Corte d’Appello di Salerno, sez. lav., 17 aprile 2002 –
Pres. Casale – Rel. Vignes - NUOVA BANCA
MEDITERRANEA S.p.A. (avv. De Feo, Visconti) c. BARACCHI Gennio (avv. Iannelli).
Demansionamento, forzata inattività, comportamenti
vessatori ed emarginanti – Mobbing – Risarcibilità del danno alla
professionalità e biologico (per grave esaurimento nervoso e ulcera) –
Sussistenza.
Il demansionamento
professionale, oltre a violare il
principio di cui all'art. 2103 c.c., si risolve in una lesione di un diritto fondamentale
della libera esplicazione della personalità nel luogo di lavoro, con la conseguenza che il pregiudizio correlato a siffatta lesione, spiegandosi nella vita
professionale e di relazione
dell'interessato, ha una indubbia dimensione patrimoniale che lo rende suscettibile di risarcimento e di valutazione equitativa, senza necessità di assolvimento, da parte del demansionato,
dell'onere probatorio relativo alla
sussistenza di un danno patrimoniale in
qualche modo risarcibile (cfr. Cass.
sez. lav. 18.10.99 n. 11727).
Tenuto conto della relazione del CTU
appare equa la somma liquidata dal primo giudice fissata approssimativamente in
£. 100 milioni per indennizzo
cumulativo del danno da demansionamento (per circa 71 milioni e 700 mila, utilizzando
il parametro del 15% della retribuzione annua per i 4 anni di dequalificazione,
basso anche in considerazione della giovane età che consentirebbe un recupero
di avanzamenti di carriera in anni successivi) e del danno biologico (per circa
28,3 milioni a seguito della individuazione da parte del CTU di una invalidità
transitoria da stress postraumatico del 5% ed in ragione di £. 1.200 mila per
ciascuno dei 5 punti per i 4 anni di danno alla salute).
Con ricorso depositato il 18.3.96 Baracchi Gennio,
già dipendente della COMIT ed assunto dalla
Banca Popolare Cooperativa di
Pescopagano, poi divenuta Banca Mediterranea S.p.A, in data 1.4.83, premesso
che a partire dal marzo del 1984 era
stato vittima di una serie di atti (trasferimenti,
dequalificazione e mortificazioni anche di natura professionale)
tendenti alla sua totale emarginazione,
adiva il Pretore del lavoro di Salerno - sezione distaccata di Eboli al fine di
conseguire una pronuncia di condanna dell'Istituto
convenuto al pagamento della somma di
lire 500 milioni per danni alla professionalità e di lire 500 milioni per danno biologico, oltre accessori e spese di lite.
Nel costituirsi in giudizio,
la Banca Mediterranea S.p.A. eccepiva
preliminarmente la inammissibilità del ricorso, per carenza dei requisiti di cui ai nn. 3 e 4 dell'art. 414 c.p.c, ed il
proprio difetto di legittimazione passiva, stante l'inapplicabilità a1 caso di specie della disciplina contenuta nell’art.. 2112 c.c.,
per essere stata costituita solo nel 1992 a seguito di fusione di alcuni Istituti di
credito, tra cui la Banca Popolare
Cooperativa di Pescopagano, ed i fatti
posti a fondamento della pretesa risalivano tutti al lontano 1984.
Nel merito, contestava i fatti
posti a fondamento delle pretese e chiedeva il rigetto dei ricorso con il favore delle spese.
Con sentenza in data 14.3.2000
il Giudice adito,
in accoglimento
della domanda proposta dal Baracchi, condannava la Banca resistente al pagamento della
somma, liquidata in via equitativa ex
art 1226 c.c., di lire 100.000.000
a titolo di risarcimento del danno, oltre interessi
e spese di giudizio.
Il primo giudice, confermata
la inoperatività del disposto dell'art. 2112 c.c., rispondeva
affermativamente al quesito della addebitabilità all'istituto convenuto dei comportamenti denunciati, evidenziando che i fatti anteriori al
1992 dovevano essere valutati unicamente al fine di inquadrare il vissuto lavorativo del Baracchi sul quale si erano
andati ad innestare i successivi comportamenti illegittimi posti in essere dalla nuova società. Quanto al merito, premetteva che in ipotesi di c.d. mobbing
orizzontale - dimostratosi poi
sussistente nella fattispecie - i comportamenti
illeciti sono giuridicamente imputabili, oltre che ai singoli autori, in via diretta anche ai
datori di lavoro, quando non provano
di avere fatto tutto il possibile per
evitare l'evento, nell'ipotesi in cui questi non abbiano correttamente adempiuto la obbligazione di
sicurezza nascente dall'art. 2087 c.c.. Quindi, concludeva sul punto, una volta che
l'istante abbia dimostrato il fatto
lesivo ed il nesso di causalità con il pregiudizio derivatone (demansionamento protrattosi sistematicamente nel tempo),
deve riconoscersi il diritto al risarcimento per il danno alla salute e per la
perdita di professionalità, conseguente
ad una arbitraria e non temporanea diminuzione del contenuto professionale
delle mansioni. Inoltre, lo stesso
giudicante, sulla scosta delle risultanze della prova per testi riteneva effettivi i comportamenti vessatori
tenuti nel periodo 1992 - 1996 e
dimostrato - anche sulla scorta della espletata C.T.U. - che la patologia lamentata dal Baracchi
era causalmente conseguente all’esperienza
di lavoro dallo stesso vissuta. Infine,
quantificava il danno da
demansionamento nella misura di £. 71.699.676, corrispondente alla percentuale del
15% della retribuzione annua per gli anni di riferimento (dal 1992 al 1996), ed il danno biologico nella misura di £ 1.200.000 per ognuno dei cinque
punti di invalidità transitoria assegnati dal C.T.U. per ciascuno degli anni in questione, con conseguente fissazione,
in via di approssimazione, della
somma complessiva di lire 100 milioni.
Avverso la suddetta pronuncia proponeva appello la
Nuova Banca Mediterranea S.p.A insistendo nella eccezione di difetto di legittimazione passiva e rilevando la
contraddittorietà di una pronuncia che, per un verso, aveva ritenuto la irrilevanza delle condotte
denunciate anteriori al 1992 (e poste a base della pretesa) e, per altro verso, aveva addebitate ad essa appellante le
conseguenze di tali condotte.
Nel merito, eccepiva,
innanzitutto, la carenza di allegazione e prova del danno sofferto, atteso che, come desumibile dal quesito conferito e
dalle risposte fornite dal C.T.U., le
patologie accusate dal Baracchi erano risultate presenti in forma cronica agli inizi dei 1992 e
riconducibili ad
eventi antecedenti.
Quindi, contestava la
esistenza dì una prova del nesso di causalità tra patologie (una grave forma di esaurimento nervoso ed un ulcera
gastroduodenale) ed attività lavorativa svolta successivamente al 1992
trattandosi,
da una parte, dì affezioni diffuse e
generiche e, dall’altra, di eventi
ricollegabili alle vicende iniziate fin dal 1984. Inoltre, contestava anche la sussistenza della prova del ritenuto demansionamento dolendosi della valutazione
compiuta dal giudice sia con
riferimento all'attendibilità di
alcuni testi, sia con riguardo ai contenuti delle deposizioni.
Ancora, si doleva del mancato
conseguimento della prova del carattere intenzionale o colposo della condotta, poiché, escluso
il carattere oggettivo della
responsabilità nascente dalla
violazione dell'art. 2087 c.c, l’istante doveva
offrire riscontri in ordine alla consapevolezza da parte dell'Istituto di credito, di quanto dedotto.
Tanto più che appariva singolare come
nell'arco di quattro anni il
dipendente non avesse mai denunciato i fatti in questione ed avanzata formale richiesta di trasferimento
o di definizione delle proprie
mansioni.
Infine, ribadiva, la
eccezione di nullità della domanda per mancata indicazione dei parametri di quantificazione delle somme invocate a titolo
di risarcimento del danno. In ogni caso, il primo
giudice non poteva operare una liquidazione
equitativa del danno da dequalificazione in assenza
di una prova del danno medesimo che, contrariamente a quanto ritenuto in sentenza, non è in re ipsa. Tanto più che nella specie la carenza di un
pregiudizio all'attitudine lavorativa
doveva desumersi
dalla circostanza che con l'arrivo
del nuovo preposto il Baracchi aveva ammesso
di essere stato assegnato a mansioni qualificanti delle quali si riteneva soddisfatto. Considerazioni analoghe svolgeva anche con
riferimento al c.d. danno biologico,
con l'aggiunta che il primo Giudice,
riconoscendo un danno alla professionalità in assenza - come già rilevato - di
un pregiudizio all'attitudine lavorativa, lo aveva, di fatto ricondotto nella
sfera del danno non patrimoniale, con
evidente e illegittima duplicazione
delle somme a tale titolo riconosciute. Chiedeva, pertanto, che l'adita Corte, in riforma della impugnata
sentenza, rigettasse la pretesa articolata in prime
cure con vittoria delle spese di entrambi i gradi del giudizio. Con memoria depositata in data 6.4.2002
Baracchi Gennio si costituiva nel giudizio di gravame e, nel chiedere, in primis, il rigetto dell'
appello, assumeva che la legittimazione della Banca Mediterranea S.p.A (divenuta Nuova Banca Mediterranea in data 21.6.2000)
discendeva dall'applicazione dei
principi desumibili dagli artt. 2112 e 2504 c.c. per effetto delle successive
fusioni ed incorporazioni succedutesi
nel tempo. Quanto alle risultanze
della espletata istruttoria, evidenziava come il primo giudice avesse correttamente valutate le deposizioni raccolte e rilevata la scarsa attendibilità
dei testi Tummolo (preposto
all'agenzia e maggiore responsabile delle vicenda emarginativa) e Rinaldi (che
aveva reso dichiarazioni chiaramente
compiacenti) . Assumeva, poi, che la percentuale del 5% di invalidità
transitoria fissata dal CTU appariva
insufficiente, sia per il carattere permanente dei postumi residuati, sia per il rilievo che le forme
di disturbo post traumatico da
stress sono valutate, nei casi più lievi, tra il 5% ed il 10% e, nei casi più
gravi, fino al 30%.
Inoltre, i comportamenti
denunciati avevano prodotto n. 212
giorni di assenza per malattia, sicché, nella liquidazione del danno biologico,
si sarebbe dovuto tenere conto dell'intera ITT pari alla retribuzione
giornaliera e della ITP pari al 50% della stessa retribuzione per i restanti giorni. Inoltre, non poteva trascurarsi il danno
morale pari al 50% del danno biologico. Infine, il danno da
dequalificazione -variabile tra un minimo del 25% ed un massimo del 100%
della retribuzione per il periodo di riferimento - era stato immotivatamente
liquidato scendendo di dieci punti al di sotto del minimo.
Spiegava, quindi, appello
incidentale chiedendo che, in parziale riforma della sentenza impugnata e previa detrazione di quanto già liquidato in prime cure, la
società appellante venisse condannata, a
tale ultimo titolo, al pagamento della somma di lire 500 milioni
corrispondente ad una percentuale del 75%
della retribuzione maturata nel
periodo in questione e, a titolo di danno biologico, della somma complessiva di lire 338.494.011 per
le voci in precedenza indicate.
All'esito dell’ odierna
pubblica udienza, sentiti i procuratori
delle parti i quali hanno concluso come in atti, la Corte decideva il gravame con dispositivo pubblicamente letto.
I motivi posti a sostegno
delle impugnazioni, principale ed
incidentale, non sono condivisibili e vanno, pertanto, disattesi.
E'
il caso di
premettere che sia la Banca appellante che il Baracchi ripropongono sostanzialmente, con accenti solo in parte nuovi,
questioni che sono già state affrontate dal primo giudice e risolte con motivazione ampia ed esauriente del tutto
condivisa dalla Corre. Quindi, richiamate
per relationem le argomentazioni sviluppate nella sentenza gravata, per evidenti motivi di
economia, l'indagine sarà limitata alla confutazione delle censure contro
le stesse formulate con i motivi di impugnazione. In proposito, tenuto conto del riferimento, contenuto al punto 3) dei motivi di appello, alla carenza di
legittimazione passiva, non appare superfluo ribadire che quando il convenuto eccepisca la propria estraneità al
apporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio viene a discutersi non
di una condizione della trattazione del merito della causa, quale è “la legitimatio ad causam” nel duplice aspetto di legittimazione ad agire e
contraddire, ma della effettiva
titolarità passiva del rapporto controverso. In altri termini, la questione
attiene alla identificabilità o meno
del convenuto come il soggetto tenuto alla prestazione richiesta dalla
controparte. Quindi, il primo giudice ha correttamente affermato la non
riconducibilità in capo alla odierna
appellante dei comportamenti denunciati
risalenti ad epoca anteriore al 1992, non potendo la Banca convenuta rispondere di eventuali
obbligazioni, neppure conoscibili, nascenti
da atti pregiudizievoli per il Baracchi
posti in essere da altro e diverso soggetto giuridico nel periodo antecedente la costituzione della Banca Mediterranea S.pA.
Lo stesso Giudicante ha
chiarito che la soluzione contraria
non potrebbe essere ancorata al disposto del capoverso dell'art. 2112 c.c. che
trova la sua unica ragion d'essere nell'esigenza di assicurare a tutti i
lavoratori - in relazione a diritti dagli stessi precedentemente maturati - la
permanenza di quelle ragioni di garanzia costituite dal complesso dei beni
aziendali oggetto del trasferimento. A questo punto, tuttavia, la società
appellante, nel prendere atto che la domanda proposta dal ricorrente è stata
formulata con riferimento ad episodi ed eventi anteriori al 1992, ritiene
contraddittoria una pronuncia che, per un verso, ritiene irrilevanti le
condotte anteriori alla suddetta epoca e, dall'altra, gliene addebita le
conseguenze. In realtà, il primo giudice non èincorso in alcuna contraddizione,
avendo espressamente evidenziato che di tali episodi (i vari trasferimenti che
hanno interessato il dipendente e la deliberata inutilizzazione di questi come
reggente in mansioni dirigenziali) "si potrà tutt'alpiù, tener conto,
nella loro oggettività, ai soli fini di inquadrare il vissuto lavorativa del
Baracchi, sul quale sarebbero andati, poi, ad incidere pesantemente, a partire
dall'anno 1992, altri successivi comportamenti illegittimi, questa volta
diretteamente imputabili alla nuova società nata dalla fusione". Sotto
altro profilo, la società appellante si duole che l'indagine del CTU sul nesso
dì causalità e sulla riconducibilità delle eventuali patologie - sia come causa
unica e diretta, ovvero concausa preponderante e necessaria - alla condizione
di disagio in ambito lavorativo, sia stata condotta con riferimento all'intero
periodo di lavoro e non agli anni 1992- 1996. Inoltre, evidenzia che le
malattie lamentate (una grave forma di esaurimento nervoso ed un'ulcera
gastroduodenale) per la loro diffusione e genericità non possono essere
esclusivamente ricondotte all'attività lavorativa e, comunque, risultano
sicuramente riconducibili ad eventi precedenti o contestuali al loro insorgere
come tali irrilevanti nel presente giudizio. Infine, non potrebbe escludesi che
sulle suddette patologie possano avere influito anche fattori estranei alla
vita lavorativa, anche precedente al 1992, quali i molteplici e delicati
interventi chirurgici cui è stato sottoposto il coniuge del Baracchi.
In proposito, l'esame della approfondita consulenza
tecnica consente di rilevare, innanzitutto, che, contrariamente a quanto si
assume nell'atto di appello, il CTU ha posto a fondamento della propria
analisi, non solo le denunciate situazioni anteriori al 1992 (trasferimento
alla Direzione Generale di Potenza senza alcuna plausibile motivazione; rientro
alla filiale di Eboli ed assegnazione a mansioni impiegatizie non proprie di un
funzionario; affidamento temporaneo del posto di Direttore resosi vacante ad un
operatore di grado inferiore che era già stato in precedenza alle sue
dipendenze; trasferimento all'Area Irpina senza gli ampi poteri che le funzioni
dì controllo avrebbero giustificato; trasferimento all’Agenzia di Avallino con
conseguente assegnazione di un ruolo di minor prestigio; contrasti con la
Direzione di Potenza formalizzati in lettere di protesta), ma anche una serie
di episodi forieri di notevoli disagi iniziati nei 1992 (privazione dell'uso
del telefono, cambiamento dell'ufficio ed assegnazione di un locale dei tutto
inidoneo, successivamente adoperato come deposito; proposta, rifiutata, di trasferimento
in Puglia; trasferimento immotivato ad Oliveto Città, annullato dal Pretore del
lavoro a seguito di ricorso).
Inoltre, dalla valutazione complessiva compiuta dal
CTU appare legittimo desumere che le vicende successive al 1992 hanno avuto una
valenza addirittura maggiore, essendosi concretate in atti di morticazione
personale e di emarginazione lavorativa, posti in essere dal direttore della
Filiale, capaci di incidere sulle condizioni di salute del ricorrente e sulla sua professionalità, in maniera addirittura maggiore dei trasferimenti avvenuti
negli anni precedenti.
Nel replicare ulteriormente a
quanto contestato dalla società appellante, deve rilevarsi che il consulente ha premesso che nella disamina del
caso avrebbe dato per scontato le sussistenza dei suddetti presupposti di fatto, salvo diverso accertamento che
nella specie si fosse trattato di condotte lecite vissute soggettivamente, dal Baracchi, in
chiave vessatoria. Infatti, escluso in
tale evenienza il diritto
al risarcimento del danno, sarebbe rimasto comunque il nesso di causalità tra eventi e reazione
patologica. Quindi, prima di
verificare la correttezza delle valutazioni compiute dal primo giudice nell'esame delle risultanze della prova, resta da ribadire la puntualità
delle conclusioni cui è pervenuto il
CTU; nella formulazione del giudizio
medico-legale. In argomento, anche a voler prescindere dall'assenza di
argomentate e specifiche contestazioni da
parte della Banca Appellante e dalla mancata allegazione di diversi e contrari giudizi espressi da consulenti di parte, la Corte ritiene che
l'approfondita indagine compiuta dal
consulente d'ufficio e la correttezza del giudizio medico legale rendono la
relazione del tutto immune da
censure. In particolare, deve partirsi dal rilievo che il profilo di base della personalità del Baracchi è
risultato connotato da buone attitudini relazionali, da un buon livello di autostima e da un soddisfacente livello di funzionamento psico-sociale. Inoltre, le
patologie sopravvenute risultano
documentate m maniera ineccepibile
attraverso la produzione di numerose certificazioni provenienti dal medico
curante e da strutture pubbliche
(Servizio di Medicina Preventiva USL n. 55 del 20.10.1992 : “ Ulcera peptica gastroduodenale cronica, necessita
continuare terapia .. evitando stress
psicologici” - Attestato USL 2 di Potenza in data 11.11.91: “Ipertensione
sistodiastolica di grado lieve-moderato con carattere di labilità e importante componente neuro-adrenergica che
spiegherebbe verosimilmente l'origine psicosomatica
della sindrome”).
Ancora, figura dimostrabile
il nesso di causalità con la vicenda lavorativa, sia alla luce del criterio cronologico (come già detto, dagli inizi
del 1992 inizia la somministrazione di farmaci psicotropi, la formulazione di diagnosi di depressione reattiva o di altre patologie
assimilabili), sia del criterio della
esclusione di altri momenti etiologici
(non è emersa una patologia psichica di base; il Batacchi è ritornato
normale dopo l'arrivo nell'anno 1996
di un nuovo dirigente, con il quale si è istituito un rapporto del tutto diverso, e dopo l' assegnazione
di mansioni qualificanti; non sono
stati evidenziati altri fatti esistenziali traumatici).
In argomento, le
vicissitudini relative ai delicati interventi chirurgici cui il coniuge del Baracchi è stato
sottoposto a
partire dal 1984 possono essere, al più, collocate in posizione di concausa e, soprattutto, con
riferimento alla diagnosticata ulcera
gastrica. Infine, con riferimento
alla efficienza quantitativa e qualitative della causa, l'esperienza
professionale - ma la circostanza può
costituire anche un dato di comune esperienza
- ha indotto il consulente a confermare che la conflittualità sul
posto di lavoro, sia con i superiori che con i colleghi è idonea a
determinare squilibri psicologici. Conclusivamente
sul punto, il CTU ha evidenziato che
la potenziale idoneità della causa,
da sola, non dimostra che si sia verificato un evento patogeno. All’inverso,
l'accertamento di una reazione psicogena da disadattamento non dimostra di per sé l'esistenza di una ipotesi di “mobbing”.
Tuttavia, se entrambe le condizioni -
patologia reattiva e
"mobbing"- hanno a verificasi nello stesso periodo, la correlazione tra le due situazioni é altamente verosimile.
Quanto alla prova dei fatti integranti gli estremi
del demansionamento, oggetto dei rilievi di
cui al punto 4) dell'atto di appello,
non può farsi a meno di rilevare che la soluzione affermativa raggiunta dal primo giudice figura saldamente ancorata alle deposizioni rese dai
testi Postiglione Giulio (correntista della Banca), Landi Alfonso (avvocato), Roseo Enzo, Del Guercio Gerarda e
Fornara Walter (dipendenti della stessa Banca) e De Martino Giuseppe (medico di famiglia del Baracchi). Premesso che nessuna particolare osservazione risulta formulata
sulla attendibilità dei predetti
testi (sicché sul punto non può
farsi a meno di condividere il giudizio espresso nella sentenza gravata), deve osservarsi che le
dichiarazioni dagli stessi rese confermano in maniera convincente la tesi dell'appellato. Nel richiamare quanto
risulta dai verbali di causa e
riportato dal primo giudice nel corpo della motivazione, é appena il
caso di replicare alle osservazioni contenute nell'atto di gravame
rilevando che: a) la esclusione del Baracchi dalla erogazione del premio per il collocamento
di azioni, rappresenta una vicenda dai contorni
effettivamente dubbi perché, se per un verso non risulta spiegata la ragione della esclusione, dal carteggio agli atti risulta che alle proteste del
dipendente seguì un interessamento della Direzione e del Responsabile della filiate di Eboli, anche se dopo sei mesi il Baracchi
ancora attendeva inspiegabilmente una risposta; b) non è vero che nessun teste avrebbe confermato che il direttore
Tummolo esortava i clienti a non rivolgersi al Baracchi poiché la circostanza
figura ribadita dai testi Postiglione
e Roseo, nonché dalla teste Del Guercio che ha aggiunto come, nel corso di una riunione, il suddetto Tummolo avesse esortato i dipendenti ad usare
l'appellativo di direttore per il
solo capo agenzia e non per gli altri
funzionari; c) non ha alcun senso sostenere che l'appellato poteva svolgere tutte le attività che
riteneva opportune nell'ambito della posizione di funzionario della filiale
(deposizione Tummolo) quando, anche a voler prescindere dalla estrema genericità dell'affermazione, gli altri testi hanno riferito che di fatto il dipendente era praticamente inattivo ed i
colleghi venivano esortati ad evitare
contatti con lo stesso; d) la redazione di note di qualifica positive, non esclude il dedotto
demansionamento e la sostanziale
emarginazione, atteso che la doglianza
del Baracchi è ricollegata al danno professionale, oltre che biologico, conseguente al mancato
svolgimento di fatto di mansioni
compatibili con la propria posizione lavorativa; e) parimenti irrilevante,
oltre che infondato, è l'assunto
secondo cui il dipendente non avrebbe mai avanzato richiesta di
trasferimento o di formalizzazione delle
proprie mansioni, atteso che l'ipotesi di un mutamento della sede dì servito - per
quanto avvenuto anche negli anni precedenti
- risulta che veniva vissuta dal Baracchi
con estremo disagio e, comunque, a parte il valore meramente indiziario della circostanza, agli atti vi è la nota del 10.11.93 con la quale l'appellato si doleva, tra l'altro, della mancata
trasmissione di circolari e di disposizioni
operative della Direzione; f) infondate appaiono le doglianze circa il giudizio estremamente cauto espresso dal primo giudice sulla attendibilità dei
testi Tummolo e Risaldi e sulla valenza
della loro deposizione, atteso che,
oltre al contrasto con quanto concordemente e specificamente dichiarato da un numero ben più consistente di testi (alcuni anche estranei all'ambiente di
lavoro), non può farsi a meno di
rilevare la estrema genericità delle
dichiarazioni dagli stessi rese (ad es. il Rinaldi ha affermato dì non sapere nulla di una situazione dì
disagio del Baracchi e che questi aveva un normale carico di lavoro); g) non risponde al vero che il primo giudice
abbia trascurato di esaminare il profilo
soggettivo, leggendosi in sentenza
che la imputabilità discende dal meccanismo delineato dall'art. 2087 c. c, in forza del quale la parte datoriale deve proteggere i dipendenti da comportamenti vessatori di preposti e responsabili, non essendo sufficiente
dedurre di avere ignorato o sottovalutato la vicenda, essendo onerata della
prova di avere fatto tutto d possibile per
evitare l'evento lesivo; h) deve escludersi che la Banca ignorasse i disagi del dipendente alla luce del contenzioso insorto in occasione del
trasferimento disposto con decorrenza
11.1.93; in considerazione del contenuto
del carteggio intercorso in merito alla erogazione del premio di collocamento (riconosciuto dalla Banca solo
dopo molte insistenze e con motivazione "in via del tutto eccezionale e
pur non ricorrendone le circostanze"
contestate dal dipendente ed in contrasto con quanto comunicato dalla agenzia di Eboli); alla luce della nota
di protesta inviata al direttore della Filiale in data 10.11.93 nella quale veniva esposta in maniera sintetica quasi tutta la problematica oggi all'esame
della Corte; dal contenuto del
carteggio iniziato con la nota del 7.4.94 inviata dal Baracchi alla Direzione
Generale di Potenza e nel quale si fa
riferimento ai danni alla persona aggravatisi in seguito alla adozione di
recenti provvedimenti.
Infine, restano da esaminare
le doglianze espresse da entrambe le parti in merito alle determinazioni assunte dal primo giudice in sede di
liquidazione del danno da demansionamento e del danno biologico.
Quanto al primo, deve, innanzitutto, escludersi la fondatezza della eccezione di nullità della domanda per mancata determinazione dei parametri di
quantificazione delle somme
indicate, avendo l'istante compiutamente indicati gli elementi di fatto e 1e ragioni di diritto posti a fondamento
della pretesa ed avendo quantificato nel complesso il credito
rivendicato, rimanendo impregiudicati
i poteri del giudice in sede di determinazione del credito nonché la possibilità della parte di
formulare una diversa richiesta in
ordine al quantum. La Corte, in
contrasto con quanto assunto dalla società appellante ed in conformità ad un orientamento espresso dalla S.C. (cfr. Cass. Sez. lav. 18.10.99 n.
11727 citata dal primo giudice),
ritiene che il demansionamento professionale, oltre a violare il principio di cui all'aut. 2103 c.c., si risolve in una lesione di un diritto
fondamentale ella libera esplicazione della personalità nel luogo di lavoro, con la conseguenza che il pregiudizio correlato a siffatta lesione, spiegandosi nella vita
professionale e di relazione
dell'interessato, ha una indubbia dimensione patrimoniale che lo rende suscettibile di risarcimento e di valutazione equitativa (Nel caso di specie, la
sentenza impugnata emessa dal giudice
di merito - cassata dalla S.C. - aveva respinto
la domanda di risarcimento proposta dal lavoratore demansionato sull'assunto
del mancato assolvimento, da parte
dello stesso, dell'onere probatorio
relativo alla sussistenza di un danno patrimoniale in qualche modo risarcibile). Inoltre,
in contrasto con quanto si assume nell'appello incidentale, il criterio di quantificazione adottato dal primo giudice appare immune da censure avendo stimato
nella misura più rispondente alla realtà dei fatti tutti gli elementi rilevanti al fine che ne occupa. E' solo
il caso di aggiungere che l'applicazione di una percentuale
del 15% della retribuzione percepita
nel periodo di dequalificazione,
inferiore a quella generalmente adottata in giurisprudenza (variabile dal 25%, al 100%), non può costituire motivo di doglianza in sé, trattandosi di
percentuali non fissate dalla legge ma elaborate dai giudici di merito. Inoltre, se appare prima facie
meritevole di maggiore attenzione la
posizione di funzionario coperta dal Baracchi non può farsi a meno di rilevare
che trattasi di lavoratore ancora giovane e, quindi, in condizione di recuperare le prospettive di avanzamento di carriera.
Inoltre, il periodo di lavoro interessato non è particolarmente lungo e viene
ad incidere in un momento della vita lavorativa in cui il dipendente
aveva già raggiunto la posizione di funzionario. Anche i danni all'immagine ed
alla vita di relazione vanno rapportati alla sede ed alla importanza della Filiale che, per quanto non
trascurabile, non è certamente la più prestigiosa dell'istituto. Considerazioni
analoghe si impongono anche con riferimento al danno biologico, che il primo giudice ha correttamente liquidato -
applicando il criterio equitativo ex
art. 1226 c.c. - ricorrendo al sistema del c.d. punto di
invalidità ritenuto più adatto a riparare il danno conseguente al pregiudizi dei requisiti biologici della persona in
sé considerata.
I rilievi mossi alle
conclusioni raggiunte dal CTU non sono suffragati da argomentazioni convincenti e, soprattutto, supportati da altre e diverse indagini
medico-legali, sicché non vi è motivo per
discostarsi da quanto sul punto statuito in prime cure. In particolare,
l'assunto in forza del quale l'infermità riscontrata non avrebbe dato luogo ad
una invalidità permanente, ma limitata al periodo
in questione e quantificabile nella percentuale del 5%, appare suffragata dal rilievo che in alcuni
periodi vi fu una incapacità
lavorativa totale (come dimostrato dalle assenze dal lavoro per malattia) ed in
altri periodi la risposta allo stressor
fu più attenuata. Invero, per un verso, le reazioni psicogene del tipo
di quella postulata dal Baracchi in genere
non durano per anni, tuttavia, per altro verso, non può farsi ameno di rilevare
che nella specie la sintomatologia si protrasse nel tempo per il perdurare
dello stressor. Da quanto precede, discende la necessità di indicare un valore medio verosimile
trattandosi di patologia psicoreattiva situazionale suscettibile di
oscillazioni di intensità nel tempo in relazione a fattori contingenti individuali
ed ambientali nonché in rapporto alla intensità dello stimolo. Quindi, la
fissazione della percentuale del 5% di invalidità transitoria estesa a tutto il
periodo 1992 - 1996 appare ampiamente condivisibile in quanto
idonea a soddisfare la esigenza di un giudizio equo e prudente che tenga conto della personalità del
Baracchi (risultato, comunque, soggetto dotato di buone risorse) e delle
circostanze del caso concreto. La più elevata percentuale del 10%, richiesta
con l'appello incidentale, sia se
ancorata alle manifestazioni più significative
tre le forme lievi della patologia, sia se giustificata con riferimento alle forme più gravi dì disturbo post-traumatico, non appare, alla luce di quanto
illustrato dal CTU, per nulla giustificata. Parimenti improprio deve ritenersi il riferimento ai fatti anteriori al 1992 in quanto,
per come in precedenza evidenziato, gli stessi vengono in rilievo unicamente
quale substrato sul quale hanno
inciso i comportamenti successivi.
Infine, inammissibile - in quanto domanda nuova - è la pretesa alla liquidazione del danno morale e
delle indennità conseguenti alla
invalidità temporanea totale ed alla invalidità temporanea parziale. Per quanto precede, la sentenza impugnata merita
di essere integralmente confermata. Ricorrono
giusti motivi per disporre la integrale compensazione tra le parti delle spese di questo grado del giudizio.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando
nel giudizio di: appello iscritto, al n° 746 del ruolo generale appelli lavoro dell'anno 2001 tra
Nuova Banca Mediterranea S.p.A. (già Banca Mediterranea S.p.A.) in persona del legale rappresentante p.t., e Baracchi Gennio avverso la
sentenza n. 3627/2000 emessa dal
Giudice del lavoro del Tribunale di Salerno.
1) Rigetta l'appello principale
e quello incidentale;
2) Compensa per intero tra le
parti le spese del presente grado di giudizio.
Salerno, 17.4.2002
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