò che accade dopo che la sentenza è stata depositata, come possibilità di rifiutarsi di prendere contezza che può esserci un modo diverso di motivare, di affrontare le questioni che sono della res controversa; al contrario è dovere di tutti i giudici migliorare la qualità della risposta di giustizia, in funzione della stabilità della decisione; è dovere di ciascun giudice essere in grado di apportare aggiustamenti ed autocorrezioni, come tu segnali, al proprio modo di lavorare.
    Le sentenze di riforma della cassazione giungono ai giudici dell'appello; non è mai accaduto che il presidente mi abbia sottoposto sentenze che la cassazione aveva riformato; ora che svolgo le funzioni di presidente metto la massima attenzione nel leggere le sentenze che ogni giorno la cassazione invia e curo di sottoporle al Collegio che le ha adottate ed al relatore che le ha scritte; non solo e non tanto per verificare la tenuta delle opzioni interpretative quanto piuttosto per cogliere gli elementi che hanno reso debole la sentenza, censurabile e censurata; insomma per non ripetere gli errori. Sarei felice,ovviamente, se qualche giudice della sezione lavoro della cassazione predisponesse un catalogo di avvertenze a somiglianza di quello che tu hai elaborato; mi sentirei  più ricca e più utile.
    Intanto, incoraggiata dalla tua iniziativa riproporrò ai giudici del lavoro di primo grado del distretto l'opportunità di istituire un canale di confronto, confidando che la presenza di nuovi presidenti di sezione, di nomina recente, di I e II grado, consenta un dialogo rispettoso delle prerogative di ciascun giudice, della sua indipendenza ma che si faccia carico della necessità impellente di abbandonare  visioni solipsistiche e di leggere invece il dovere di formazione anche nei termini che la tua @ suggerisce, come autocorrezione. Proverò, certa di avere orecchie attente ed intelligenti, a sollecitare l'intervento della formazione decentrata perché organizzi, nell'ambito dei programmi di formazione, incontri tra giudici di I e II grado e di legittimità, incontri nei quali possa affrontarsi, nella prospettiva che tu hai offerto, il tema della qualità delle sentenze.
    In bocca al lupo.
 

    X.X. (magistrato in Roma)

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