- MOBBING
A... 21 ANNI
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- Diplomata
ragioniere e perito commerciale con 52/60, un anno di studio all'estero
con conseguimento del CAE (autofinanziato per motivi di ristrettezze
familiari), intenzione di conseguire una laurea in Lingue, ma difficoltà
economiche accentuate da un improvviso quanto tragico lutto familiare che
ha come protagonista mia madre, mi portano ad accettare una
"fortunata" offerta di lavoro.
Dico fortunata in quanto ricevuta un venerdì (maggio '99) e il seguente
lunedì ero dietro una scrivania (e ometto di specificare il motivo di
tanta urgenza di assumere qualcuno per motivi di riservatezza aziendali
che, nonostante tutto, mi sento di dover rispettare). Uso le
virgolette per sottolineare che quella fortuna si è manifestata
gradualmente una sciagura.
Il progetto iniziale era quello di lavorare fino a giugno 2000 per
consegnare le mie dimissioni, dedicare il periodo estivo a una meritata
vacanza rigeneratrice e allo studio per presentarmi alla sessione di esami
di settembre.
Un'azienducola composta da un altalenante numero di dipendenti
(altalenante perché il disagio organizzativo di quella ditta non ha
colpito solo me, e ciò faceva sì che il personale desse facilmente le
proprie dimissioni). Dipendenti tutti maschi, all'infuori dell'allora
unica segretaria che si divertiva a far girare la testa a tutta la
combriccola con minigonne inguinali (per non toglierle nulla sottolineo
che si tratta di un'attraente ragazza), e s'impettiva ogni qual volta il
titolare le faceva un complimento per riconoscerle il "talento"
di esser stata in grado di impaginare un documento di word.... Sarò
schietta, nonché suscettibile di etichetta di "invidiosa",
sebbene non sia affatto questo il mio caso, ma la definirò in due parole
come un'oca a pieno titolo.
L'entrata in azienda di una nuova persona di sesso femminile a quanto pare
la mette in crisi, e sin dal primo giorno rende palpabile nell'aria la sua
indisponenza nei miei confronti. Lei era la persona da cui dovevo imparare
il mestiere, ma le sue spiegazioni si riducevano a meri monosillabi in
risposta alle mie domande sul funzionamento e sul perché delle varie
procedure da seguire. Ovviamente un "si", un "no" o un
"boh" come istruzioni ricevute non mi permettevano di svolgere
correttamente ciò che mi era richiesto. Ogni qualvolta si verificava un
errore del benché minimo spessore (esempio: una bozza di documento in cui
era stato usato un carattere corsivo piuttosto che sottolineato) mi
venivano rivolte URLA che lei non si scomodava nemmeno di rivolgermi
guardandomi negli occhi visto che se ne stava seduta alla sua scrivania
(posta nell'altra ala del locale rispetto alla mia posizione),
attraversando l'intero ufficio con la sua voce per mettermi alla berlina
con i colleghi. Non importava il tipo d'errore, ma la sua presenza
(ignorando di proposito che era quasi sempre sufficiente premere un tasto
per porre rimedio a questa mia "grave mancanza").
La mia risposta era sempre il silenzio, che lei non ha mancato di
interpretare come segno di debolezza invece di segno di educazione, e
perseverò quindi col suo atteggiamento sciorinando insulti e frasi
taglienti d'ogni genere, il tutto ovviamente urlato da un capo all'altro
dell'ufficio.
I colleghi mi guardavano sempre allibiti e mi domandavano come mai non
reagissi. La mia risposta era che attendevo che il titolare si rendesse
conto di quale tipo di elemento quella donna fosse, ma mi dissero che lui
se ne era accorto già da tempo, ma non poteva-voleva farci nulla.
L'azienda era male organizzata e tutti si dimettevano dopo massimo tre
mesi. Lei aveva trovato modo di tirare l'acqua al suo mulino rimanendo più
a lungo e acquisendo esperienza specifica per quell'azienda, esperienza
che avrebbe richiesto grossi dispendi economici nonché rallentamenti
dell'attività nel caso si fosse mai tentato di ricostruirla con una nuova
impiegata. Così, cosciente della sua importanza, lei si recava spesso
nell'ufficio del titolare minacciandolo: "O assecondi le mie
condizioni o me ne vado..." ... e il titolare accettava.
Vedendo che i miei "gravi errori" scomparvero ben presto,
escogitò un modo infallibile per porvi rimedio passandomi consegne ERRATE
in modo che io consegnassi o svolgessi conseguentemente lavori errati che
la "autorizzassero" ancora una volta a usare quel suo tono
cafone.
Fui sempre più caricata di mansioni degradanti e pesanti sia per quanto
riguarda lo sforzo fisico che il carico di stress derivante.
La mia esperienza nonostante tutto cresceva e trovavo modo di raggirare i
suoi tranelli, e il nuovo modo per mettermi in difficoltà fu quello di
sbolognarmi il compito di centralinista (che prima ci dividevamo, dato il
carico del traffico telefonico). Ciò non bastava, così lei ritenne
opportuno dover aumentare la dose con lavori di facchinaggio per il quale
mi guadagnai una dermatite da contatto (che a tutt'oggi non sono riuscita
a debellare e per la quale ho speso oltre due milioni in medicinali e
visite specialistiche) nonché di fattorino per il quale fu richiesto
l'uso del mio mezzo personale (il quale ancora oggi ne riporta i danni)!
Lo stress mi ha causato un notevole diradamento e indebolimento dei
capelli, nonché gravi attacchi di colite (il mio organismo aveva trovato
nel mio intestino una valvola di sfogo a tale pressione)... so che la cosa
può anche suonare divertente se letta con distacco, ma essendone la
protagonista purtroppo la risata mi viene difficile, visto e considerato
che a giorni dovrò sottopormi a un esame per valutare l'urgenza (la
necessità è certa) di un'operazione che mi costringerà al famoso
"sacchetto" (chi avesse mai sentito parlare di colite ne sa
qualcosa).
Nonostante le continue pressioni riuscivo ad adempiere egregiamente alle
mie mansioni, seppur soffermandomi oltre l'orario previsto da contratto,
arrivando a una media settimanale FISSA di almeno 7 ore di straordinari...
quotidianamente segnati nel foglio presenze.
Nell'arco dell'anno trascorso in quella ditta mi fu addirittura chiesto
due volte di recarmi in ufficio durante il finesettimana per preparare dei
documenti "urgenti" telefonandomi negli orari meno opportuni
come le 23 di sabato....
Tutti straordinari che non solo non mi vennero mai riconosciuti in termini
di gratificazione (un semplice grazie a quel punto sarebbe già stato
gradito) ma non mi vennero nemmeno mai pagati. Mi fu detto da lei che così
era stabilito in quell'azienda, facendo passare tale affermazione come
parole del titolare e perciò incontestabile.
Sopportai quelle angherie perché avevo bisogno dei soldi, che stavo
risparmiando per tornare l'anno seguente all'università.
Arrivò finalmente il tanto agognato giugno 2000 e presentai le
dimissioni. Il titolare mi chiese di rimanere altre tre settimane per
sostituire la "gentil donzelletta" che andava in ferie. I soldi
mi fecero gola e così accettai. Per fortuna accettai! E stavolta l'uso di
virgolette non è necessario! Quelle tre settimane andavano a cavallo
della fine del mese, e dovetti presentare io il foglio presente al
commercialista che si occupava delle buste paga. Rispettando ciò che mi
era stato detto relativamente al pagamento degli straordinari, non
segnalai nemmeno quello dei miei colleghi. Faxato il documento al
commercialista questo mi richiama insospettito: "Come mai non sono
stati segnalati gli orari extra?"
"In che senso?"
"Semplice: come faccio a calcolare la retribuzione degli straordinari
se non me li indichi nel riepilogo?"
"ah.... "
Quel giorno ero da sola in ufficio, trascurai tutto e mi affidai da sola
un noiosissimo compito alla macchina fotocopiatrice: duplicai tutti i
fogli-presenza giornalieri a partire dal primo giorno in cui misi piede
nella famigerata ditta. Calcolai un totale di 158 ore di straordinari non
pagati. Raccolsi i documenti in un faldone e decisi di consegnare il tutto
ai sindacati, denunciando anche TUTTI gli altri fatti.
Mi sbollii subito pensando che a giorni non avrei più avuto nulla a che
fare con quell'inferno, e volli provare per le vie diplomatiche. L'ultimo
giorno di lavoro parlai col titolare degli straordinari non pagati e lui
in risposta sbatté la testa sulla sua scrivania e allibito disse di non
esserne mai stato al corrente visto che aveva affidato tutto, fidandosi
ciecamente, alla gestione dell'altra ragazza, allora ancora in ferie.
Nell'ultima busta paga figurò una voce "indennità varie" (per
ovvii motivi fiscali) per il risarcimento della somma dovuta.
Avevo accettato l'impiego per bisogno di soldi e quelli ho ricevuto.
Inutile sottolineare che comunque e per chiunque, indipendentemente dalla
durata del rapporto di lavoro e delle mansioni svolte, anche la
remunerazione in termini di soddisfazioni professionali nonché la
possibilità di poter lavorare in un ambiente sereno hanno la loro
importanza...
Ho scritto questa lettera credo in modo confuso, ma è stato per la
necessità di non accennare a dettagli che avrebbero potuto compromettere
quell'azienda.
Ora ne sono fuori, la mia vita è tornata alla normalità......più o
meno, visto che mi accorgo di mancare dell'autostima di un tempo, visto
che mi trovo ad assumere atteggiamenti goffi nell'imbarazzo di mostrare
mani rovinate dalla dermatite, visto che il mio intestino è ricoperto di
ulcere.... e adesso ho ancora solo 22 anni.
- Lettera
firmata