Appendice di un demansionamento di un dirigente bancario

 

Tribunale di Torino, sez. lav., 20 febbraio 2006 n. 7249 - Giud. Rocchetti - Apostolo Gaetano (avv. Berti) c. Sanpaolo Imi Spa (avv. Borsotti, Maresca)

 

Demansionamento - Risarcimento del danno professionale ed esistenziale - Spettanza.

 

Il presente ricorso costituisce una appendice di quello a suo tempo vagliato e deciso (in senso favorevole al lavoratore) dal Giudice dott. Vincenzo Ciocchetti, salvo che per il periodo di riferimento delle azioni poste in essere dalla convenuta ai danni del ricorrente.

Non può lo scrivente che condividere appieno la valutazione operata dal precedente Giudice, che ha riscontrato, senza ombra di dubbio, l’attribuzione al lavoratore di mansioni non confacenti a quelle da lui esplicate prima del giugno 2000.

Si evidenzia come la convenuta ha continuato a perseverare nella propria condotta, tenendo il ricorrente sino alla fine del rapporto lavorativo in una condizione di dequalificazione ed emarginazione, connotata da una forzata inattività.

Significativo è il fatto che l’Ufficio assegnato al ricorrente, il giorno successivo al suo pensionamento (1° gennaio 2004), era stato prontamente smantellato per essere poi definitivamente soppresso.

Il ricorrente dovrà, pertanto, essere risarcito sia per il danno da dequalificazione che per quello esistenziale, che si ritiene equo quantificare nella somma di euro 2.500,00 netti mensili. Il danno esistenziale deve, a parere dello scrivente, essere risarcito assieme al danno da dequalificazione, inteso come: “lesione della personalità del dipendente (art. 2087 c.c.), del suo diritto a svolgere mansioni confacenti con il livello di inquadramento attribuito (art. 2103 c.c.), della sua dignità quale uomo e quale lavoratore (art. 41 – 2° comma Cost.), del suo diritto a realizzarsi, senza indebite costrizioni, nel mondo del lavoro e in altre formazioni sociali, in particolare in seno alla famiglia (Cass. SU. 500/99)”.

La convenuta dovrà, pertanto essere condannata a pagare al ricorrente la somma di euro 15.000,00 netti per risarcimento danni (2.500,00 x 6 mensilità: da luglio a dicembre 2003), oltre rivalutazione monetaria ed interessi di legge dalla data della sentenza al saldo.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato in cancelleria in data 9 maggio 2005, ritualmente notificato, Gaetano Apostolo conveniva in giudizio la SANPAOLO IMI S.p.A., avanti al Tribunale di Torino in funzione di Giudice del lavoro, per vedere accolte le seguenti conclusioni:

“Accertare e dichiarare che il signor Gaetano Apostolo ha subito un illegittimo demansionamento/dequalificazione ex art. 2103 cc per il periodo 1° luglio 2003 – 31 dicembre 2003 e, per l’effetto, dichiarare tenuta a condannare la convenuta a risarcire il danno da dequalificazione secondo criteri equitativi ex art. 1226 e 2056 cc, tenuto conto dei danni tutti biologici, morali, esistenziali e materiali derivati al ricorrente in conseguenza delle condotte illecite quali descritte in narrativa, il tutto in misura da determinarsi in corso di causa utilizzando, se del caso, poteri equitativi ex art. 1226 e 2056 c.c. oltre accessori di legge.

Con il favore delle spese e degli onorari di lite, oltre CPA, IVA e successive occorrende”.

 

Resisteva la convenuta, nel costituirsi in giudizio, contestando gli assunti avversari ed assumendo le seguenti conclusioni:

Voglia l’On.le Tribunale adito, in funzione di G.U. del lavoro, ogni contraria istanza disattesa, rigettare il ricorso ex art. 414 c.p.c. presentato dal Sig. Gaetano Apostolo in quanto infondato in fatto ed in diritto.

Con vittoria di  spese, competenze ed onorari”.

 

All’udienza del 22 dicembre 2005, fallito il tentativo di conciliazione e all’esito della discussione, la causa veniva decisa come da separato dispositivo di sentenza di cui veniva data lettura.

 

Motivi della decisione.

Va rammentato che in data 21 maggio 2001 il ricorrente aveva proposto ricorso contro la convenuta (della quale era dipendente con la qualifica di dirigente) e, in data 23 aprile 2002 il Tribunale di Torino, con sentenza non definitiva, aveva accertato che il lavoratore era stato assegnato a mansioni dequalificate dal giugno 2000 ed aveva ordinato il suo ripristino in mansioni equivalenti.

In data 8 marzo 2003 il Tribunale emetteva il dispositivo della sentenza definitiva, condannando la convenuta al risarcimento dei danni patiti dal ricorrente in conseguenza della condotta illecita accertata in sede di giudizio parziale.

Tuttavia, non avendo ottemperato all’ordine del Giudice (sempre secondo il ricorrente), il Rag, Apostolo si rivolgeva nuovamente al Tribunale di Torino, in funzione di Giudice del lavoro; nelle more del processo, in data 23 settembre 2003, l’attore interponeva ricorso presso la Corte d’Appello di Torino, avverso le sentenze del Giudice dott. Grassi, perché venissero accolte integralmente le domande per mobbing e demansionamento.

Intanto, con  sentenza in data 8 gennaio 2004, il Tribunale di Torino (nella persona del Giudice dott. Ciocchetti), assunta l’istruttoria di cui al verbale in atti (vedasi allegato n. 10 al fascicolo di parte ricorrente), condannava, tra l’altro la banca a pagare in favore del Sig. Apostolo la somma di 20.000,00 euro per danno da dequalificazione fino a tutto il mese di giugno 2003.

Nel mese di dicembre 2003 il ricorrente richiedeva il collocamento a riposo e, dal 1° gennaio 2004, è in pensione.

Con sentenza del 26 ottobre 2004 la Corte d’Appello di Torino accoglieva le domande del Sig. Apostolo e condannava la convenuta per mobbing ed al risarcimento del danno da demansionamento.

L’attuale causa riguarda, dunque, il periodo dal luglio 2003 al 31 dicembre 2003 in cui il rag. Apostolo lamenta di essere rimasto ancora forzatamente inoperoso, essendo stato privato di fatto di ogni incarico.

 

Al fine di inquadrare compiutamente la vicenda, si rammenta che nel periodo precedente al giugno 2000 il ricorrente rivestiva, a far tempo dall’ottobre 1999, il ruolo di responsabile amministrativo e contabile del Facility Management, esplicando in particolare compiti di controllo della documentazione di spesa del Servizio e di gestione del suo numeroso personale (da 200 a 400 dipendenti a seconda dei periodi), utilizzando per lo svolgimento di tali incombenze gli uffici del Servizio stesso, cui sono addetti da 40 a 100 dipendenti, sovraintendendo, con potere di supremazia gerarchica, una ventina di collaboratori diretti.

Nel successivo periodo era stato assegnato all’elaborazione di un progetto di riorganizzazione della rete delle filiali, coordinato dal dirigente sig. Campari, gli era stato affidato lo studio conoscitivo delle strutture immobiliari destinate ad ospitare le filiali ma il tutto si era tradotto, per quello che lo riguardava, nella mera redazione di tabelle di dati provenienti dal centro e dalla periferia dell’Istituto di credito, senza l’ausilio di alcun collaboratore (vedasi sentenza non definitiva n. 3749/02, pag. 5-7 e 10-11, Giudice dott. Grassi).

Come evidenziato nella sentenza n. 10044/04 (Giudice dott. Vincenzo Ciocchetti), alla data del 23 aprile 2002, momento in cui veniva data lettura del dispositivo della sentenza non definitiva relativa al proc. N. 4946/2001, l’attore era in malattia e tale condizione permaneva fino al 29 maggio 2002, giorno in cui riprendeva servizio; in tale data avrebbe dovuto essere collocato dalla convenuta in una condizione lavorativa tale da ottemperare l’ordine giudiziario di reintegrazione nelle mansioni pregresse, esplicate anteriormente al giugno 2000.

Invece lo stesso veniva collocato in permesso retribuito (in data 29 maggio 2002) per accertamenti sanitari e contestualmente inviato a visita medica di idoneità alle mansioni, ex art. 5 legge n. 300/1970, per ragioni che il Giudice (riferendosi alla stessa documentazione allegata dalla convenuta) ha definito in sentenza del tutto incomprensibili.

La visita aveva poi un esito completamente positivo ed il ricorrente veniva giudicato idoneo a svolgere i compiti propri dell’inquadramento di appartenenza.

L’attore veniva, quindi, assegnato dal 16 luglio 2002 all’Ente Back Office della Direzione MOI (Macchina Operativa Integrata) con previsione di un periodo iniziale di affiancamento al rag. Aldo Maria Graglia, responsabile dei Sistemi di pagamento e Rapporti di conto.

La lettera di incarico del 9 luglio 2002 non chiariva le ragioni di quell’affiancamento, tant’è che il Graglia rimaneva stupito del suo contenuto e decideva di estrarne copia, data la singolarità di un’assegnazione ad una persona determinata anziché (come d’abitudine) ad un Ufficio (dep. Graglia pag. 17). 

Come evidenziato sempre nella sentenza n. 10044/2004 (est. Dott. Vincenzo Ciocchetti) la prospettiva di un avvicendamento del ricorrente al Graglia, per essere questi destinato ad altro incarico, era pura apparenza atteso che il Graglia aveva subito comunicato la propria indisponibilità all’operazione fin dalla sera antecedente al trasferimento del ricorrente all’Ente Back Office (vedasi sempre dep. Graglia).

A seguito di missiva inviata dal suo difensore, in cui veniva denunciata la mancata ottemperanza all’ordine giudiziale di reintegrazione nelle mansioni esplicate prima del giugno 2000, l’attore veniva assegnato alla Funzione Acquisti, facente parte della Direzione Acquisti e Logistica, in qualità di responsabile pubblicità e marketing, a far data dal 14 ottobre 2002.

In tale incarico il ricorrente veniva incaricato di acquisti promo-pubblicitari, ad es. provvedere, su sollecitazione di altro Ente, all’acquisto di 600.000 agende (vedasi dep. Fattori e Oldano).

Il ricorrente, nell’espletamento di questo incarico, inviava ai fornitori, desunti da apposito albo aziendale, le lettere contenenti l’invito a formulare l’offerta e, dopo averla ricevuta, realizzava una proposta di assegnazione che veniva poi vagliata, per la decisione definitiva, dal Capo di Direzione o dall’Amministratore Delegato della Società, a seconda della spesa impegnata. L’Apostolo aveva facoltà decisionale solo se la cifra relativa all’acquisto era minima (sempre dep. Fattori e Oldano).

Nello svolgimento di questi compiti il ricorrente aveva due collaboratori, uno fisso e uno saltuario (dep. Zipponi, Marandola e Brarda); significativo è il dato che, quale responsabile dell’Ufficio Pubblicità e Marketing, il ricorrente aveva, in sostanza, attribuzioni che, nell’assetto organizzativo antecedente all’ottobre 2002, in cui tale ufficio non era autonomo, venivano svolte da un altro collega inquadrato come semplice quadro direttivo (vedasi dep. Fattori, Marandola e Brarda).

Inoltre si trattava di un ufficio spoglio e con poche pratiche (sempre dep. Fattori, Boratto e Marandola).

Ora, le deposizioni acquisite nel procedimento n. 6465/2003 (Giudice dott. Vincenzo Ciocchetti) fotografano perfettamente la situazione lavorativa del ricorrente anche nel periodo oggetto della presente causa (luglio – 31 dicembre 2003), in merito basta verificare le date delle udienze in cui sono state acquisite (successive al luglio 2003).

Il presente ricorso costituisce una appendice di quello a suo tempo vagliato e deciso (in senso favorevole al lavoratore) dal Giudice dott. Vincenzo Ciocchetti, salvo che per il periodo di riferimento delle azioni poste in essere dalla convenuta ai danni del ricorrente.

Non può lo scrivente che condividere appieno la valutazione operata dal precedente Giudice, che ha riscontrato, senza ombra di dubbio, l’attribuzione al lavoratore di mansioni non confacenti a quelle da lui esplicate prima del giugno 2000.

Si evidenzia come la convenuta ha continuato a perseverare nella propria condotta, tenendo il ricorrente sino alla fine del rapporto lavorativo in una condizione di dequalificazione ed emarginazione, connotata da una forzata inattività.

Significativo è il fatto che l’Ufficio assegnato al ricorrente, il giorno successivo al suo pensionamento (1° gennaio 2004), era stato prontamente smantellato per essere poi definitivamente soppresso (vedasi i doc. 12 e 13 allegati al fascicolo di parte ricorrente).

Il ricorrente dovrà, pertanto, essere risarcito sia per il danno da dequalificazione che per quello esistenziale, che si ritiene equo quantificare nella somma di euro 2.500,00 netti mensili (nella sentenza n. 6465/2003 il danno da dequalificazione era stato quantificato in euro 2.000,00 netti mensili).

Il danno esistenziale deve, a parere dello scrivente, essere risarcito assieme al danno da dequalificazione, inteso come: “lesione della personalità del dipendente (art. 2087 c.c.), del suo diritto a svolgere mansioni confacenti con il livello di inquadramento attribuito (art. 2103 c.c.), della sua dignità quale uomo e quale lavoratore (art. 41 – 2° comma Cost.), del suo diritto a realizzarsi, senza indebite costrizioni, nel mondo del lavoro e in altre formazioni sociali, in particolare in seno alla famiglia (Cass. SU. 500/99)”.

Non si ritiene, invece, di dover risarcire il danno morale dal momento che l’attore si limita a chiederne il risarcimento in via equitativa senza fornire la prova della sussistenza dello stesso e del nesso causale.

La convenuta dovrà, pertanto essere condannata a pagare al ricorrente la somma di euro 15.000,00 netti per risarcimento danni (2.500,00 x 6 mensilità: da luglio a dicembre 2003), oltre rivalutazione monetaria ed interessi di legge dalla data della sentenza al saldo.

Le spese di causa, determinate in euro 2.582,00 + IVA e CPA vengono poste a carico della convenuta soccombente.

 

P.Q.M.

Il Giudice del Tribunale Ordinario di Torino – Sezione Lavoro

Visto l’art. 429 c.p.c.

    - Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione e, conseguentemente, condanna la convenuta al pagamento in favore del ricorrente della somma netta pari a euro 15.000,00 per risarcimento danni, oltre rivalutazione monetaria ed interessi di legge dalla data della sentenza al saldo;

    - Condanna la convenuta al pagamento delle spese di causa in favore del ricorrente che vengono determinate in euro 2.582,00 + IVA e CPA;

 

Torino 22 dicembre 2005 (depositata il 20 febbraio 2006)

 

Il Giudice (Dr. Piero Rocchetti)

Il Cancelliere (Paola D'Ambrosio)

 

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