Il “mio” mobbing: del dr. Pasquale Salvatore

 

Il 18 novembre 2004 il Giudice designato Dott.ssa M. Falato della IV Sez. Lavoro (Primo Grado) del Tribunale di Roma nella Causa R.G. 227123/00 tra Salvatore Pasquale e Azienda Ospedaliera S. Giovanni Addolorata, ha pronunciato la seguente sentenza:

Dispositivo: "Accoglie parzialmente la domanda e per l'effetto dichiara che il ricorrente ha subito un demansionamento a far data dal settembre 1993 e sino alla data del pensionamento (giugno 2004). Conseguentemente condanna parte resistente al relativo risarcimento del danno pari a € 174.495,70. Condanna altresì parte resistente al risarcimento del danno biologico, valutato nella misura del 15% e pari ad € 14.070,00. Rigetta le restanti domande. Condanna, infine, parte resistente al pagamento delle spese di giudizio pari ad € 2900,70, di cui 2720,10 per onorari.

 

Nel corso del giudizio, durante le operazioni peritali della CTU disposta dal Tribunale per la "valutazione del danno biologico", ho letto la seguente:

“Memoria Scritta”

del Dott. Pasquale Salvatore

Il “Mio” mobbing

E’ la prima volta dall’inizio di questa “mia vicenda” ed anche in questo procedimento, che mi è consentito di poter esprimere liberamente il mio pensiero.

Anche in Tribunale sono stato zittito dal Giudice, al momento in cui sono spontaneamente insorto quando la rappresentante legale dell’azienda ha detto alcune cose non rispondenti alla realtà.

Ringrazio perciò chi, sono certo, non solo vorrà udirmi ma anche ascoltarmi.

Siamo qui per parlare di mobbing e delle conseguenze che esso ha prodotto permanentemente sulla mia salute.

Il mobbing è una forma di terrore psicologico che viene intenzionalmente esercitato sul posto di lavoro attraverso attacchi ripetuti da parte dei superiori, dei colleghi o dei datori di lavoro.

Le forme che esso può assumere sono molteplici: dalla semplice emarginazione alla diffusione di maldicenze, dalle continue critiche alla sistematica persecuzione, dall'assegnazione di compiti dequalificanti alla compromissione dell'immagine sociale nei confronti di clienti e superiori, fino al completo demansionamento.

Lo scopo del mobbing è quello di allontanare, di eliminare una persona che è, o è divenuta, in qualche modo “scomoda”, distruggendola psicologicamente e socialmente in modo da indurla alle dimissioni.

Il mobbing che è stato attuato nei miei confronti è il “classico” mobbing: è un mobbing didattico, potrebbe essere portato come esempio.

Io sostengo che i “mobbers” seguano dei corsi formativi organizzati, che so, di tipo  bocconiano: in ogni singolo e diverso caso, le fasi di attuazione del mobbing sono sempre le stesse, i metodi adoperati sono identici per tutti i mobbizzati.

I miei mobbers devono aver seguito uno di questi corsi: sono stati rigorosamente “scientifici” nell’applicare il mobbing nei miei confronti, sono stati metodici nel tentare di giustificare e dare una parvenza di regolarità ad ogni loro singola mossa.

Perché è iniziato il mobbing nei miei confronti?

Per lo stesso motivo per cui iniziano molti mobbing…..: ho scoperto, messo in luce e contrastato una magagna.

Ho denunciato e ostacolato una “surrettizia” (così come è stata definita dal giudice amministrativo) riorganizzazione della struttura ospedaliera.

I miei amministratori stavano facendo ed hanno fatto “carte false”: senza nessun atto amministrativo validamente costituito hanno trasformato la Divisione di Traumatologia Cranica dell’Ospedale S. Giovanni in Divisione di Neurochirurgia.

Poiché questa trasformazione comportava un danno amministrativo, di carriera e professionale nei miei confronti, ho adito il Tribunale Amministrativo.

Hanno bandito l’avviso pubblico e successivamente il concorso a primario di neurochirurgia, senza che gli atti amministrativi fossero validamente deliberati e approvati, anzi senza atti amministrativi.

Hanno prorogato un avviso pubblico “improrogabile”.

Il Consiglio di Stato ha condiviso la mia tesi, sospendendo indefinitamente il concorso a primario di neurochirurgia.

Poiché ero riuscito ad ostacolare l’attuazione di un “preciso” disegno ben organizzato e preordinato, sto scontando un “delitto di lesa maestà”.

Nel periodo tra il conferimento dell’incarico di primario e la sospensione del concorso da parte del Consiglio di Stato, ero stato svillaneggiato, deriso, minacciato. 

Dopo la sospensione del concorso sono stato blandito, circuito, mi sono stati promessi mari e monti: un posto da primario per me e per altri miei due colleghi…….

Sono stato invitato a cena, al “Club House” ed a casa.

Mi è stata offerta l’opportunità, economicamente molto vantaggiosa, di andare ad operare in case di cura private.

Mi è stato chiesto di ritirare il ricorso in cambio di “sicure” progressioni di carriera.

Il tutto garantito da un “gentlemen agreement”, siglato e sottoscritto da una “stretta di mano fra gentiluomini” e da una “bozza di pianta organica” deliberata da parte dell’amministrazione, connivente…….

Ho ritirato il ricorso, il concorso è stato espletato.

In concomitanza con la nomina definitiva in ruolo del vincitore del concorso (una farsa di concorso), dopo i sei mesi canonici di prova, è iniziato il mio mobbing.

L’avvocato Giordano, legale dell’Azienda, nelle sue note difensive ha definito “amplissimo” il potere dell’amministrazione di organizzarsi.

In Tribunale ha sostenuto che il reale mio demansionamento sia, amministrativamente, assolutamente lecito.

Per assurdo diamo per scontato che sia così e che io, come dipendente, non abbia il diritto, tutelato dalla legge, dell’esercizio delle mansioni per le quali sono stato assunto o che ho raggiunto per anzianità e/o progressioni di carriera.

In realtà, da parte dell’amministrazione, quella che è stata veramente “amplissima” è stata la libertà con la quale mi ha vessato, demansionato, umiliato senza che nessun potere amministrativo, poliziesco, giudiziario, giuridico, sindacale, politico, umano abbia potuto o voluto mettere in atto una qualsiasi mia difesa.

Ho dovuto sempre e costantemente difendermi da solo, lottando con le unghie e con i denti, rintuzzando colpo su colpo con lettere, istanze, tutte regolarmente senza risposta, tutte regolarmente disattese ma tutte regolarmente “documentate” e documentali!

In ogni luogo di lavoro che si rispetti esistono “normali” conflitti di lavoro.

Si sgomita regolarmente per mettersi in luce: sono le regole della competizione, per così dire “sportiva”.

Nel mobbing non esiste competizione etica e/o sportiva, esiste solo la violenza bruta!

Tutto si è svolto secondo le fasi del mobbing identificate da Leyman e recentemente pubblicate da G.P. Cioccia nel Bollettino dell’Ordine.

Prima fase: SEGNALI PREMONITORI: Dopo l’insediamento definitivo in ruolo del vincitore del concorso, sono iniziate le prime critiche ed i primi rimproveri.

Diagnosi errate da parte mia, critiche alle indicazioni chirurgiche da me poste, pazienti operati da me che non avrebbero dovuto essere operati, pazienti non operati che avrebbero dovuto essere operati, pazienti ricoverati che non dovevano essere ricoverati, miei pazienti operati da altri colleghi, accuse di “sporcare” il bel reparto con letti supplementari di pazienti “urgenti”, gelosie nei confronti del personale infermieristico che mi adorava, accuse di mettere il capo in cattiva luce con il personale, accuse di “furto” di pazienti”, accuse di nascondere i malati in altri reparti, accuse di sobillare i parenti dei malati…………..

Seconda fase: MOBBING E STIGMATIZZAZIONE: Incalzanti e reiterati attacchi nei miei confronti al fine di screditare la mia reputazione, isolarmi dal contesto lavorativo (sono stati estorti con ricatto dai miei colleghi, giudizi negativi nei miei confronti) ed al fine di dequalificarmi professionalmente (mi sono stati tolti letti e pazienti, non mi è stato più permesso di operare, mi hanno allontanato dal reparto per  non consentirmi più di avere pazienti ricoverati, principale fonte di lavoro esterno e di guadagno).

Le continue critiche, i richiami, le accuse false ed infamanti, avevano solo ed unicamente il fine di fiaccarmi e demotivarmi psicologicamente.

Terza fase: UFFICIALIZZAZIONE DEL CASO: Ho chiesto l’intervento della direzione sanitaria: mi è stato risposto che il primario era il “deus ex machina” e che nella “sua” divisione poteva fare quello che gli pareva…...

Ho chiesto l’intervento di amici, di colleghi, della politica: nulla da fare.

Ho chiesto l’intervento del sindacato: il sindacato, di cui ero anche un “quadro”, si è liberato di me, scaricandomi.

Ho denunciato queste vessazioni, sia amministrativamente, sia penalmente.

Il TAR non ha accolto le mie istanze di sospensione urgente degli atti amministrativi: i giudizi sono in fase di trattazione dagli anni 92-93-94-95-96-97 ed ancora non si sa quando verranno trattati.

La denuncia penale per abuso d’ufficio e di potere, dopo l’apertura di un fascicolo e dopo che le indagini di polizia giudiziaria avevano dimostrato che tutti i fatti denunciati rispondevano al vero, è stata archiviata (Antonino Vinci e colleghi) sulla base che i fatti denunciati investivano solo aspetti amministrativi.

La denuncia penale da me presentata per diffamazione è stata archiviata.

Il mio esposto all’Ordine dei medici è stato procrastinato ed infine disatteso.

In tutto questo i miei mobbers si sono fatti pesantemente appoggiare e raccomandare.

Sono stato colpevolizzato, accusato di intralciare il normale iter del reparto, di mettere in disagio psicologico il “neurochirurgo capo” che aveva pesanti responsabilità mediche nei confronti dei pazienti (sono stati addebitati allo “stress” da me creato, alcuni dei molti insuccessi chirurgici). Sono stato ritenuto responsabile, a causa del “mio modo di essere”, della situazione che si è venuta a creare.

Per allontanarmi dalla camera operatoria è stato ventilato un mio “portare iella”.

Sono stato boicottato negli approvvigionamenti, nel personale affidatomi che è stato ridotto. Per lungo tempo non sono state acquistate le prime necessità per potermi far lavorare. Per lungo tempo non sono state acquistate le nuove attrezzature richieste, nonostante le precedenti fossero state dichiarate da tempo fuori uso: per mesi sono stato in operoso.

Quarta fase: ALLONTANAMENTO: Sono stato falsamente e più volte accusato di essere fisicamente inidoneo alle mansioni della qualifica: sono stato sollevato dalle guardie e dalla camera operatoria.

Sono stato sottoposto al giudizio di ben tre collegi medici che mi hanno riconosciuto totalmente ed incondizionatamente idoneo alle mansioni ma, nonostante questo, non sono stato reintegrato.

Così sono stato progressivamente emarginato, isolato, stremato.

Nonostante la disposizione del Direttore generale a reintegrarmi integralmente nelle mansioni, non sono stato reintegrato.

Nonostante l’accordo preso in Tribunale del lavoro (ex art. 700) non sono stato reintegrato.

Sono stato sottoposto a continui cambi di domicilio lavorativo: almeno SETTE!!!!.

Come in tutti i casi di mobbing, sono stato progressivamente allontanato fisicamente dall’Ospedale. Sono arrivati a mandarmi in un luogo (Medical Corner) vicino al Grande Raccordo Anulare….

Tutto quanto ho raccontato è documentato e testimoniato.

Come conseguenza di queste vicende ho iniziato a presentare depressione del tono dell’umore e somatizzazioni, alterazioni dell’equilibrio socio-emotivo e di quello psico-fisiologico, disturbi del comportamento con paure, ansia acuta, attacchi di panico, incubi notturni, stati d’ansia e di pre-allarme, ossessioni, isolamento, depersonalizzazione.

Quando sei in preda alla depressione ti senti disarmato, indifeso, in balia di tutto e di tutti.

Ti chiedi perché, perché tutto quello succede proprio a te, ma le tue domande restano senza risposta, cadono nel vuoto, ti lasciano nell’angoscia.

E’ come se il mondo intero si fosse coalizzato contro di te per punirti di peccati commessi, di colpe di cui ti sei macchiato senza saperlo.

Ti affidi e confidi nella giustizia, sia in quella umana che in quella giudiziaria.

Dopo aver frequentato invano diverse aule e corridoi di tribunali amministrativi e penali, ti rendi tristemente conto che la giustizia umana è altamente aleatoria e legata alle forze di potere, mentre quella amministrativa, alla ricerca del “fumus bonis juris” e del “danno grave ed irreparabile” può impiegare anche più della tua vita a cercarli.

E’ per questo che ti ripieghi su te stesso, piangi, imprechi, vorresti dormire ma non ci riesci, vorresti dimenticare tutto e tutti.

Non riuscendo a dormire ho desiderato morire, poi pensi ai tuoi cari, alla tua famiglia che non merita un simile dolore.

Ho pensato in alternativa di uccidere i miei mobbers…..

Fortunatamente sono stato in grado di dominare queste pulsioni, di non rovinare tutta la mia vita e quella di chi mi circonda.

Da allora soffro di cefalea continua, diuturna, incapacità di attenzione e concentrazione, insoddisfazione, vertigini, disturbi del ritmo cardiaco, tremori, senso di oppressione toracica, dolori addominali, secchezza delle fauci, sudorazioni profuse, dolori del collo e della schiena, disturbi gastro-intestinali, disturbi del sonno, disturbi della sessualità con scomparsa della libido, disturbi alimentari.

Sono continuamente stanco ed affaticato. Rimando sempre le cose da fare.

La notte, quando dormo, digrigno i denti e sogno cose spiacevoli, se invece sono sveglio, come spesso accade, rimugino nel dormiveglia l’accaduto ed ho incubi, vedo le ombre sul muro e mi chiedo se quelle ombre che vedo sono vere o sono allucinazioni.

Mi si presentano frequenti “flash-backs” e sono spesso preda di “pensiero intrusivo”.

Si potrebbe obiettare che parte di questi sintomi che presento, potrebbero essere preesistenti (vedi la “nevrosi cardiaca grave e persistente” già riconosciutami come dipendente da causa di servizio).

Bisogna però tenere ben presente la normativa dettata dal D.L.vo 626/94 ” che ha  posto le basi affinché non venisse compromesso lo “stato” di salute di un lavoratore a causa dell’attività svolta per lavoro nel luogo di lavoro.

La 626 ha fatto scoprire un fatto assolutamente non considerato finora: il diritto del lavoratore al benessere psico-fisico sul luogo di lavoro, garantito dal datore di lavoro.

Ma chi deve valutare ciò?

E’ il medico competente che deve predisporre le misure generali per la tutela della salute e dell’integrità psicofisica dei lavoratori.

Alla semplice notizia che esista il “rischio”, egli deve accertare le eventuali situazioni di mobbing, valutare e segnalare le condizioni di “turbamento” o di disagio dei lavoratori che potrebbero mettere in discussione gli standard di sicurezza a norma di legge.

E’ il medico competente che, nell’ambito della visita periodica o comunque nell’ambito di contatti istituzionali con il lavoratore  e con il suo superiore gerarchico, deve valutare eventuali comportamenti persecutori/vessatori che si manifestano sul piano gerarchico o anche che derivano dal comportamento dei colleghi.

Una volta venuto a conoscenza dei rischi in genere ed in particolare del rischio “mobbing” sul luogo di lavoro, deve predisporre le idonee misure affinché lo stato di salute del lavoratore non abbia a peggiorare.

E’ il medico competente che ai sensi dell’art. 17 comma 3 del D.L.vo 626/94, come modificato dall’art. 8 del D.L.vo 242/96, è tenuto ad effettuare la sorveglianza sanitaria, valutando comportamenti e responsabilità non solo “dirette”, ma anche indirette, di quei soggetti che pur non ponendo personalmente in essere le condotte, possono essere chiamati a vario titolo a rispondere per le stesse.

Tali responsabilità trovano fondamento giuridico nell’art. 4 comma 2 del c.p. che stabilisce che “non impedire un evento che si ha l’obbligo di impedire, equivale a cagionarlo”.

Pertanto vanno tutelate anche le malattie pregresse onde evitare che esse possano aggravarsi e/o peggiorare.

Pensiamo un momento alla tutela degli handicap che hanno consentito l’assunzione obbligatoria di lavoratori già affetti da “preesistenze”.

Da tempo sono in terapia antidepressiva, la quale certamente mi ha aiutato molto ma ha anche portato molti effetti collaterali.

Non so se sono riuscito a sopravvivere grazie a quella terapia, oppure se sono riuscito a metabolizzare da solo il mio stress ed a gestirlo per il meglio.

Che il demansionamento esista, nei documenti depositati vi sono numerosissime ed inconfutabili prove.

Fra tutte valga il documento con il quale il 31.3.1998, il Direttore Generale dell’azienda ha disposto il mio reinserimento nelle attività della NCH.

Il Direttore amministrativo, il Direttore sanitario, il primario hanno più volte falsamente affermato che io sia stato reinserito nell’attività chirurgica.

Valga per tutti il documento con il quale il direttore amministrativo ha risposto al difensore civico che chiedeva notizie sulla faccenda.

Il direttore amministrativo non mi ha mai visto in faccia, non ha mai parlato con me, non mi ha mai chiesto nulla e si è permesso di rispondere affermando cose false!

La cessazione della mia attività chirurgica risale al novembre 1993, con un unico ed ultimo intervento chirurgico praticato nel 1995…………

Come in una sorta di “arcipelago gulag”, su istanza dell’azienda, sono stato sottoposto a numerose visite di controllo, tra cui alcune psichiatriche o psicologiche.

I risultati di queste visite sono noti, anche se i loro risultati non sono mai stati applicati in senso favorevole nei miei confronti.

Nessuno però si è mai peritato di chiedersi se le condizioni psico-fisiche dei miei mobbers fossero o meno normali.

La psicoterapeuta francese Marie France Hirigoyen ha identificato nei mobbers alcune particolari categorie psico-patologiche che renderebbero conto e, per così dire, giustificherebbero il modo di comportarsi degli stessi.

Basta fare una semplice ricerca nella rete per scoprire che, secondo alcuni studiosi, i mobbers presenterebbero una personalità “psico-patologicamente disturbata” che si manifesterebbe, come minimo, con un “disturbo narcisistico di personalità”, le cui manifestazioni avvengono secondo alcune caratteristiche ben individuate. (cfr. www.mobbingonline.it, alla voce “Guida”.)

L’attuale normativa contrattuale per i dirigenti medici, prevede un tipo di contratto particolare “sottoposto a verifica quinquennale” per i dirigenti medici di secondo livello.

A mio parere e non solo, tale particolare contratto non andrebbe rinnovato a quel dirigente di secondo livello, sottoposto a verifica, che fosse riuscito a gestire un conflitto di lavoro solo ricorrendo al “mobbing”.

Questo tipo di atteggiamento, a prescindere dalle caratteristiche psico-patologiche del soggetto, significherebbe come minimo un danno economico e patrimoniale per l’Azienda che vedrebbe alcune sue risorse umane e professionali costantemente sottoutilizzate.

E’ stato calcolato che questo danno ammonti mensilmente al 190% della retribuzione del dipendente mobbizzato, con un evidente indebito esborso da parte dell’Erario, il che comporterebbe risvolti di ordine civile e penale.

Nonostante tutto il mobbing nei miei confronti non cessa.

Apparentemente e nominalmente mi è stato affidato un “Ambulatorio per la valutazione del danno cerebro-midollare post-traumatico”.

Inizialmente a questo ambulatorio affluivano, su prenotazione effettuata dal CAP, solo ed esclusivamente pazienti “neurologici”, affetti da parkinsonismi, tremori, demenze, neuropatie diabetiche etc.

Nonostante questi pazienti non fossero di mia specifica competenza, non ho mai rifiutato di visitare nessuno.

Ero costretto a specificare ai pazienti che la mia specializzazione era un'altra; che, per non creare loro difficoltà, li avrei visitati dal mio punto di vista specialistico; che avrei cercato di risolvere i loro problemi e, solo se non fossi riuscito in questo, sarei stato costretto ad inviarli allo specialista competente.

In questo modo, visto il logico disappunto dei pazienti, ero costretto ad accollarmi anche la responsabilità di disservizi indipendenti dalla mia volontà.

Questa situazione, altamente stressante, non ha fatto altro che far peggiorare la mia situazione psico-fisica ed emotiva.

Inizialmente ho fatto verbalmente presente alla Direzione Sanitaria del poliambulatorio tale problematica, ma non è successo nulla.

Successivamente ho evidenziato per iscritto il problema, mettendo in luce le possibili conseguenze civili e penali per me e per l’azienda stessa.

Così mi è stato “consigliato” verbalmente di chiedere la “cessazione” di tali visite improprie…….

Per non far sembrare, come più volte hanno tentato di fare, che questa richiesta “apparisse” come  una “mia” richiesta, ho dovuto scrivere che “concordavo” con il consiglio ricevuto, limitando la mia competenza esclusivamente alle visite neurochirurgiche, ma da allora le prenotazioni si sono drasticamente azzerate.

Non solo, ma i pazienti che chiedono di essere visitati esclusivamente da me, vengono boicottati ed inviati all’altro ambulatorio neurochirurgico, quello “ufficiale”.

Quelli che sono riusciti a prenotare una visita con me, ricevono telefonate a casa per sapere i motivi per i quali hanno richiesto una mia visita…

Le agende dell’ambulatorio neurochirurgico hanno appuntamenti prenotati ad oltre dieci giorni mentre le mie sono desolatamente vuote.

Ad un paziente che chiedeva espressamente un appuntamento ambulatoriale con me, gli addetti al CAP hanno risposto che ciò non era possibile e lo hanno prenotato dopo tre giorni presso l’altro ambulatorio neurochirurgico.

Recentemente ho visitato un paziente claudicante e deambulante con bastoni canadesi, per il quale ho posto un’indicazione chirurgica e l’ho inviato in reparto affinché potesse mettersi in lista di attesa.

In reparto gli è stato detto che “doveva” essere visitato da un neurochirurgo “che opera”, quindi era necessario che ri-prenotasse una visita “neurochirurgica”.

Siamo arrivati alla folle situazione che pur di “mobbizzarmi” letteralmente si gioca con le malattie dei pazienti!!!!

Ho denunciato a più livelli tale situazione stressante ma non ho ricevuto risposta.

Ho scritto che il “non far nulla” mi angoscia ma la mia richiesta di aiuto è caduta nel vuoto.

La mia lotta è talmente infinita ed inutile che mi sembra di combattere contro i mulini a vento, ma ciò nonostante non smetto di contrastare le vessazioni, anche se ciò è altamente stressante, angosciante, defatigante.

Per sopravvivere ogni giorno devo razionalizzare i miei pensieri, devo ordinare la mia mente, devo sedare le mie improvvise e spontanee reazioni irrazionali.

Tutto ciò inizialmente “mi uccide” ma “devo” trovare la forza per resistere, per vivere serenamente, per rientrare nella norma.

Prima di tornare a casa devo gestire e far cessare il mio stress, devo liberare la mia mente per non far pesare sulla mia famiglia le difficoltà incontrate sul luogo di lavoro.

Dicono che il mobbing esista da tempo, che sia nato con l’uomo. Probabilmente è vero: ricordo negli anni 70-80 due colleghi, il ginecologo **** **** ed il radiologo ******** ***********: giravano per i corridoi dell’ospedale con borse ripiene di documenti, fermavano i colleghi nei corridoi e mostravano i documenti (loro mi hanno detto….. io gli ho risposto…..).

Le loro vicende mi colpirono molto.

Mi sono però ripromesso di non giungere ad uno stato simile ed ho cercato sempre di parlare del mio caso il meno possibile, di non mostrare carte e documenti, di non assillare i colleghi con le mie vicende.

Forse ho esagerato, tanto che pochi sanno delle mie vicissitudini e pensano che io, allontanato e marginalizzato, sia in pensione da tempo.

Ad esempio, nessuno ha saputo nulla della minaccia di licenziamento che ho ricevuto per un’affermazione falsa di una direttrice sanitaria bugiarda.

Per un’altra minaccia di licenziamento nei confronti di un altro collega, si era mobilitato tutto l’ospedale……

Abusivamente la mia vicenda è stata portata avanti per un anno invece che per i regolamentari 90 giorni da un direttore sanitario infido, falso, arrogante, supponente, prepotente.

Alla fine questo individuo ha dovuto appallottolare il foglio con la minaccia e rimangiarsela controvoglia.

Nessuno degli amministratori, né il DG né il direttore amministrativo ha mosso un dito………

Tutti questi atteggiamenti dell’Amministrazione, se non dichiaratamente intenzionali, sono stati per lo meno negligenti.

Così come negligenza è stata dimostrata nella valutazione quinquennale del responsabile dell’UOD NCH: un “manager” che non riesce a gestire un conflitto di lavoro non può e non deve essere valutato positivamente…..

Ho scritto un “decalogo contro il mobbing” che ho pubblicato in Internet al sito http://www.dottorsalvatore.it, nelle pagine sul mobbing.

Il decalogo è stato apprezzato ed ampiamente utilizzato da diversi siti anti-mobbing: facendo una ricerca in rete appaiono non meno di 27 links a siti che utilizzano questo documento.

Sarà stato per questo che sono ancora in giro a raccontarla?????

Spero di essere riuscito a trasmettere ed a rendere l’idea di questa angosciante cappa che emotivamente avvolge e condiziona pesantemente i miei pensieri e le mie azioni.

Quello che chiedo non è solo il ristoro dei danni subiti, se danni ci sono stati, quali che essi siano.

Chiedo invece da tempo ed a gran voce, ma forse mi illudo, che qualcuno faccia cessare questa folle situazione e mi restituisca il piacere di essere medico.

Il piacere di esercitare una professione affascinante e che mi piace immensamente, il contatto con il malato, gli scambi culturali con i colleghi, l’attività chirurgica, la corsia, in altre parole la mia dignità umana e professionale e la serenità perduta.  

 

 (fonte: http://www.dottorsalvatore.it/Il%20mio%20mobbing.htm, pagina in rete in quel sito dal 18.12.2004)

 

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