SANZIONATA LA FINTA ESECUZIONE DELL'ORDINE DEL GIUDICE DI SOTTRARRE IL DIRIGENTE BANCARIO DA MANSIONI DEQUALIFICATE
Tribunale di Torino (sez. lav. 1° grado) – 8 gennaio 2004 – Giud. Ciocchetti – Apostolo Gaetano (avv. Berti) c. SanpaoloImi Spa (avv. Borsotti, Maresca)
Dequalificazione accertata in un precedente giudizio prescrivente l'assegnazione a mansioni dirigenziali equivalenti alle precedenti - Sostanziale aggiramento aziendale con éscamotage del conferimento di un ruolo minimale e con il supporto di 2 soli dipendenti (contro i 200-400 precedenti) - Responsabilità per dequalificazione continuata - Obbligo di corresponsione dei premi di rendimento e di produttività negati per assenza per malattia concausata dal demansionamento aziendale - Obbligo di risarcimento del danno biologico e delle spese mediche - Sussistenza.
Accertata la dequalificazione ed emesso nel precedente giudizio l'ordine di assegnazione del dirigente a mansioni equivalenti alle pregresse, l'Azienda provvide prima ad uno pseudo affiancamento e poi - dopo intimazione del legale del ricorrente - a conferirgli il ruolo di Responsabile pubblicità e marketing (con l'ausilio di due soli dipendenti e con la funzione, esemplificativa, dell'acquisto di 600 mila agende),attribuzioni che in precedenza erano svolte da un semplice quadro direttivo.
La
malattia che ne conseguì - al pari della precedente, consistente, dietro
riscontro del CTU, in disturbo dell'adattamento, con umore depresso, e che
è stata riconosciuta concausata dalla situazione di stress da demansionamento -
non può essere motivo di preclusione per la spettanza dei premi di rendimento
2001 e 2002 (mentre quello del 2000 compete per illegittimità della valutazione
di "insufficiente" rendimento discendente dall'indebito
demansionamento), né può occasionare decurtazione dei giorni di ferie ed -
all'opposto - implica l'obbligo risarcitorio del danno biologico e delle spese
mediche sostenute e documentate in atti.
Con ricorso
depositato in cancelleria in data 9 luglio 2003 il sig. Apostolo Gaetano -
dipendente di Sanpaolo Imi spa con qualifica di dirigente e già ricorrente nel
proc. Trib. Torino n. 4946/01, avente ad oggetto il reintegro in mansioni
confacenti e il ristoro del danno da dequalificazione e biologico patito, proc.
concluso con sent. n. 3749/02 (non def.) e n. 1576/03 (def ) - chiede al
Tribunale di condannare il datore a risarcirgli :
·
il danno da demansionamento e biologico subìto nel periodo
successivo a quello preso in considerazione nelle citate pronunce e cioè dal
29.5.2002 al 9.7.2003, da determinare in via equitativa;
·
il danno patrimoniale patito nel periodo 2000-2002, nelle
seguenti misure :
-
premio di rendimento anno 2000 : € 12.400,00 netti,
-
premio di rendimento anno 2001 :€ 15.000,00 netti,
- premio di rendimento anno 2002 : € 17.500,00
netti,
-
ferie 2001 : somma corrispondente a n. 9 giornate sottratte,
- V.A.P. 2001 : € 4.355,94 netti,
-
V.A.P. 2002: € 1.866,80 netti,
- spese mediche: € 872,09 netti.
La convenuta
si costituisce a sua volta in giudizio e contesta tutte le pretese azionate in
causa, ritenendole destituite di fondamento, onde chiede il rigetto del
ricorso.
Fallita
la conciliazione, il giudice dà corso all'istruttoria, interrogando il
ricorrente ed il rappresentante della società convenuta ed escutendo inoltre i
testi.
All'esito
dell'istruttoria, la vertenza viene infine discussa e decisa, come da dispositivo
trascritto in calce alla presente sentenza, di cui il giudice da pronta lettura
alle parti.
1. Gli aspetti
in fatto della controversia, ricostruibili tramite la documentazione di causa e
le risultanze dell'istruttoria in questa sede esperita, possono essere così
sintetizzati :
·
in data
23.4.2002 viene data pubblica lettura del dispositivo di sentenza non definitiva pronunciata dal Tribunale di Torino nell'ambito del
giudizio n. 4946/01, giudizio
introdotto dal sig. Apostolo Gaetano, attuale ricorrente, nei confronti di
Sanpaolo Imi spa, attuale convenuta (1),
·
la decisione
accerta l'avvenuta dequalificazione del lavoratore per la durata (se si
escludono le ferie) di circa tre mesi, dal giugno 2000 sino al 12 ottobre dello
stesso anno, data in cui questi si ammala (2),
·
essa ordina in
pari tempo a Sanpaolo Imi di reintegrare il sig. Apostolo in mansioni
equivalenti a quelle pregresse,
·
come poi
chiarito nella motivazione di tale sentenza non definitiva, depositata in
cancelleria il 5.6.2002 e rubricata al n. 3749/02, la dequalificazione
accertata dal Tribunale consiste nell'avere il datore attribuito al lavoratore,
inquadrato come dirigente, mansioni non confacenti alla sua qualifica formale e
alla sua storia lavorativa, in violazione dell'art. 13 Stat. Lav.,
·
nel periodo
precedente al giugno 2000 il medesimo infatti rivestiva, a far tempo
dall'ottobre 1999, il ruolo di responsabile amministrativo e contabile del Facility
Management, esplicando in particolare compiti di controllo della
documentazione di spesa del servizio e di gestione del suo numeroso personale
(da 200 a 400 dipendenti, a seconda dei periodi), utilizzando per lo
svolgimento di tali incombenze gli uffici del servizio stesso, cui sono addetti
da 40 a 100 dipendenti, infine sovrintendendo, con potere di supremazia
gerarchica, una ventina di collaboratori diretti (3),
· nel successivo periodo - in cui dal giugno 2000 è assegnato all'elaborazione di un progetto dì riorganizzazione della rete delle filiali, coordinato dal dirigente sig. Campari - gli viene invece affidato lo studio conoscitivo delle strutture immobiliari destinate ad ospitare le filiali, consistente (per quello che lo riguarda) nella mera redazione di tabelle di dati, provenienti dal centro e dalla periferia dell’Istituto, senza l'ausilio del benché minimo collaboratore (4),
·
alla data
del 23.4.2002, momento in cui viene data lettura del dispositivo della sentenza
non definitiva relativa al proc. n. 4946/01, il lavoratore è in malattia e in
tale condizione rimane fino al 29.5.2002, giorno in cui, riprendendo servizio avrebbe dovuto
essere collocato dal datore di lavoro in una
condizione lavorativa tale da ottemperare all'ordine giudiziale di
reintegrazione nelle mansioni pregresse, esplicate anteriormente al giugno
2000,
·
in realtà lo
stesso 29.5.2002 il lavoratore viene collocato in permesso retribuito per
accertamenti sanitari e contestualmente inviato a visita medica di idoneità
alle mansioni, ai sensi dell'art. 5 della legge n. 300/70, per ragioni del tutto
incomprensibili (5),
·
il 26.6.2002 è
visitato dall'Unità Operativa Autonoma di Medicina del Lavoro dell'Azienda
Ospedaliera San Giovanni Battista di Torino e giudicato idoneo a svolgere i
compiti propri dell'inquadramento di appartenenza (6),
·
in prosieguo,
con lettera 5.7.2002 è convocato per il giorno 9.7.2002, ore 12, presso gli uffici del personale dell'Istituto (7), e
quindi assegnato dal 16.7.2002 all'Ente Back Office della Direzione MOI
(Macchina Operativa Integrata), con previsione di un periodo iniziale di
affiancamento al rag. Aldo Maria Graglia, responsabile dei Sistemi di Pagamento
e Rapporti di Conto (8),
·
la lettera di
incarico 9.7.2002 (9) non chiarisce le ragioni di quell'affiancamento, tant'è
che il rag. Graglia, stupito del suo contenuto e, trovandosi di fronte a
documento senza precedenti, decide di estrarne copia, per la singolarità di
un'assegnazione ad una persona determinata, anziché (come d'abitudine) ad un
ufficio (10),
·
la prospettiva
di un avvicendamento del ricorrente al rag. Graglia, per essere questi
destinato ad altro incarico, è mera apparenza o, per meglio dire, pura
finzione, atteso che il Graglia comunica la propria indisponibilità
all'operazione, fin dalla sera antecedente al trasferimento del ricorrente
all'Ente Back Office (11),
·
nel periodo di
permanenza del ricorrente all'Ente Back Office e cioè dal 16.7.2002 sino al
13.10.2002 (12), periodo intervallato da 10 gg. di ferie (13),
il medesimo non svolge alcun compito operativo,
limitandosi ad assistere ad alcune riunioni e a prendere visione di alcuni
documenti d'ufficio (14),
·
in data 19.9.2002 il legale del sig. Apostolo invia a Sanpaolo Imi una lettera in cui lamenta l'inottemperanza all'ordine giudiziale di reintegrazione
nelle mansioni esplicate antecedentemente
al giugno 2000, contenuto nella sentenza non definitiva
23.4-5.6.2002, sopra citata, e invita la convenuta ad adempiere (15),
·
successivamente,
con lettera 2.10.2002 il ricorrente è assegnato alla Funzione Acquisti,
facente parte della Direzione Acquisti e Logistica, in qualità di Responsabile Pubblicità e Marketing, a far tempo dal 14.10.2002 (16),
·
in questa nuova collocazione il lavoratore è incaricato di acquisti
promo-pubblicitari, ad es. di provvedere, su sollecitazione di altro ente,
all'acquisto di 600.000 agende (17),
·
in tal caso invia ai fornitori, desunti da apposito Albo aziendale,
le lettere contenenti l'invito a formulare l'offerta e, dopo averle ricevute,
formula una proposta di assegnazione, che verrà poi vagliata per la decisione
definitiva dal capo servizio, dal capo di direzione o dall'amministratore
delegato della società, a seconda della spesa impegnata (18),
·
se la cifra coinvolta nell'acquisto è minima, se ne può occupare
direttamente il ricorrente, in tal caso con facoltà decisionale (19),
·
nello svolgimento di tali compiti il lavoratore ha due
collaboratori, uno fisso e l'altro saltuario (20),
·
quale
responsabile dell'Ufficio Pubblicità e Marketing il sig. Apostolo ha in
sostanza attribuzioni che, nell'assetto organizzativo antecedente all'ottobre
2002, in cui tale Ufficio non era autonomo, erano svolte da altro lavoratore
inquadrato come semplice quadro direttivo (21),
·
l'ufficio
occupato dal ricorrente dal 14.10.2002 è spoglio e con poche pratiche (22),
·
il 21.3.2003
viene depositata la sentenza definitiva n. 1576/03 del Tribunale di Torino, che
conclude il giudizio n. 4946/01 (23),
·
in tale
pronuncia viene accertato, sulla scorta di apposita CTU medico-legale (24)
che il disturbo dell'adattamento, con umore depresso, diagnosticato a
carico del ricorrente, deve ritenersi concausato dal demansionamento di cui è
stato vittima dal giugno all'ottobre 2000 e dalla situazione di stress che ne è
seguito comportando un'incapacità temporanea al lavoro specifico di gg. 592
nonché un'incapacità biologica temporanea di gg. 365 (a parziale del 25%) e di
gg. 227 (a parziale del 10%), nell'arco temporale dal 12.10.2000 al 28.5.2002
(25),
·
il ricorrente
rimane assente dal servizio per malattia a far tempo dal 30.10 2002 e sino al
15.2.2003 (26),
·
questa nuova assenza
deve essere correlata alla persistenza nel tempo del disturbo dell'adattamento
e del conseguente stress già diagnosticati dal CTU nella perizia del
precedente giudizio (27),
·
essa deve
inoltre ritenersi concausata - alla pari della situazione pregressa e già sottoposta a giudizio - dall'avvenuta
attribuzione al lavoratore, come si è visto sopra, di mansioni non confacenti
all'inquadramento di appartenenza e al livello di
professionalità acquisito (28).
2. Ciò
premesso sul piano della situazione fattuale, si tratta a questo punto di prendere in considerazione le singole e specifiche domande avanzate dal
lavoratore nell'ambito del presente giudizio.
Esse possono essere
così indicate e catalogate :
A) periodo dal 29.5.2002 (data di rientro del
lavoratore in servizio, dopo la malattia) al 9.7.2003 (data di redazione e
deposito del ricorso) : danno da demansionamento (a1) e biologico (a2) subiti,
B) periodo 1.1.2000-31.12.2002 : danno
patrimoniale patito, rappresentato:
b1) dalla
mancata corresponsione del premio di rendimento anno 2000 (29) (per
insufficiente rendimento) e 2001 (per assenza totale dal servizio) nonché
dall'incompleta erogazione del premio 2002 (per assenza parziale dal servizio),
b2) da nove
giorni di ferie 2001, non riconosciuti in relazione alla minor presenza in
servizio,
b3) dal V.A.P.
(premio di produttività) 2001 e 2002, non riconosciuto per assenza dal
servizio,
b4) dalle
spese mediche sopportate.
La domanda sub
a1) è fondata.
L'istruttoria
esperita ha infatti comprovato l’avvenuta attribuzione al lavoratore di mansioni
non confacenti, rispetto a quelle esplicate prima del giugno 2000
accertate con sentenza non definitiva
n. 3749/02; e questo sia nel periodo 29.5.2002-29.10.2002 sia in quello 17.2.2003-9.7.2003,
per complessivi mesi 10.
L'istruttoria
ha altresì confermato che il periodo di malattia del lavoratore e cioè dal
30.10.2002 al 15.2.2003 pari a gg. 105, è stato concausato, al pari di quello
pregresso, da fatto e colpa del datore, in dipendenza della perdurante
attribuzione di mansioni non confacenti.
Anche la
domanda sub a2) va pertanto ritenuta fondata.
Il sig. Apostolo ha conseguentemente diritto al ristoro del danno patito, così computato, sulla base dei parametri già applicati dal Tribunale di Torino nella sentenza definitiva n. 1576/03 (danno da dequalificazione = 2.000,00 € netti al mese; danno biologico da inabilità temporanea = da 10,00 € netti a 4,00 € netti al giorno, media € 7,00):
· danno da
dequalifìcazione : € 2.000,00 mensili netti x 10 mesi = € 20.000,00
netti [I].
·
danno biologico da
inabilità permanente : € 7,00 netti al giorno x gg. 105 = €
735,00 [II]
*******
3. Anche la
richiesta sub b1), nella parte relativa al premio riflettente l'attività
esplicata nel 2000 ed erogato nel 2001, è accoglibile.
Al lavoratore
è infatti stato attribuita, quanto alle mansioni svolte nel citato anno di
riferimento, una valutazione di insufficiente rendimento, talché non ha
percepito il premio di rendimento l'anno successivo, che altrimenti gli sarebbe
spettato.
Tale valutazione negativa deve però essere censurata e ritenuta illegittima, essendo
il rendimento del lavoratore da porre in relazione concausale con la condotta
datoriale, accertata a sua volta come illegittima dal Tribunale con sentenza
non definitiva n. 3749/02.
Quanto poi alle ulteriori richieste sub
b1, b2) e b3), va osservato
che la mancata o parziale erogazione del premio di rendimento 2001 e 2002, la
riduzione del numero dei giorni di ferie retribuiti 2001 e la mancata
corresponsione del premio di produttività 2001 e 2002, sono tutte situazioni da
correlare all'assenza per malattia del lavoratore, di cui però il datore è
corresponsabile.
I relativi emolumenti spettano pertanto al
ricorrente.
Per tali
titoli vanno liquidati al sig. Apostolo i seguenti importi :
·
premio di
rendimento 2000 : € 12.400,00 lordi [III], dovendosi ritenere
plausibile la quantificazione del ricorso, effettuata con riferimento al collaboratore
del ricorrente sig. Lampiano, inquadrato in qualifica inferiore,
·
premio di
rendimento 2001 : €12.400,00 lordi [IV] (idem),
·
premio di
rendimento 2002 : € 9.900,00 lordi [V], ottenute detraendo
dall'importo domandato (€ 12.400,00) il quantum percepito (€ 2.500,00),
·
nove giorni di
ferie 2001 : € 3503,13 lordi [VI], importo indicato dal
ricorrente in sede conclusiva e non contestato (30),
·
V.A.P. 2001 e
2002 : €. 4.355.94 lordi [VII] e € 1.866,80
lordi [VIII], importi non contestati.
Pure fondata è
la richiesta sub b4), pari a € 872,09 netti [IX].
Trattasi
infatti di spese mediche sopportate dal sig. Apostolo, documentate in atti e
inerenti la malattia di cui si è detto sopra.
********
4. Alla luce
di quanto in antecedenza esposto, le domande vanno quindi accolte, nei limiti e
per gli importi sopra indicati da [I] a [IX].
Le spese di
lite vengono poste a carico di parte convenuta, risultata soccombente.
P. Q. M.
IL TRIBUNALE
ORDINARIO DI TORINO IN FUNZIONE DI GIUDICE DEL LAVORO
Visto l'art
429 c.p.c.;
1. CONDANNA parte convenuta a corrispondere al
ricorrente i seguenti importi :
• € 44.425,87 lordi
per premio di rendimento, residuo ferie e V.A.P.,
• €
872,09 netti
per spese mediche,
• €
20.000,00 netti
per risarcimento danno da dequalificazione,
• €
735,00 netti
per risarcimento danno biologico,
oltre
rivalutazione ed interessi legali dal maturato (dalla notifica del ricorso,
quanto alle spese mediche) al saldo;
2. CONDANNA parte convenuta a rifondere al
ricorrente le spese di lite, che liquida in € 7.500,00. oltre Iva
e Cpa.
Torino, 17
novembre 2003 (depositata l’8 gennaio 2004)
Il Giudice
dott. Vincenzo
Ciocchetti
NOTE
DELLA SENTENZA
1) Cfr. doc. 1 e 2 prod. p. ricorr.
2) Cfr. doc.
n. 3 prod. p. ricorr. La data finale del periodo di accertata dequalificazione
non compare nel dispositivo, ma è desumibile dal punto 38 di p. 16 del ricorso
di quel giudizio, datato 18.5.2001 (cfr. doc. I prod. p. ricorr.).
3) Cfr.
sent. non definitiva 23.4-5.6.2002. n. 3749/02, pp. 5 e 7.
4) Cfr. sent.
non definitiva 23.4-5.6.2002, n. 3749/02, pp. 10-11.
5)
Cfr. doc.
n. 9 prod. p. conv.
6) Cfr. doc. n. 10 prod. p. conv.
7) Cfr. doc. n. 11 prod. p. conv.
8) Cfr. doc. n. 12 prod. p. conv.
9) Ibidem.
10) Cfr.dep.Graglia
p. 17.
11) Ibidem.
12) Cfr. doc. n. 14 prod. p. conv.
13)
Cfr. interr.
ricorrente, p. 9. incontestato in punto.
14) Cfr. dep.
Graglia, pp. I7 e 18.
15) Cfr. doc.
n. 13 p. conv.
16) Cfr. doc. n. 14 prod. p. conv.
17)'
Cfr. dep.
Fattori, p. 31, dep. Oldano, p. 40.
18) Ibidem,
19) Ibidem.
20) Cfr. dep.
Zipponi, p. 19, dep. Marandola, p. 37, dep. Brarda, p. 42.
21) Cfr. dep.
Fattori, p. 31, dep. Marandola, pp. 37-38, dep. Brarda, p. 42.
22)
Cfr. dep.
Fattori, p. 32, dep. Boratto, p. 35, dep. Marandola, p. 38; fotografie sub doc,
n. 13 prod. p. ricorr.
23) Cfr. doc. n. 6
prod. p. ricorr.
24) Cfr. doc. n. 2 prod. p. conv.
25) Cfr. sent.
definitiva n. 1576/03, p. 5.
26) Cfr. ricorso,
p. 4, punto 18, nonché p. 5, punto 21, e doc. ivi richiamati nn. 14. 15, 18, 19
prod. p. ricorr.
27) Cfr. doc. nn. 14,15.1S. 19; dep. Delli Carri, pp. 28-29.
28) Ibidem.
29) Gli anni del
premio di rendimento rivendicato dal ricorrente e qui indicati - come anche
quelli riguardanti la successiva rivendicazione sub b3), relativa al V.A.P. -
sono gli anni di riferimento dell'attività prestata, mentre la corrispondente
mancata erogazione concerne l’anno solare immediatamente successivo.
30) Cfr. proc. verb., p. 50.
COMMENTO
La soprariportata sentenza del Tribunale di Torino, Giudice Dr. Ciocchetti – come si è potuto leggere – sanziona la responsabilità della Banca Sanpaoloimi S.p.A. per dequalificazione continuata nei confronti del proprio dirigente Sig. Gaetano Apostolo, nonostante lo stesso Tribunale di Torino, Giudice Dr. Grassi ne avesse disposto il reintegro nelle mansioni equivalenti a quelle precedentemente svolte, come da sentenze n. 3749/02 del 5 giugno 2002 (non definitiva) e n. 1576/03 del 21 marzo 2003 (definitiva).
**********
Come ben sappiamo, sotto la
regia della Banca d’Italia – la "mamma di tutte le Banche italiane" - il mondo
creditizio già da diversi anni è
interessato da aggregazioni, fusioni societarie, concentrazioni che, anziché
realizzare una reale concorrenza tra le banche stesse per migliorarne l’
efficienza, sembrano essere servite –
da un lato - ad aumentare il costo dei servizi da far pagare al cliente e -
dall’altro - a ridurre drasticamente il personale, senza migliorare la
qualità dei servizi offerti. Cosicché il costo delle concentrazioni è stato
pagato, in larga parte, dai clienti e dal Personale, per gli esuberi che
conseguentemente ne sono derivati.
Quest’ultimo fenomeno
peraltro è stato ed è gestito con una
buona dose di cinismo e, spesso,
con nessun rispetto per la persona.
Ed ecco allora gli
accantonamenti, gli inutilizzi con ignominiosi demansionamenti e comportamenti
mobbizzanti che hanno colpito in modo inesorabile coloro i quali hanno raggiunto
o superato la soglia dei 50 anni, con effetti di pregiudizio per la loro
professionalità e l’immagine interna ed esterna, sovente accompagnati
da incisivi danni allo stato di salute psico-fisica.
Si è dissolto così un patrimonio di esperienze, di professionalità, di cultura per il rispetto e la tutela del risparmio, di etica, ovverosia un coacervo di valori che oggi appaiono erroneamente non più funzionali alle strategie delle Banche che predicano anch’esse la cosiddetta “creazione di valore” per l’azionista a cui corrisponde naturalmente la “diminuzione del valore” ed addirittura “l’annullamento del valore” del risparmio del cittadino cliente.
E ciò nell’ambito di un
rapporto pericolosamente “incestuoso” tra Banche ed Imprese come gli
avvenimenti di questo periodo stanno clamorosamente dimostrando.
Ricordiamo infatti
che quasi tutte le Banche annoverano tra i loro azionisti molte Imprese i
cui rappresentanti siedono nei Consigli di Amministrazione delle Banche le quali
a loro volta finanziano le Imprese stesse.
Per
attuare questa strategia di comparto,gli Istituti di credito si sono avvalsi
e si avvalgono dell’opera di managers con scarsi scrupoli (peraltro di
eterogenea provenienza e assunti dall’esterno ad esorbitanti condizioni
economiche e di inquadramento tali da umiliare gli interni) che nulla sanno della
tutela del risparmio e dell’art. 47 della Costituzione.
Inoltre,
per distruggere una cultura di un passato rigorosamente attento al rispetto
delle regole ed all’etica le Direzioni risorse umane degli istituti si sono dotate
di “yes men” e di veri e
propri “tagliatori di teste”.
Tutti
questi nuovi arrivati si sono attorniati di soggetti “rampanti”,
“disponibili” ed “ubbidienti”, così che si è affermata una nuova
classe dirigente (catalogabile nella tipologia dei “maggiordomi”) che fa
della mancanza di personalità e di profondi valori di etica professionale il
fiore all’occhiello di carriere travolgenti ed altrimenti inspiegabili. E con
molta naturalezza e nessuna vergogna questi nuovi personaggi non fanno mistero,
talora ostentando, di appartenere e/o rispondere a determinati potentati
politici, economici o a cordate interne.
**************
E’
in questo contesto di settore che si attualizza l’infelice vicenda del Sig.
Gaetano Apostolo, quale risultante dagli atti processuali.
Questa
seconda sentenza del Tribunale di Torino ci conferma come, purtroppo, l’ordine
giudiziale sovente non equivale a cessazione del trattamento vessatorio,
dequalificante e discriminante sanzionato giudizialmente. Moltissime aziende (e
tra queste anche la Banca Sanpaoloimi S.p.A. come rivela la decisione in
questione) non si adeguano all’ordine giudiziale – pur in presenza
dell’art. 388 c.p. che sanziona la “mancata esecuzione dolosa di un
provvedimento del giudice” -
e pongono in atto soluzioni ostruzionistiche o di “pura finzione”
(come il giudice Dr. Ciocchetti dice in questa sentenza) con l’intento di
proseguire nella strategia vessatoria ed emarginante a danno del mobbizzato o
del demansionato, fino a determinarne l’espulsione costringendolo alle
dimissioni o al pensionamento anticipato.
A
tale proposito riferiamo quanto ci scrive
il Sig. Apostolo, nella cui prosa cogliamo
un tono venato di profonda tristezza e di rincrescimento per la mancanza
di rispetto da lui sofferta e che mai avrebbe ipotizzato di dover subire alla
soglia della maturità professionale, in specie da chi gli avrebbe dovuto invece
riservare, se non riconoscenza, quantomeno imparziale ed innocua indifferenza, in
luogo di un trattamento ostile e lesivo dei suoi diritti.
Egli
dice:« Il mio triste calvario è iniziato il 1° ottobre 1999 e vede come
protagonista principale un certo Rag. Roberto Firpo, dirigente di cui la Banca
si è avvalso per porre in atto la sua strategia vessatoria attraverso
comportamenti illegittimi, soprusi ed angherie intrinsecamente dirette a
demansionarmi ed a dequalificarmi
fino a farmi
“spedire” a compilare tabelle. Senza contare che tutto ciò ha avuto
poi un
peso decisivo sulla malattia
derivatami.
Ma
chi è questo Firpo? Costui è un dirigente (attuale Responsabile di Sanpaolo
Imprese nonché Consigliere d'amministrazione di Sanpaolo-Banco di Napoli) che ha sviluppato la sua carriera nell’ambito della Rete
Filiali e che il 1° ottobre 1999
venne nominato Responsabile della Divisione Immobiliare.
Devo precisare che dal giugno 1987 fino al
gennaio 1993 ero stato Responsabile del Personale della Banca per l’AREA
territoriale del CENTRO Italia ed avevo conosciuto il Firpo quando questi era un
semplice Funzionario, Vice Direttore della Filiale di Prato. Fin da allora il
Firpo - col quale,
su sua richiesta, ebbi un paio di colloqui -
già con una buona dose di malcelata arroganza (peraltro minacciando
anche la volontà di lasciare il Sanpaolo),
mi manifestò la sua aspirazione a diventare Direttore di una Filiale
importante, anche per poter
avanzare nella carriera. Ebbene in quel frangente, nella mia qualità
di Responsabile del Personale insieme al mio Capo Area ci interessammo affinché
la Sede Centrale potesse accogliere la
sua richiesta, che io ritenevo comunque legittima.
Infatti
dopo qualche mese egli venne trasferito e chiamato a dirigere una importante
Filiale di Milano con promozione al grado superiore. Fu quello l’inizio della
sua travolgente carriera!
Non
ci incontrammo più se non dopo oltre 10 anni, quando egli venne nominato
Responsabile della Divisione Immobiliare ed io mi ero trovato ad essere uno dei
suoi più qualificati collaboratori o almeno avrei potuto esserlo (ero infatti
gerarchicamente il n° 2 del Facility Management - una delle tre Funzioni
dipendenti dalla Divisione – il cui Responsabile
era stato trasferito proprio dal 1° ottobre e non era stato sostituito).
In quella circostanza, visto che il Firpo non vantava nessuna esperienza nella
specifica materia
(tant’è che fu lasciato a dirigere la Divisione solamente per 9 mesi),
avevo pensato di potergli offrire la massima collaborazione nell’affrontare il
nuovo incarico. Né ci potevano essere motivi di concorrenza perché venivamo da
esperienze professionali completamente diverse, per cui la sua ormai affermata e
consolidata carriera non poteva essere insidiata neppure minimamente.
Mai
avrei potuto però immaginare che una persona – a cui avevo fatto del bene nei
momenti del bisogno, aiutandolo a venir fuori da una situazione di “stallo”
in termini di carriera – potesse avere nei miei confronti non già sentimenti
di riconoscenza, ma, al contrario potesse invece così cinicamente covare, e per
tanti anni, una gelosia latente e rancorosa per il bene ricevuto, unitamente a
cotanta superbia ed arroganza che sono prepotentemente emerse e si sono
manifestate quando le difficoltà erano state superate ed il vento del potere lo
spingeva a raggiungere mete sempre più ambiziose!
La
mente dell’essere umano è veramente imperscrutabile e conseguentemente il suo
stato psicologico non è mai facilmente comprensibile!!
Ma
il Firpo, secondo la sentenza n. 3749/02 del 5 giugno 2002, è stato dichiarato
teste attendibile dal Giudice Dr. Grassi in quanto questi ha ritenuto che le
condotte di cui sono stato fatto oggetto nel periodo Ottobre 1999 – Giugno
2000, per quanto abbiano trovato riscontro nell’istruttoria dibattimentale,
non sono foriere di alcun demansionamento, né di mobbing (argomento, questo,
nemmeno sfiorato dal Giudice).
Ciò
in quanto, secondo
una radicata convinzione propria di molti magistrati estranei alle vicende
aziendali, le vessazioni e le erosioni massicce di importanti prerogative
professionali e/o gerarchiche rientrano nei poteri di “flessibilità”
gestionale dell’impresa e nel dovere di “sopportazione” del prestatore,
immanente ad una errata concezione del lavoro subordinato.
Perciò,
con ricorso del 19 settembre 2003, ho interposto appello avverso entrambe le
sentenze (quella provvisoria n. 3749/02 del 5 giugno 2002 e quella definitiva n.
1576/03 del 21 marzo 2003)
presso la Corte di Appello di Torino.
Comunque,
dopo l’esito di questa seconda causa nuovamente a me favorevole, ho deciso che
non avrei potuto più sopportare uno stato di così forte “incompatibilità
ambientale” in un contesto come quello sopra descritto. Cogliendo quindi anche
l’opportunità di beneficiare di un incentivo all’uscita, con il 1° gennaio
2004 ho rassegnato le dimissioni, nonostante le mie intenzioni fossero state
quelle di rimanere a lavorare fino a raggiungere i 40 anni di contribuzione.
P.S.
Infine, mi sia consentito, in
questa sede, rivolgere un pensiero amorevole a mio suocero, valoroso Ufficiale
dell’Arma dei Carabinieri, il Generale di Corpo d’Armata Dr. Ignazio
Milillo, recentemente scomparso, il quale ha sofferto insieme a me il
calvario degli ultimi 4 anni, non facendomi mai mancare – certo com’era
delle mie buone ragioni – il suo costante appoggio morale ed illuminato
conforto e spronandomi sempre
a combattere, affinché il senso della giustizia
potesse prevalere sui soprusi e sui comportamenti arroganti di cui la
Banca si era resa responsabile nei miei confronti
********
Ciò
doverosamente riportato all’attenzione dei lettori, riteniamo che non vi sia
nient’altro da dire, ma molto – invece – da meditare.
7
febbraio 2004
(Ritorna alla Sezione Mobbing)