Schema
di testo unificato per i disegni di legge n. 122 e connessi in materia di tutela
dei lavoratori dal fenomeno del mobbing (presentato il 2 febbraio 2005)
Articolo
1.
(Definizione
ed ambito di applicazione)
1.
Ai fini della presente legge, si intende per violenza o persecuzione psicologica
ogni atto o comportamento adottati dal datore di lavoro, dal committente, da
superiori ovvero da colleghi di pari grado o di grado inferiore, con carattere
sistematico, intenso e duraturo, finalizzati a danneggiare l’integrità
psico-fisica della lavoratrice o del lavoratore.
2.
Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano a tutte le tipologie di
lavoro, pubblico e privato, indipendentemente dalla loro natura, nonché dalla
mansione svolta e dalla qualifica ricoperta.
Articolo
2.
(Attività
di prevenzione e di accertamento)
1.
I datori di lavoro o i committenti, pubblici o privati, e le rappresentanze
sindacali adottano tutte le iniziative necessarie, intese a prevenire e a
contrastare i fenomeni di violenza e di persecuzione psicologica di cui
all'articolo 1, comma 1.
2.
Qualora siano denunciati, da parte di singoli o di gruppi di lavoratori, atti o
comportamenti di cui all'articolo 1, comma 1, il datore di lavoro o il
committente, sentite le rappresentanze sindacali e ricorrendo, ove ne ravvisi la
necessità, a forme di consultazione dei lavoratori dell’area interessata,
provvede tempestivamente all'accertamento dei fatti denunciati e predispone
misure idonee per il loro superamento.
3.
Il servizio di prevenzione e protezione, nell’ambito dei compiti di cui
all'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626,
individua le misure per la sicurezza volte a prevenire e a contrastare i
fenomeni di violenza e persecuzione psicologica di cui all'articolo 1, comma 1.
4.
Il medico competente, nell’ambito dei compiti di cui all'articolo 17, comma 1,
del decreto legislativo n. 626 del 1994, collabora in relazione all’attuazione
di misure finalizzate a prevenire e a contrastare i fenomeni di violenza e di
persecuzione psicologica di cui all'articolo 1, comma 1.
5.
Il rappresentante per la sicurezza, nell’ambito dei compiti di cui
all'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 626 del 1994, espleta anche
l'attività di promozione volta all'elaborazione, individuazione e attuazione di
misure di prevenzione relative ai fenomeni di violenza e di persecuzione
psicologica di cui all'articolo 1, comma 1.
Articolo
3.
(Attività
di informazione)
1.
I datori di lavoro o i committenti, pubblici o privati, e le rappresentanze
sindacali pongono in essere iniziative di informazione periodica sulle
fattispecie di cui all'articolo 1, comma 1. I datori di lavoro o i committenti
sono altresì tenuti a dare, su richiesta del lavoratore interessato, tutte le
informazioni pertinenti ai motivi soggettivi del richiedente e rilevanti,
relative all'assegnazione degli incarichi, ai trasferimenti, alle variazioni
delle mansioni e delle qualifiche e all'utilizzo dei lavoratori.
2.
I lavoratori hanno diritto di riunirsi fuori dall'orario di lavoro, nei limiti
di cinque ore su base annuale, per discutere riguardo alle violenze ed alle
persecuzioni psicologiche di cui all'articolo 1, comma 1. Le riunioni sono
indette e si svolgono con le modalità e con le forme di cui all'articolo 20
della legge 20 maggio 1970, n. 300.
Articolo
4.
(Responsabilità
disciplinare)
1.
A coloro che pongono in essere gli atti o i comportamenti di cui all’articolo
1, comma 1, si applicano le misure previste con riferimento alla responsabilità
disciplinare.
2.
La medesima responsabilità di cui al comma 1 grava su chi denuncia
consapevolmente atti o comportamenti, di cui all’articolo 1, comma 1,
inesistenti, al fine di trarre vantaggio per sé o per altri.
Articolo
5.
(Tutela
giudiziaria)
1.
Qualora vengano posti in essere atti o comportamenti definiti ai sensi
dell'articolo 1, comma 1, su ricorso del lavoratore o, per sua delega, di
organizzazioni sindacali, il tribunale territorialmente competente in funzione
di giudice del lavoro, nei cinque giorni successivi, convocate le parti e
assunte sommarie informazioni, se ritenga sussistente la violazione di cui al
ricorso, ordina al responsabile del comportamento denunziato, con provvedimento
motivato e immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento
illegittimo, dispone la rimozione degli effetti degli atti illegittimi,
stabilisce le modalità di esecuzione della decisione e determina in via
equitativa la riparazione pecuniaria dovuta al lavoratore per ogni giorno di
ritardo nell'esecuzione del provvedimento. Contro tale decisione è ammessa,
entro quindici giorni dalla comunicazione alle parti, opposizione davanti al
tribunale, che decide in composizione collegiale, con sentenza immediatamente
esecutiva. Si osservano le disposizioni degli articoli 413 e seguenti del codice
di procedura civile. L’efficacia esecutiva del provvedimento non può essere
revocata fino alla sentenza del tribunale che definisce il giudizio instaurato
ai sensi del secondo periodo del presente comma.
2.
Qualora dagli atti o comportamenti di cui all'articolo 1, comma 1, derivi un
pregiudizio per il lavoratore, quest'ultimo ha diritto al risarcimento dei
danni, ivi compresi quelli non patrimoniali. Resta comunque fermo quanto
previsto dall'articolo 13 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, e
successive modificazioni.
3. Le variazioni nelle qualifiche, nelle mansioni e negli incarichi ed i trasferimenti che costituiscano atti o comportamenti di cui all'articolo 1, comma 1, nonché le dimissioni determinate dai medesimi atti o comportamenti sono impugnabili ai sensi dell’articolo 2113 del codice civile, secondo, terzo e quarto comma, fatto salvo il risarcimento dei danni ai sensi del comma 2 del presente articolo.
Articolo
6.
(Pubblicità del provvedimento del giudice)
1.
Su istanza della parte interessata, il giudice può disporre che del
provvedimento di condanna o di assoluzione venga data informazione, a cura del
datore di lavoro o del committente, mediante lettera ai lavoratori interessati,
per reparto e attività in relazione ai quali si sia manifestato il caso di
violenza o persecuzione psicologica, oggetto dell'intervento giudiziario,
omettendo il nome della persona che ha subito tali azioni.
Articolo
7.
(Norme
"leggere")
1.
I soggetti che stipulano i contratti collettivi nazionali di lavoro hanno la
facoltà di adottare codici antimolestie e, in particolare, codici volti alla
prevenzione degli atti e comportamenti di cui all’articolo 1, comma 1, anche
mediante procedure di carattere conciliativo e tecniche incentivanti.
Articolo
8.
(Norme
finanziarie)
1.
Gli obblighi derivanti dagli articoli 2 e 3 a carico delle pubbliche
amministrazioni, in qualità di datori di lavoro o di committenti, trovano
applicazione esclusivamente nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio.
2.
Dall'attuazione dei medesimi articoli 2 e 3 non possono derivare nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica.